Le Case emergenti, soprattutto cinesi e indiane, puntano molto sull'abbondanza di accessori e caratteristiche - in inglese "features" - che stanno conquistando l'interesse anche dei motociclisti nostrani. Ecco di cosa si tratta
Una ventina di anni fa, parlando con un collega americano, sostenevo la superiorità tecnologica delle auto europee. Che rispetto alle americane erano più belle da guidare, più potenti a parità di cilindrata, più abitabili a parità di dimensioni. Lui mi guardò come se arrivassi da Marte e rispose con la classica “sentence” americana: “Sì, ma le nostre hanno più features”.
Ci ho messo un po’ a capire cosa voleva dire. Le “features” erano, e sono, tutto quello che va oltre la funzione primaria della mobilità. Una verniciatura bicolore, per esempio, è una feature. Gli interni in pelle pure. Il frigobar è una feature. L’impianto stereo con 12 casse. Il cruise control, gli ausili alla guida, eccetera, sono features.
Dalle performance alle feature
All’epoca non capivo come si potesse scegliere un’automobile sulla base di queste cose. Ma in effetti pensando all’America con le sue sterminate strade senza curve, con i suoi limiti di velocità bassissimi e verificati ossessivamente, la faccenda poteva avere senso. Lo aveva anzi talmente tanto che, come spesso succede, è diventata lo standard anche da noi. Oggi che siamo soggetti a vincoli di emissioni sempre più stringenti, sempre più sorvegliati da telecamere e tutor, castrati dal divieto di pubblicizzare le prestazioni, il risultato è che l’interesse degli automobilisti si è spostato dalle performances alle features. Ancor più se parliamo di auto elettriche, dove si parla praticamente solo di connettività, guida autonoma, rapidità di ricarica.
In un mondo in cui ormai tutte le auto hanno prestazioni di gran lunga oltre quel che razionalmente serve, la gente ha finito per disaffezionarsi alla tecnica. Spesso non conosce neppure la cilindrata della propria auto, o il numero di cilindri. Le moto sono, come quasi sempre avviene, più indietro su questo percorso – e per fortuna, viene da dire. I motociclisti “classici” restano appassionati di tecnologia e di prestazioni, e su questo le Case continuano a fare affidamento.
Un mondo che cambia
Ma i motociclisti di ritorno, gli ex scooteristi e le nuove leve lo sono molto meno. Aziende come Ducati, che dell’eccellenza delle proprie schede tecniche ha fatto un vanto, sono preoccupate dal fatto che sempre meno clienti le conoscano. Certo nel loro caso c’è il prestigio del brand, ma la tendenza generale è chiara: contano sempre di più le features, specie elettroniche, e chi è bravo a cavalcarle ne trae vantaggio.
Prendiamo ad esempio le arrembanti Case cinesi e indiane, un elemento del cui successo è chiaramente la capacità di offrire, a prezzi competitivi, non certo più prestazioni rispetto alle europee o giapponesi, ma più features: tris di borse, sensore pressione pneumatici, connettività, fari full led, sella trapuntata, pinze freno radiali e via di questo passo. Montare un bel display TFT è più facile e meno costoso che mettere a punto un controllo di trazione con ride-by-wire: ma se la propria storia e cultura hanno spinto le aziende europee e giapponesi a offrire di serie il traction, lasciando magari un cruscotto LCD, le asiatiche hanno fatto l'opposto.
Le regole del gioco
Anche il traction control è una feature, certo. Ma non si vede, si sente poco spesso e quando per metterlo a bordo rinunci a cose che chi guida vede e tocca ogni minuto come le leve regolabili, la sella trapuntata o il cruscotto TFT, per quanto elemento tecnologico e di sicurezza rischia di risultare perdente in una larga fascia della popolazione motociclistica (in particolare i neofiti).
Come sempre, quando cambiano le regole del gioco ci si può lamentare, ma alla fine vince chi è più bravo nel nuovo gioco. E a furia di tirare dal lato delle prestazioni, le aziende occidentali rischiano di perdere il treno delle moto accessibili e con tante features.
Impiegando solo una frazione della tecnologia che ritroviamo sulle moto occidentali, cinesi e indiani riescono a vendere in Europa più di molte aziende europee, grazie a modelli più semplici dedicati ai nuovi clienti, che sono ormai la maggioranza. Ci riescono lavorando con attenzione sul prezzo, sull’accessibilità, sul marketing. E sulle features.
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