Attualità
Tecnologia: ecco come sarà la moto di domani
Frenata autonoma d’emergenza, centraline intelligenti e airbag capaci di proteggere tutto il corpo: ecco come nel giro di pochi anni l’innovazione cambierà per sempre il mondo delle due ruote
Abs, controllo di trazione, elettronica di bordo e nulla più. A oggi, rispetto alle quattro ruote, il mondo delle moto è tecnologicamente all’età della pietra. E, dati alla mano, l’incidentalità è proporzionalmente molto elevata: nell’ultimo rapporto dell’European road safety observatory emerge come in Europa il tasso di fatalità per i motociclisti sia dell’8,2% per milione di abitanti, con il 17% del totale degli incidenti a coinvolgere guidatori e passeggeri di moto e scooter. Percentuali significative, il cui calo non è così marcato come si immaginava.
Proprio per ridurre il numero di decessi è nato il progetto Pioneers, sponsorizzato dalla Comunità europea. Solamente dalla fine dell’anno in avanti sapremo quali sono i risultati di questo sforzo collettivo, che ha visto coinvolte aziende del settore dell’abbigliamento tecnico, produttori di veicoli, colossi dell’elettronica e università. E al cui interno c’è molta Italia, da Ducati a Piaggio, passando per Dainese e Alpinestars, fino a Motoairbag. Intanto, Dueruote è in grado di svelare quali sono i cardini di questo progetto. Che se da un lato punta a ridurre del 25% il numero di morti in moto entro il 2025, dall’altro mira a sviluppare una serie di prodotti che, con grande probabilità, diventeranno parte integrante sia dell’abbigliamento dei motociclisti, sia delle dotazioni di serie dei mezzi che guideremo in un futuro nemmeno troppo lontano.
Cosa c’è tra il dire e il fare? Ci sono le logiche dell’industria e i rapporti di potere, senza dubbio. Ma è un dato di fatto che, con Pioneers, il comparto europeo delle due ruote ha fatto fronte comune rispetto ai colossi asiatici del settore. Ma che cosa ha prodotto questo progetto? Vediamolo insieme.
LA FRENATA DI EMERGENZA
Sono due le direttrici lungo le quali si è sviluppato il lavoro. La prima riguarda il lavoro “on body”, ossia mirato a proteggere il corpo del motociclista, mentre la seconda è “on vehicle”, che punta a migliorare la sicurezza attiva del motoveicolo. Ed è da qui che dobbiamo partire, perché nella moto del futuro sarà l’elettronica a farla da padrone. Il punto focale di questo lavoro di ricerca, infatti, passa dall’introduzione della frenata d’emergenza. Nelle parole di Giovanni Savino, professore associato del dipartimento di ingegneria industriale dell’Università di Firenze e padre putativo della frenata d’emergenza, si tratta di un dispositivo che interviene quando diventa fisicamente impossibile evitare lo scontro, ossia quando sia l’intervento umano non è più possibile né con una frenata né con una manovra di evasione”.
Oggi, a 12 anni di distanza dall’avvio del progetto e dopo un lunghissimo studio sulle dinamiche degli incidenti (dal quale è emerso come le cadute possono essere causate sia da un non intervento sui freni, sia da un intervento errato e poco efficiente del guidatore sulle leve), l’AEB (acronimo che sta per Autonomous Emergency Braking) è un sistema che, dal punto di vista dell’elettronica e del controllo, è praticamente pronto. Il sistema, collaudato con oltre 600 attivazioni sul campo, è stato montato sia su uno scooter (un Piaggio MP3) sia su una moto (una Ducati Multistrada) e ha dato prova, sia in situazioni di moto lineare, sia con la moto piegata, di potersi attivare senza rischi in un tempo variabile tra i 500 e i 600 millisecondi, a seconda della velocità di crociera e della dinamica del veicolo. “Si tratta di un sistema che ha dimostrato maggiore efficacia alle velocità medie e basse, ossia laddove c’è più bisogno di una frenata emergenziale di questo tipo. Si tratta di un limite di intervento davvero estremo, che il produttore può decidere di alzare per fare intervenire prima il sistema”, dice Savino. Il quale precisa anche come la filosofia dell’AEB è quella di intervenire per il più breve tempo possibile: in sostanza, se non c’è impatto, la frenata di emergenza si disattiva subito.
