Attualità
Industria motociclistica: la nuova epoca d’oro dell’Italia (a due ruote)
Beta, Fantic, TM vincono in pista e crescono sul mercato, erodendo la supremazia giapponese e austriaca
All’inizio degli Anni 80 l’onda d’urto giapponese aveva ormai scardinato tutti i modelli industriali: spazzando via le aziende inglesi, spingendo ai margini quelle italiane e tedesche e costringendo Harley-Davidson ad arroccarsi nel mondo cruiser.
La tecnologia del Sol Levante sembrava inarrivabile in termini di prestazioni e affidabilità, tanto nella produzione di serie quanto in gara: il Motomondiale era diventato una lotta a due tra Honda e Yamaha, con qualche incursione di Suzuki; agli altri restavano le briciole, le categorie dei ragazzi: la 50, la 80 e la 125. E anche tra le moto di serie, le cilindrate dove era possibile dire la propria erano più o meno quelle.
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Partendo dal basso, gli italiani riuscirono però a reinserirsi nella lotta al vertice: con le 50 e 125 belle e tecnologiche come le maxi, che aprirono la strada alla crescita delle cilindrate e delle ambizioni. Erano gli anni di Aprilia, Cagiva, Gilera, più tardi Ducati; ma anche di Honda Italia e Yamaha Italia, che diventarono un importante riferimento per le Case madri.
La maggioranza dei motociclisti di oggi ha vissuto quegli anni d’oro, in cui l’industria italiana della moto si è (ri)trasformata da fenomeno locale a potenza globale, perlomeno in termini di prestigio. La stessa maggioranza dei motociclisti però non sa che a distanza di quarant’anni stiamo vivendo un periodo simile, con aziende italiane un tempo marginali che si stanno issando in cima al mondo. Ma se ne parla poco perché questa volta succede fuori dall’asfalto: in campo off-road.
Beta, senza clamore
Certo, anche Aprilia Cagiva e Gilera avevano corso, facendo pure bene, nel Cross, in Enduro e nei Rally; ma restavano aziende concentrate sulla strada, mentre le protagoniste di oggi hanno ancora tutte quante le ruote ben piantate sulla terra. Ad oggi Betamotor, Fantic Motor e TM Racing non hanno in gamma nemmeno un modello stradale al 100% e sono profondamente legate al mondo off-road, del quale negli ultimi 10 anni sono diventate protagoniste assolute sul mercato e in gara. A mettersi in luce ha iniziato Beta, affiancando alle sue Trial una gamma di Enduro azzeccatissime: in particolare le 2T, che hanno scalato le classifiche di vendita: la RR 300 Enduro è oggi stabilmente tra le prime delle classifiche di vendita delle off-road specialistiche, spesso la prima in assoluto. Un processo affrontato con il classico approccio “piedi di piombo” di Beta, durato oltre dieci anni ma che oggi la premia come la più grande di queste tre aziende dal focus off-road in termini di moto vendute e fatturato.Gli anni del boom
Ma intanto anche TM, sogno proibito di intere generazioni dei ragazzini, rompeva un tabù vincendo il primo titolo mondiale Enduro con una moto “grande”: la 250 4T di Eero Remes, classe E1, anno 2015. Beta rispondeva nel 2016 centrando con la sua RR 300 e Steve Holcombe il titolo Enduro3. Sono passati solo 5 anni ma sembra una vita, visto che oggi vincere è diventata la norma: da allora Beta ha vinto non solo tutti i titoli E3, ma anche tutti i titoli EnduroGP con Holcombe e Freeman, l’ultimo poche settimane fa. Quanto a TM, ha collezionato altre iridi nel 2016 (Remes in E1), 2018 (Remes in E2), 2019 (Larrieu in E2) e 2020 (Verona in E1). E a chi obietta che il tradizionale dominatore dell’Enduro, il Gruppo KTM, si era nel frattempo ritirato dall’impegno ufficiale nel Mondiale, va ricordato che non sono certo mancati gli avversari di rango; e anche quest’anno in cui KTM è rientrata, vincendo i titoli E1 ed E2, lo ha fatto sudando le proverbiali sette camicie e non certo monopolizzando la categoria. Mentre nelle classi giovanili, proverbiale vivaio austriaco, i titoli sono andati a Matteo Pavoni sulla TM e ad Albin Norrbin sulla Fantic.L'esplosione di Fantic
