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Attualità

Energica: dopo la MotoE, sfidiamo le moto a benzina

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Energica: dopo la MotoE, sfidiamo le moto a benzina
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Nel campionato MotoAmerica, la Energica Eva Ribelle RS corre alla pari con le supernaked europee più performanti. Facciamo il punto sul futuro, racing e non solo, della Casa modenese con il suo direttore tecnico Giampiero Testoni

Dopo l’uscita dalla MotoE alla fine del previsto ciclo di 4 stagioni, i riflettori sportivi su Energica si sono come era naturale un po’ abbassati. Non per questo la Casa modenese ha rallentato lo sviluppo, anzi dopo l’ingresso a fine 2021 nel fondo americano Ideanomics ha allargato il proprio raggio d’azione diventando un centro di ricerca e sviluppo dedicato ai veicoli elettrici in generale, che ha già varato progetti “Energica Inside” applicati a trattori e a jet-ski, per esempio, e iniziando a studiare il complesso tema della guida assistita attraverso una collaborazione con il Politecnico di Milano. Sul fronte sportivo, Energica ha poi raccolto una nuova sfida andando a correre oltreoceano nel campionato MotoAmerica, dove la classe “Super Hooligan” ha costituito un palcoscenico perfetto per andare a sfidare, con la Eva Ribelle RS, le supernaked medie (KTM 890 Duke, Indian FTR 1200, Ducati Monster e altre) in gare sprint da 7-10 giri. La presenza dell’elettrica italiana ha acceso ulteriore interesse su questa formula, tanto è vero che dalla gara di The Ridge anche PETRONAS è saltata a bordo, firmando una collaborazione tecnica e sportiva con Energica.
Ne parliamo con Giampiero Testoni, che ha seguito lo sviluppo tecnico Energica da quando, una quindicina di anni fa, si chiamava ancora CRP e correva con le 125 nel CIV e nel Mondiale. Giampiero, che ci dici di questa collaborazione? Dai un petroliere come PETRONAS ci si aspetta che sostenga al più gli e-fuels, non le moto elettriche. “Sì, ma se si va a vedere ormai tutti hanno un piede anche nella mobilità futura. Non posso entrare nel dettaglio ma quello con PETRONAS è un impegno reciproco ampio e importante, a beneficio di entrambi. Loro hanno già una linea di prodotti chiamata ‘Iona’ per i veicoli elettrici e noi faremo da banco di prova per i loro liquidi per il raffreddamento e oli speciali, come quello che usiamo nella cascata di ingranaggi della nostra trasmissione; loro ci forniscono un supporto producendo su nostre specifiche. Non c’è solo la moto e l’ambito racing, ad esempio nel trattore c’è una quantità d’olio impressionante”. Ci spieghi che contributo possono dare degli specialisti di moto sportive nello sviluppo di un trattore? “Certo noi non abbiamo competenze approfondite sulle esigenze dei trattori o delle moto d’acqua, ma per quello ci sono già i tecnici delle aziende con cui collaboriamo. Noi mettiamo a disposizione la nostra esperienza di ‘system integrator’, di integratori di sistema: oggi sul mercato ci sono tantissimi fornitori di componenti, dalle batterie ai motori agli inverter, ma quel che manca è la capacità di assortire e far lavorare correttamente questi elementi nel modo migliore, che è fondamentale per raggiungere le prestazioni e l’affidabilità desiderati. Noi siamo in grado di prendere un veicolo a benzina, acquisire tutti i dati necessari e fare lo studio di definizione dei componenti necessari a replicarne le prestazioni in elettrico”.
Non può farlo un normale reparto di ricerca e sviluppo di una Casa? “Noi abbiamo visto tante aziende, anche molto grandi, prive anche della minima idea di cosa sia davvero un veicolo elettrico. Il problema non è far funzionare un motore, ma farlo funzionare dentro una moto, dentro una barca, dentro un aereo, ed è lì che noi facciamo la differenza: abbiamo iniziato a sbattere la testa con la necessità di integrare componenti in un veicolo con tanti vincoli 13 o 14 anni fa, la parte di sistema è stata il nostro ‘core’ per anni prima di iniziare a sviluppare i nostri componenti: batteria, motore, inverter, VCU eccetera”. A proposito di componenti: come è messa l’Italia nell’indotto dell’elettrico? “Se parliamo di batterie, la tecnologia è soprattutto altrove: la produzione delle celle, anche se ci sono progetti un po’ dappertutto, resta appannaggio dell’Asia in termini di chimica e di processi produttivi. Ma se parliamo di motori, inverter, centraline, caricabatterie abbiamo competenze invidiabili, che vengono vendute ai famosi OEM tedeschi, inglesi o americani. Quando si parla di fare cose all’avanguardia, fuori dallo standard, da noi ci sono ancora delle eccellenze assolute. Noi stessi siamo passati dall’avere motore e inverter americani ad avere motore e inverter italiani, più leggeri e più efficienti, con una guidabilità molto migliore. Noi abbiamo a che fare con tutti, cinesi, indiani, americani, e posso dirti che il nostro famoso ‘genio e sregolatezza’ non è una leggenda, siamo effettivamente più bravi ad affrontare problemi nuovi ma poi ci perdiamo nell’organizzazione, nella struttura, nei processi, dove altri sono più bravi.” Infatti le grandi industrie, che di strutture e processi vivono, crescono altrove e non da noi. Forse anche per questo si difende così tanto quella che esiste, tutti lamentano la morte della filiera dei componentisti automotive legati ai motori a scoppio. “Sì ma vedo aziende che da cinque anni piangono dicendo ‘cosa faremo fra cinque anni?’ Intanto i cinque anni sono passati e mi chiedo cos’abbiano fatto loro in questo tempo... visto che siamo così bravi a reinventarci, le occasioni c’erano per chi le ha volute cogliere. Bisogna iniziare a capire, tastare il terreno, non limitarsi a dire che i motori a benzina devono vivere per altri 200 anni perché io faccio le marmitte o i pistoni. C’è un futuro oltre l’endotermico ma bisogna andargli incontro, non adagiarsi sugli allori”.
