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Attualità

L’Italia e la mentalità contro le due ruote

Marco Gentili
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L’Italia e la mentalità contro le due ruote
L’Italia e la mentalità contro le due ruote
L’Italia e la mentalità contro le due ruote

Due aneddoti minimi osservati in prima persona da un nostro cronista raccontano di un clima punitivo verso moto e scooter

Ci siamo detti per mesi – forse anni – di come le due ruote rappresentino la vera mobilità sostenibile in Italia, di come vada incentivata e tutelata. Nella realtà dei fatti, però, il mondo va esattamente alla rovescia.  

TUTTI CONTRO LE DUE RUOTE

Mi è capitato di trascorrere un paio di giorni a Rapallo, cittadina della riviera ligure e da sempre terra di scooter. Ebbene, quello che mi è capitato di vedere ha letteralmente dell'incredibile. Un solerte agente della Polizia Municipale, peraltro motociclista e in sella a una Ducati, ha iniziato a multare alcuni veicoli a due ruote. Da sempre, si sa, le due ruote costituiscono un pericolo per il traffico urbano, occupano più spazio delle autovetture, inquinano moltissimo e congestionano il traffico. In tutto questo, io sono molto sarcastico. Tra le vittime del vigile, anche una Vespa parcheggiata su un marciapiede desolatamente vuoto, collocata in un posto in cui non dava fastidio ad anima viva, per cui è arrivato addirittura a richiedere la rimozione del veicolo, con l'intervento di un carroattrezzi. Sebbene a norma di legge il vigile avesse tutto il diritto di procedere in tal senso, questo episodio racconta di come nel nostro paese le regole vengono applicate ad uso e consumo delle autorità, senza applicare il minimo concetto di buon senso. Nei fatti le multe continuano a essere, nonostante le buone intenzioni del legislatore (per il quale dovrebbero servire e finanziare la sicurezza stradale) il modo migliore per i Comuni per rimpinguare le proprie casse. Ma il top assoluto è stato raggiunto quando il solito agente ha incominciato anche a multare alcune biciclette in sharing posteggiate in una zona pedonale. Inutile dirlo, anch'esse erano situate in una posizione totalmente innocua per i mezzi di soccorso e non intralciavano il passaggio di disabili o carrozzine. Non cambia il teatro delle vicende ma soltanto la data. Il giorno seguente, vedo un padre in scooter sostare per non più di 30 secondi su un marciapiede a ridosso di un'area pedonale per far scendere la propria figlia, che doveva andare in spiaggia. Nemmeno il tempo di far scendere la ragazzina, che si avvicina una signora di mezza età, la quale inizia a inveire contro il povero scooterista, colpevole di intralciare il passaggio dei pedoni: “Voi che siete giovani non potete stare qui”.  

DUE VICENDE, UNA MORALE

Che cosa sta succedendo alla categoria dei motociclisti? Come siamo visti o percepiti dal resto della comunità degli utenti della strada? La risposta, a giudicare da questi due aneddoti minimi, è sempre la stessa. Ossia, che siamo semplicemente un inutile fastidio, qualcosa da punire, osteggiare, disincentivare. L'unico modo di rispondere a questo atteggiamento oppositivo e ostracizzante è, da parte nostra e sempre più spesso, il più immediato e il più sbagliato. Ovvero quello di alzare la voce. Del resto siamo in Italia e, nella vita come sulla strada, vince sempre il più prepotente, non certo chi ha ragione. Nel nostro caso, però, chi è nel giusto deve alzare la voce per far sentire le proprie sacrosante ragioni, altrimenti soccombe. È la legge della giungla, baby.  
L’Italia e la mentalità contro le due ruote
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