Eicma 2024
Attualità
Asia contro Europa: come affrontare le sfide di mercato?
La crescita dell’oriente nell’ultimo decennio è esponenziale, ma la partita non si sta giocando ad armi pari, soprattutto a causa di dazi e delle regole sull’inquinamento. Alla conferenza in EICMA hanno partecipato manager di riferimento in Europa, ecco la situazione
In EICMA 2023, il ricorrente incontro sul tema della globalizzazione applicato all’economia del mondo moto ha affrontato il tema più caldo di questi anni, soprattutto dalla fase post pandemia. Si tratta inevitabilmente dello scontro Asia-resto del globo, una partita che sta catalizzando l’attenzione e la cui rilevanza non può che essere lampante per chiunque abbia un minimo interesse per il nostro mercato.
TENDENZE DI SALONE E DI MERCATO
La stessa esposizione 2023 lo dice chiaramente: la percentuale di piccoli espositori asiatici presenti ha raggiunto vette mai viste in passato, ma non solo. Non ci sono solamente marchi minori e sconosciuti che tentano di farsi largo; ci sono anche e soprattutto colossi industriali che ormai qui da noi hanno attecchito e che, per presenza scenica in fiera, vastità della proposta e capacità di relazionarsi con media e pubblico hanno raggiunto o quasi i migliori interpreti della vecchia scuola, europei e giapponesi.
Scrivo quasi, perché soprattutto a livello di comunicazione spesso mancano ancora coordinazione, precisione, puntualità, ma basterà il tempo di rendersi conto dello status quo per affidarsi non più a commerciali improvvisati, ma ad agenzie specializzate che porteranno il livello alla pari con la concorrenza europea.
LA CRESCITA ASIATICA IN NUMERI
Sul tema, sono stati portati dati che non hanno bisogno di grossi commenti: a inizio anni ’90 l’Asia contava 4 volte il numero di abitanti dell’Europa, oggi siamo a 6x e la proiezione tra 20 anni la vede a 7 volte tanto. Ancora: 30 anni fa l’Europa produceva il 34% della ricchezza mondiale, oggi è passata al 24; l’Asia è passata dal 28 al 43%.
L'ASIA MONOPOLIZZA LE MATERIE PRIME
Non dissimile la questione in tema di produzione di componenti essenziali e di materie prime. Ad esempio, l’acciaio: il 53% della produzione mondiale è gestita dalla Cina, un altro 7% dal resto dell’Asia. Così l’alluminio: il 59% è prodotto in Cina, un altro 7% nel resto del continente.
Differente solo il computo della produzione di fibra di carbonio: la leadership qui è in mano al Nord America, 29%, la Cina è al 15, il resto dell’Asia al 28 e l’Europa al 25. Ma basta sommare Cina e resto dell’Asia ed ecco che sono di nuovo in testa.
Vanno di pari passo le emissioni, calcolate secondo il protocollo GHG come segue: l’Europa dal 2011 al 2021 è scesa dal 12 al 10% ed è scesa anche in termini assoluti; la Cina è salita dal 27 al 32%, il resto dell’Asia dall’11 al 14%. Dal 1990 ad oggi, l’Asia ha emesso grosso modo il triplo delle sostanze inquinanti rispetto all’Europa.
Parlando di numeri crudi, in Asia si producono oggi 58 milioni di moto all’anno (22 solo in Cina e 36 nel resto del continente), in Europa siamo a 0,6. E, si badi bene, non parliamo solamente di produttori locali, vanno contati ovviamente anche gli stabilimenti produttivi di case europee localizzati laggiù.
COME AFFRONTARE LA SFIDA? I CONTRIBUTI DEGLI OSPITI
La questione al centro del dibattito è stata la seguente: come le case europee o giapponesi affrontano, o dovrebbero affrontare, la situazione? Cosa fare, cosa non fare? Se ne è discusso con alcune figure di riferimento, tra cui Mariano Roman, amministratore delegato di Fantic Motor, William Armuzzi, Honda Motor Europe, Ezio De Carlo, Decathlon, Eric De Seynes, Yamaha Motor Europe, e Roberto Vavassori, Brembo.