A proposito di Fantic, l’ultima arrivata sulla scena è partita dal Cross, dove ha subito sorpreso vincendo all’esordio il titolo europeo EMX125 con Andrea Bonacorsi; nel 2021 ha schierato ancora più piloti facendo sorprendentemente bene con tutti, in particolare con Nicholas Lapucci che nella EMX250 è riuscito a portare al vertice una 250 2T davanti a tutte le 250 4T, qualcosa che non si vedeva da decenni. Per il 2022 è appena stato annunciato l’ingresso nella classe regina MXGP, sempre con Lapucci, mentre già quest’anno i veneti sono sbarcati in forze anche nel Mondiale Enduro, brillando non solo nelle classi Junior ma anche nella E1 con Davide Guarneri, che ha sfiorato il titolo e ha vinto la Sei Giorni con la squadra italiana.Beta: un passo alla volta
Basato su moto strettamente derivate dai corrispondenti modelli Yamaha, quello di Fantic è un progetto “rapido”, molto diverso dagli altri due; dal punto di vista industriale, del resto, queste tre aziende sono espressione di filosofie radicalmente differenti. Beta, azienda familiare con più di un secolo di storia, è la più “giapponese” delle tre: rapporti di lungo corso con i fornitori, politica dei piccoli passi sia tecnici che commerciali, scarso interesse al marketing e riserbo addirittura ossessivo sui propri processi interni (intervistare il presidente Lapo Bianchi è più difficile che intervistare Soichiro Honda). Partita dalle biciclette, passata nel Dopoguerra alle motoleggere stradali, ha seguito una traiettoria anomala lasciando progressivamente la strada per il fuoristrada, dopo essere entrata nella Regolarità nel 1970 e nel Trial nel 1980. Tornata definitivamente nell’Enduro in occasione del centenario, nel 2004, parte con motori KTM 4T, poi con i propri: 4T dal 2009 e 2T dal 2012, che hanno subito un grande successo.Fantic: crescita esplosiva
All’estremo opposto si colloca come dicevamo Fantic, la cui crescita è recentissima e letteralmente esplosiva: partita da una manciata di modelli 50 2T e 125 4T ereditati dalla gestione precedente, nel giro di pochi anni ha quasi centuplicato (!) il fatturato aggiungendo il Caballero, l’Issimo, la gamma racing e acquisendo da Yamaha la proprietà di Minarelli. Oltre ad aver messo su un reparto corse coi controfiocchi farcendolo di giovani entusiasti e “vecchi saggi” (spesso ex Aprilia come Jan Witteveen e Gaetano Cocco), Fantic ha avuto subito un orizzonte globale, ragionando su grandi numeri dal punto di vista produttivo e puntando a posizionarsi stabilmente tra i grandi in Europa. Questa traiettoria è figlia della visione internazionale degli uomini ai suoi vertici – Mariano Roman e Valentino Filippas – tecnici-manager di grande esperienza che ai tempi vissero e alimentarono la crescita di Aprilia, e vogliono riprodurla ora.TM: primo, correre
Su una traiettoria ancora diversa si colloca TM, anzi più precisamente TM Racing: un nome scelto bene, perché l’azienda di Pesaro sembra un reparto corse a cui, se ci passate il termine, “tocca” fare anche moto di serie. Oltre quarant’anni di storia e un palmarès lungo così tra i kart oltre che tra le moto, tecnicamente è un’altra azienda familiare ma agli antipodi rispetto a Beta: TM finora ha risolutamente rifiutato di crescere, preferendo continuare a fare poche moto e a venderle tutte (tanto che nel 2020 ha finalmente deciso di raddoppiare la produzione, vendendola comunque tutta). Per questo motivo, se il marketing di Beta è scarso quello di TM è praticamente assente; e anche le logiche produttive TM sono peculiari. A Pesaro c’è un know-how specifico altissimo (TM continua a farsi in casa parte dei suoi carburatori e delle sue sospensioni) e non ci sono le classiche catene di montaggio: ogni meccanico monta la moto dall’inizio alla fine, per poi firmarla. Non per nulla Jarno Boano, il team manager più vincente dell’Enduro passato quest’anno da Beta a TM, è entusiasta della reattività di questa azienda che ragiona, appunto, come un reparto corse.Grandi cambiamenti
