Attualità
Crollo Ponte Morandi: cinque anni dopo, che cosa è cambiato?
Il 14 agosto 2018 il Viadotto Polcevera si sbriciola nel tratto urbano di Genova provocando 43 vittime. Un disastro che ha lasciato, ancora oggi, notevoli strascichi
Spesso i grandi eventi sono accompagnati da un ricordo personale. Cinque anni fa ero in vacanza in Versilia, e un vicino di ombrellone, informato in tempo reale, disse a un conoscente che a Genova era successo il finimondo. Fu così che per me il 14 agosto divenne una giornata lavorativa.
Ebbene, sono passati cinque anni dal momento in cui, in uno dei tratti autostradali urbani più trafficati d'Italia, si consumava una tragedia. Il Viadotto Polcevera (meglio noto come Ponte Morandi) un capolavoro di ingegneria degli Anni 60, si sbriciola e porta via con sé 43 vite.
Da allora ne sono successe di cose. Questo crollo inaspettato per molti, per pochi era un rischio collaterale ben noto da anni. E ha permesso in tutta la sua drammaticità di far emergere la classica situazione paradossale all'italiana, nella quale il controllore e il controllante (ovvero Autostrade per l'Italia e Sprea) avevano un rapporto incestuoso. Una situazione dove gli interventi conservativi sono stati ridotti al minimo, le manchevolezze sono state infinite, i problemi e le critiità sono state messe sotto lo zerbino. Adesso la magistratura si sta occupando di tutto questo, per cercare di risalire ai reali responsabili di un crollo che poteva e doveva essere evitato.
Oggi Genova è un'altra città da allora. Arrivando da Bolzaneto e passando per via Fillak, oggi sopra la testa dei genovesi c'è un viadotto nuovo di pacca (il San Giorgio), costruito secondo i migliori criteri ingegneristici e architettonici. Sotto, ci sono aree dedicate al gioco, skate park e panchine per favorire la socialità degli abitanti del quartiere. Quella ferita urbanistica e logistica (che per anni ha reso la mobilità nell'Italia del nordovest difficoltosa, per usare un eufemismo), non c'è più. Ma che cosa resta, di quel tragico avvenimento?
COSA E'STATO FATTO
Il crollo del Ponte Morandi ha avuto il merito di mettere in luce il sistema medioevale che regolava le concessioni autostradali in Italia. Ne abbiamo parlato diffusamente qui (e, se volete concedervi una lettura illuminante ma accademica, non perdete "I signori delle autostrade" di Giorgio Ragazzi, edizioni Il Mulino), ma per farla breve emerse come i dettagli delle concessioni fossero segretati: imposibile sapere i termini economici degli accordi tra lo Stato (il concedente) e il concessionario della rete, quali fossero i margini di guadagno, gli investimenti reali, il ritorno sugli investimenti. In secondo luogo, la tragedia ha permesso di far scoppiare il bubbone della proroga delle concessioni: queste, affidate ai tempi delle privatizzazioni nel 1996-97, sono sempre state prorogate e mai messe a gara pubblica, come prevede l’Unione europea.
Infine, il crollo del Morandi ha consentito di far emergere le storture del sistema concessionario: a fronte di investimenti risibili, il monopolio delle concessioni in deroga ha permesso ad Aspi e compagnia bella di portare a casa un utile medio del 20% grazie ai pedaggi, ovvero la tassa di passaggio dovuta originariamente a finanziare la costruzione dell'opera. Ma tutte le opere autostradali in Italia sono state ampiamente ammortizzate col finire degli Anni 90; dopo, il pedaggio è servito solo a ingrassare i bilanci dei concessionari.
QUAL E' LA SITUAZIONE OGGI
Adesso la situazione è - per fortuna - ben più trasparente di cinque anni fa. Sia i contratti di concessione sia gli atti aggiuntivi (ossia gli allegati chiave che regolano le condizioni economiche tra concedente e concessionario) sono pubblici. Autostrade per l'Italia ha un nuovo amministratore delegato, Roberto Tomasi, che ha preso il posto di Giovanni Castellucci). La controllante di Autostrade per l'Italia, Atlantia (società della famiglia Benetton), prima è uscita da Piazza Affari e poi ha visto il cambiamento dell'assetto azionario; infine, ha cambiato nome in Mundys.
Nella realtà dei fatti, il crollo del Ponte Morandi ha riportato in primo piano il tema della sicurezza stradale e del rapporto tra società concessionarie e società responsabili del controllo della sicurezza.
Ma il sacrificio umano causato da una catena di errori umani, tra avidità e negligenze, è servito davvero a scardinare un sistema di potere? La risposta, purtroppo, è negativa. Gli aumenti dei pedaggi sono continuati nel tempo e avvengono con cadenza semestrale. Inoltre il sistema delle concessioni sembra difficilissimo da rivedere (ultima, in ordine di tempo, la sentenza che riassegna al gruppo Toto la gestione delle autostrada A24 e A25, dopo che lo stato le aveva revocate per darle ad Anas), anche a causa del notevole peso politico di Aiscat, l'associazione dei gestori italiani della rete autostradale.
Infine, per il mondo delle due ruote, l'autostrada resta ancora un universo penalizzante: non possiamo usare i tratti urbani in sella a un 125 cc (come avviene da anni in tutta Europa), e paghiamo lo stesso pedaggio della autovetture (fatto salvo per l'accordo provvisorio che permette alle moto dotate di Telepass di avere uno sconto del 30%).
La nostra fortuna è che, per la natura dei mezzi che guidiamo, la usiamo il meno possibile.
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