Torniamo all’oggi: siete passati dalla MotoE al campionato MotoAmerica. “Il format è tanto diverso, onestamente la decisione di entrare è stata trainata soprattutto dal marketing. Noi siamo ancora il riferimento dell’elettrico ad alte prestazioni, ma relativamente poco conosciuti dal grande pubblico. Lo scopo principale era dimostrare al mondo che una moto elettrica di produzione può scendere in pista contro 30 moto a benzina blasonate e giocarsela, visto che stiamo nei primi 5. In America questo tipo di attività funziona molto, la gente si appassiona al fatto di prendere una moto ‘del futuro’ e andare a sfidare le Case più affermate, e poi le gare corte e veloci, 7-10 giri, sono perfette per l’elettrico. La SuperHooligan è una bella classe, una delle più seguite con la King of the Baggers, la sua clientela ci interessava ed è il palcoscenico perfetto”. Immagino che l’impegno tecnico rispetto alla MotoE sia ridotto. “Sì, mandiamo dei nostri tecnici e diamo assistenza anche da qui perché da bravi italiani non ci piace perdere… ma l’approccio di queste gare è all’americana, un po’ meno professionale, genuino ma ruspante, un po’ come la Superbike dei primi anni. Noi abbiamo un’impostazione racing, molto precisa, e siamo contenti dei risultati e della visibilità: in gara è la novità dell’anno, ne parlano tutti e c’è molto ritorno. Poi corriamo come da regolamento con la moto di serie con un piccolo kit racing.”
E comunque non correte nemmeno con la piattaforma più aggiornata, quella della Experia. “No, corriamo con la piattaforma ‘Legacy’, quella della Ego, aggiornata negli anni con il motore Mavel a riluttanza con assistenza di magneti, che non è però quello della Experia ma una versione diversa, nata per girare più in alto; l’unico elemento condiviso è l’inverter. Dalla Experia deriveremo altri modelli, probabilmente non sportivi perché vorremmo mantenere piattaforme dedicate a veicoli simili fra loro. Stiamo comunque lavorando tanto, anche su piattaforme nuove.” La collaborazione con Dellorto per le moto piccole è però stata accantonata. “Sì, per vari motivi: l’arrivo di Ideanomics, un orientamento tecnico un po’ diverso, un approccio diverso che per loro è molto più industriale e per noi più racing. Alla fine ci siamo dovuti separare, ma non lasciamo certo da parte i veicoli più piccoli.” Cosa rispondete a chi sostiene che l’elettrico resterà ancora a lungo confinato ai veicoli equivalenti agli endotermici tra i 50 e i 300-500 cc al massimo? L’elettrico è destinato a restare una scelta ‘premium’ o si diffonderà? “Non direi ‘premium’, direi che è un primo passo. Noi vogliamo sviluppare bene la gamma alta perché poi scendere è più facile che non salire partendo dagli scooter elettrici. Sicuramente noi crediamo nella mobilità urbana elettrica, sarebbe folle non farlo. Ma neppure si può negare che esistano i clienti per le moto di alta gamma, e noi ne siamo la dimostrazione. Poi certo, vediamo che le grandi Case hanno bisogno di avere un prezzo d’attacco basso, che sull’elettrico non riescono ad avere a meno di rinunciare ai margini a cui sono abituati. Allora puntano ai mercati dai volumi più grandi, come quelli dell’Asia, mercati da centinaia di migliaia di pezzi dove peraltro hanno già sperimentato formule che vent’anni fa avrebbero fatto rabbrividire, come fare moto in Cina e venderle con un altro brand e due chicche in più in Europa. Ma il mondo sta cambiando, già oggi l’auto più venduta in Europa è una Tesla…”
Tu pensi quindi che la moto seguirà l’auto. “È inevitabile. Al di là delle decisioni politiche e dei discorsi sugli e-fuels, perché i costruttori auto hanno già deciso che la transizione la faranno. E quando il mondo auto smetterà di fare motori a combustione, il sistema che gira attorno ai carburanti fossili si sgonfierà e si invertiranno i ruoli, ci saranno più colonnine che benzinai e saranno le moto a benzina a dover girare per cercare dove fare il pieno. Le pompe, che avranno sempre meno clienti, inizieranno a chiudere come stanno facendo oggi le edicole, non si può pensare che sopravviveranno solo con le vecchie auto e le moto di chi non si sarà convertito all’elettrico”. Insomma il dado è tratto. “È un processo gigantesco, ma proprio perché gigantesco è praticamente irreversibile una volta che è avviato. Basti dire che persino il nuovo AD di Ferrari ha dichiarato che il futuro è elettrico. Magari non sarà il 2035, sarà il 2050, ma comunque andremo lì. E infatti le aziende che guardano lontano stano investendo lì: i costruttori cinesi spingono già forte e gli indiani hanno investito tutti in piccole aziende elettriche, come Zero o Stark. Da noi non hanno bussato perché siamo fuori target, ma se avessimo avuto una 11 kW sarebbero venuti anche da noi”. Royal Enfield ha investito 50 milioni di dollari per il 10% di Stark. “Che porterebbe a una valutazione di 500 milioni di dollari: fantascienza. Ma visto che queste valutazioni riflettono sempre le aspettative sul futuro, è un’indicazione di quanto tutti pensino che il futuro sarà elettrico.”
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