Da Armuzzi, una rapida analisi introduttiva alla situazione corrente: “Sono 5 anni che il mercato delle ruote sta ricevendo un impulso importante. Dopo la pandemia, è aumentata sensibilmente la richiesta soprattutto in tema di mobilità personale. Contemporaneamente abbiamo assistito ad una perdita di competitività del mercato auto, con modelli sempre più costosi: il 50% del mercato fino a qualche stagione fa era composto di vetture sotto i 20.000 euro, ora quella stessa fascia di prezzo sta sotto al 20%. Al contrario, il mercato moto è passato da un’incidenza del 12 al 23%. Insomma, le due ruote sono la miglior risposta ad una voglia di mobilità, per questo si è tornati ai numeri del 2009”.
Gli fa eco De Seynes, che conferma la disamina del manager concorrente e mette sul piatto altri elementi: “Post covid la domanda è aumentata, con il tempo la produzione si è adeguata, ma poi la domanda è tornata sui vecchi standard. Una dinamica che ha generato difficoltà nelle aziende, e ora ci troviamo proprio in un complesso momento di transizione.
A mio modo di vedere, però, non dovremmo preoccuparci più di tanto dei produttori asiatici: loro guardano e hanno sempre guardato a ciò che facciamo noi; noi dobbiamo mantenere la nostra creatività, non dobbiamo e non possiamo rinnegare il nostro moto di lavorare.”
LA NICCHIA: RINNEGARE SE STESSI O MANTENERE L’IDENTITÀ?
Viene a questo punto introdotto il tema della “nicchia”, che De Seynes inquadra così: “Non dobbiamo uscire dalle nicchie, il mercato di nicchia crea interesse, è legato a tecnologie avanzate, è distintivo. Abbiamo fantastiche capacità, dobbiamo continuare a crederci, non dobbiamo rinnegare le nostre origini e il nostro modo di lavorare.” Aggiunge che “l’Asia è un di più”, riferendosi alle esportazioni da Europa per Asia.
Quello delle esportazioni è in effetti un nodo decisivo della questione, su cui Mariano Roman di Fantic si concentra: “Nella complessità globale l’unicità ha il suo valore, nessuno può copiare la storia di un’azienda. Però questa non basta per vendere, bisogna essere competitivi a livello mondiale. Tutti i paesi dovrebbero avere le stesse regole a livello di dazi, ma non è così. Allo stato attuale dei fatti noi europei abbiamo meno possibilità rispetto ad altri competitor che dai dazi sono invece agevolati, c’è grande disparità.
Per il momento, noi dobbiamo concentrarci e vincere con l’innovazione, non con il protezionismo. Aspiriamo a giocare a regole pari e allora potremo vincere, perché siamo più bravi. L’Asia vince in termini di costi, noi come innovazione, moda, design.”
Ezio De Carlo spiega la strategia di Decathlon per far fronte alle complessità odierne: “Noi ci siamo organizzati per produrre laddove si vende. Il tempo di consegna è un tema importante: assembliamo in Europa per i bisogni dell’Europa, in Cina per i bisogni della Cina e così via. Secondo noi la nicchia è un punto di partenza: si parte dalla creatività, si prova, si riprova e da lì la nicchia può diventare un business di volume”.
“IL GIGANTE LO ABBIAMO SVEGLIATO NOI”
La chiave dell’interpretazione va ricercata qualche anno addietro, secondo Vavassori di Brembo: “30 anni fa l’Europa ha deciso di voler produrre tanto a basso costo. Così facendo abbiamo svegliato il gigante, che dopo appunto 30 anni è diventato autonomo e nostro competitor. Ed è una competizione cruciale, che andrebbe giocata almeno alla pari, non solo come dazi ma anche come attenzione all’ambiente.
Ancora sul tema delle nicche: “L’Italia costituisce il 9,7% del ricavo di Brembo. Oggi il nostro primo cliente è indiano. Abbiamo dovuto uscire dal paese per andare in cerca di un mercato nuovo per espanderci, l’85% della crescita di mercato nei prossimi 10 anni sarà in Asia, quello è il mercato vero. La nicchia è bella finché non diventa un loculo. In Europa siamo meno del 4% della popolazione mondiale, bisogna aprirsi e andare verso i nuovi mercati con tecnologia, alleanze e senza timori reverenziali.”
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