Anche per TM, comunque, questo è un periodo di grandi cambiamenti. Sono arrivati modernissimi centri macchina e un nuovo marketing manager, Roberto Aloi, dalla visione moderatamente espansionistica senza per questo rinunciare all’artigianalità e alle altre specificità dell’azienda marchigiana. A giugno 2021 per la prima volta è stata fatta una presentazione in grande stile dei nuovi modelli, al teatro Rossini di Pesaro, e oltre alle novità tecniche era impressionante vedere la quantità di piloti ufficiali di discipline diverse schierati da un’azienda così piccola, che oltre a dominare nel Motard e vincere molto nell’Enduro si è tolta qualche soddisfazione nel Mondiale Motocross e ha nel mirino la Moto3 (tra l’altro regolarmente a listino: costa 87.650 euro).Un futuro tricolore
Pur se l’off-road racing resta il giardino privato di una nicchia di super-appassionati, e nonostante il dilagare di restrizioni e divieti alla guida in fuoristrada, il fascino del tassello è in grande ripresa. Come abbiamo visto anche all’ultimo Eicma, i modelli più o meno “off” sono i più ammirati e richiesti, e nei prossimi anni l’offerta aumenterà ancora. Molte grandi Case – da Ducati a Triumph – stanno sbarcando nell’off-road anche racing. Non sappiamo se le nostre tre risponderanno mettendo le ruote sull’asfalto con modelli meno specialistici, come ha fatto con successo KTM, ma è certo che saranno loro a portare avanti lo sviluppo delle competenze e delle tecnologie più avanzate in campo off-road. E a portare in alto il tricolore con le loro storie e i loro approcci così diversi, che riflettono in fondo quella diversità culturale da sempre nostra caratteristica e nostro patrimonio.Stefano Soldani
STEFANO SOLDANI - Export Manager Beta
Quale è la specificità dell’azienda Beta oggi e quali sono i vostri punti di forza? “In generale è un mix di caratteristiche. Senz’altro prima di tutto il prodotto, che nel mondo specialistico dell’off-road è al centro. Facciamo evoluzioni costanti, investimenti continui. Il nostro pallino è la guidabilità: anche gli appassionati hanno sempre meno tempo e c’è bisogno di prodotti semplici, godibili, immediati: questo è il nostro DNA. Abbiamo una gamma molto estesa, specie nell’enduro, e ogni anno facciamo grandi sforzi per mantenere un prezzo sensato anche se la crisi degli approvvigionamenti ha reso tutto più difficile. Pur essendo ancora medio-piccoli rispetto ai grandi competitor austriaci e giapponesi, siamo attrezzati con R&D e processi produttivi strutturati: due linee montaggio veicoli, due di montaggio motori con banchi prova a fine linea, magazzini automatizzati. Ma nonostante questo taglio da grande azienda, manteniamo una forte flessibilità grazie anche alla proprietà familiare: struttura compatta, decisioni rapide, reattività molto elevata”. Perché avete deciso di concentrarvi sull’off-road? È stata ai tempi una scelta contingente o strategica? “Negli Anni 70 fu un po’ obbligata dall’arrivo dei giapponesi con i loro prodotti qualitativamente superiori a costi contenuti, che all’epoca spinsero fuori dal mercato tanti brand. Beta decise di specializzarsi in una nicchia più piccola e gestibile: il Trial. Da lì poi le cose hanno preso un’evoluzione di pari passo con la passione della proprietà: la famiglia Bianchi è sempre stata appassionata di fuoristrada, e l’azienda l’ha seguita. Quindi una scelta contingente, diventata poi strategica”."Abbiamo un taglio da grande azienda, ma una grande flessibilità e prodotti facili da usare"
Arrivate da un lungo periodo di crescita. Come vi state muovendo per proseguire su questa traiettoria e quali sono i vostri obiettivi da qui al 2025?
“Ci siamo appena riaffacciati nel Cross, tornando in questo mondo. Stiamo muovendo i primi passi, Beta è sempre prudente in questa fase ma vogliamo far bene anche lì, ovviamente sempre partendo dal prodotto. Abbiamo intenzione di tornare anche commercialmente a offrire una gamma cross estesa, che è però ancora in via di definizione”.
Vedremo Beta elettriche targate?
“Abbiamo ben presente la deadline del 2035, la cui fattibilità resta comunque tutta da vedere. Come tutti ragioniamo sull’elettrico, per ora senza piani definiti perché aspettiamo di vedere cosa avverrà a livello infrastrutturale, specie nel mondo off-road che arriverà sicuramente per ultimo. In cuor nostro crediamo che ci sarà qualche forma di continuità sulle off-road termiche: la sostituzione non sarà immediata a meno di rivoluzioni che nessuno ora può prevedere. In questo senso il cross è strategico per noi”.
Molti enduristi stanno spostandosi su o affiancando alla loro moto una e-MTB. Pensate di entrare in quel mercato?
“È un mercato che abbiamo studiato, ma per il momento non abbiamo intenzione di entrare. Non vogliamo fare semplici rebranding, crediamo che sia necessario arrivare facendo bene, con padronanza tecnica e tecnologica. Per ora investiamo in altri segmenti per noi più importanti”.
Mariano Roman
MARIANO ROMAN - Amministratore Delegato Fantic Motor
Quale è la specificità dell’azienda Fantic oggi e quali sono i vostri punti di forza? “Siamo forse l’azienda più giovane del mercato: siamo spinti dall’entusiasmo dei tantissimi ragazzi che abbiamo, che sono comunque seguiti da maestri come Witteveen e Cocco che li stanno facendo crescere in fretta. Fantic ha un entusiasmo, una voglia di fare prodotti che ci piacciono, una voglia di affrontare nuove sfide che credo sia unica. Come pure la rapidità dei processi, il fatto che si decide e si fa, è unica: noi siamo innovativi nel DNA e nell’innovazione non puoi pianificare tutto: devi partire e poi adeguarti.” Perché avete deciso di concentrarvi sull’off-road? È stata ai tempi una scelta contingente o strategica? “È stata strategica: al business plan abbiamo lavorato due anni prima di partire. Rilevavamo un’azienda con un nome consolidato in questo settore, per quanto nelle piccole cilindrate, e una piccola squadra di persone che sono tutte rimaste. Poi gli eventi hanno accelerato il percorso: le e-MTB, il Caballero, l’accordo con Yamaha per usare la loro piattaforma off-road racing. Abbiamo deciso di mantenere il marchio a livello premium, facendo ordine nei processi industriali”."siamo l’azienda più giovane e dinamica, e cresciamo in mercati ad altissimo potenziale"
Arrivate da un lungo periodo di crescita. Come vi state muovendo per proseguire su questa traiettoria e quali sono i vostri obiettivi da qui al 2025?
“Uno snodo fondamentale è l’acquisizione di Minarelli, che apre scenari impensabili ancora pochi mesi fa. Vogliamo diventare un polo di eccellenza nello sviluppo e produzione di motori ‘europei’, per chi non ha i volumi per far da solo o chi vuole un motore non asiatico, con il valore aggiunto del nostro engineering. Minarelli sarà un volano fondamentale per trainare la nostra crescita; ma stiamo anche cercando di far crescere internamente manager di alto livello per preparare l’azienda alle nuove sfide. Siamo in quattro mercati – le moto, le e-bike, la mobilità elettrica urbana e la tecnologia motoristica – che riflettono esigenze di lungo periodo e vivranno sviluppi potenzialmente simili a quelli degli scooter 50 negli Anni 90”.
Come vedete il futuro a breve e medio termine? Ci saranno ad esempio Fantic elettriche di grande taglia?
“A Eicma abbiamo fatto un altro passo in direzione della mobilità elettrica con lo scooter che affiancherà l’Issimo e usa tecnologia italiana per motore e batteria. Abbiamo già mostrato un prototipo di Caballero elettrico, ma per ora non abbiamo intenzione di entrare nel mercato delle elettriche di grande taglia. Ci arriveremo al termine di un percorso passo passo”.
Quanto ha contato per voi il successo delle e-MTB?
“È stato fondamentale. All’inizio avevamo pochissimi fondi e abbiamo deciso di buttarci investendone molti in prototipi. Il lancio della nostra prima gamma a luglio 2015 fu una sorpresa per tutti, soprattutto per gli altri produttori di bici che vedendoci partire con delle fat solo elettriche risero per mesi; e invece avevamo ragione noi. Oggi Fantic è un nome affermato nelle e-MTB alto di gamma, e dalle e-bike ci siamo mossi verso il mercato della mobilità elettrica mobilità urbana”.
Roberto Aloi
ROBERTO ALOI - International Sales Manager TM Racing
Qual è la specificità dell’azienda TM e come vedete oggi i vostri punti di forza? “Rispetto ad altre aziende noi abbiamo volumi più bassi, ma un prodotto al top per cura costruttiva e prestazioni. Credo che per nessun’altra azienda le moto di produzione siano così vicine a quelle che corrono e vincono a livello mondiale. Inoltre il nostro prodotto è quasi interamente italiano, con poche parti che arrivano dall’oriente, e questo ci ha favorito nel momento in cui le spedizioni intercontinentali sono andate in crisi”. Perché avete deciso di concentrarvi sull’off-road? È stata ai tempi una scelta contingente o strategica? “È connaturata alla nostra storia. TM è stata fondata da Claudio Flenghi, motorista ex Benelli, e Francesco Battistelli, telaista e appassionato di motocross. Dopo aver fatto una moto da cross quasi per gioco, la scoprirono così efficace da fondare l’azienda nel 1977, con Gastone Serafini come pilota. Nel corso degli anni Gastone ha rilevato la proprietà dell’intera azienda, che nel frattempo si è aperta anche ad altri settori ma con un DNA sempre ben fisso nell’off-road”."nessun altro costruttore fa moto di produzione così vicine a quelle che corrono in gara"
Arrivate da un lungo periodo di crescita. Come vi state muovendo per proseguire su questa traiettoria e quali sono i vostri obiettivi da qui al 2025?
“Per crescere abbiamo già fatto investimenti importanti, con nuovi macchinari. L’obiettivo per il 2022 è fare 3.500 pezzi per arrivare a 5.000 nel 2024, includendo le e-bike che, avendo un motore, per noi rientrano nella stessa categoria. A più lungo termine puntiamo a 10.000 pezzi, ma se fino a 5.000 ci si può arrivare riorganizzando la produzione, per andare oltre puntiamo a fare joint-venture con altre aziende. Dovremo offrire anche prodotti diversi, ad esempio i 125 4T, allargando la filosofia di TM come sta facendo Beta, che è entrata addirittura nel mondo stradale importando le moto cinesi Zontes. Per aziende specializzate in termini di piattaforme motore come le nostre, ampliare la gamma richiede inevitabilmente questo tipo di operazioni. E del resto ormai queste alleanze le fanno tutti, a partire da BMW e KTM”.
Come vedete il futuro a breve e medio termine? Ci saranno ad esempio TM elettriche di grande taglia?
“Per ora abbiamo una e-MTB, la Sinfonia 22 RR. Con gli annunci che sono stati fatti (il divieto della Unione Europea di vendere veicoli a motore a partire dal 2035, ndr) fare proiezioni è diventato difficilissimo. Devi capire dove spostarti con la tecnologia e se non lo sanno nemmeno le grandi aziende, figurati noi. Non sappiamo se faremo moto elettriche vere e proprie; di certo è diventato sempre più difficile fare quelle a benzina: rispettare i limiti fonometrici nel cross è una complicazione enorme e le enduro Euro5 sono già un miracolo: a volte si spende più per le omologhe che per lo sviluppo del motore”.
Cosa vi aspettate dalla e-MTB?
“Abbiamo appena presentato la Sinfonia 22 RR, ne seguiranno altre. È un tipo prodotto nelle nostre corde e di cui ormai non si può più fare a meno: sia per fare fatturato che per far entrare in azienda la cultura dell’elettrico, con cui dovremo presto o tardi fare i conti”.