Ma qual è stata la risposta dei tester? “I risultati sono stati molto positivi - afferma Marco Pierini, professore del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’ateneo fiorentino - anche i soggetti che partivano con un pregiudizio negativo nei confronti della frenata di emergenza hanno dato un feedback positivo del suo funzionamento, dopo essere stati a bordo di veicoli equipaggiati con l’AEB e aver provato cosa significa trovarsi tra le mani una moto che frena da sola”. Insomma, è un dato di fatto che, nel giro di qualche anno, tale sigla diventerà qualcosa con la quale familiarizzare. E gli indizi in questo senso non sono pochi. Il primo è che Bosch, gigante nel settore dell’elettronica dei veicoli, è parte integrante del progetto Pioneers. Il secondo è da ricercare nella corsa, da parte delle Case, all’installazione di sistemi di detecting di bordo (si veda il caso dei radar che sono montati sulla nuova Ducati Multistrada V4) che andranno chiaramente a interagire con l’AEB.
LA CENTRALINA
L’evoluzione delle moto moderne punta sempre di più su centraline di bordo multitasking, in grado di controllare le emissioni nocive così come l’intera situazione del veicolo. Alcuni dei progetti pilota di Pioneers, infatti, si sono concentrati sulla necessità che fosse la centralina di bordo a controllare la dinamica di guidatore e passeggero. Basti pensare al funzionamento degli attuali airbag ad attivazione elettronica, basati su algoritmi proprietari progettati dalle singole aziende del settore, ognuno progettato secondo logiche differenti. Ebbene, in un prossimo futuro sarà la centralina stessa della moto (assieme alla piattaforma inerziale) a stabilire con quali modalità far detonare l’airbag delle persone che si trovano a bordo, sulla base della dinamica dell’impatto o della scivolata. Questo, se da un lato aumenta il peso specifico di chi produce l’elettronica nell’economia complessiva della costruzione di una moto, dall’altro permetterà una maggiore standardizzazione della sicurezza di bordo secondo logiche applicabili su larga scala. Magari giungendo a normative armonizzate che, almeno nel caso degli airbag elettronici, ancora mancano.
AIRBAG OVUNQUE
Come si capisce facilmente nella questione airbag, il collegamento tra sicurezza “on body” e “on board” è strettissimo. E, passando al capitolo airbag, cambierà in un futuro prossimo il modo di concepire questo dispositivo. Che sarà sempre più pervasivo e integrato nella vita del motociclista così come in quella del commuter. Nel progetto Pioneers, infatti, il coinvolgimento delle aziende del settore è sempre più marcato nella realizzazione di dispositivi più protettivi nella parte del torace. Nel giro di un paio d’anni vedremo airbag che si gonfieranno, oltre che sulla colonna vertebrale e sulla parte del torace, anche sul collo. E arriveranno anche le prime le protezioni (sia rigide sia gonfiabili) per le gambe e per il bacino. Recentissimi studi (come quello dei ricercatori australiani Tom Whyte e Julie Brown) insistono sulla necessità di lavorare su protezioni gonfiabili che tengano conto di zone finora mai considerate del corpo umano in caso di incidente, come il bacino: la regione pelvica, infatti, viene coinvolta ed è motivo di ospedalizzazione nel 13% degli incidenti in moto. Il passo successivo - e nemmeno troppo lontano - è un dispositivo gonfiabile tipo airbag che sia in grado di prevenire le conseguenze dell’impatto tra bacino e serbatoio. Le quali, già in un impatto a 20 km/h, sono severissime.
TROPPA SICUREZZA?
Al termine di questo excursus, resta però una domanda di fondo: non si rischia di dare troppa sicurezza al motociclista, chiedendo in cambio di rinunciare a una parte del piacere o del comfort di guida così come lo conosciamo oggi? La risposta di buon senso è senza dubbio “no”. Ma dobbiamo fare i conti con una realtà nella quale, come afferma il professor Marco Pierini, non mancano forti resistenze di fondo: “Una fetta consistente dei motociclisti guarda ancora con diffidenza a dispositivi elettronici ormai di larga diffusione come l’ABS, vedendo la loro presenza come una intrusione e una messa in discussione delle proprie capacità di guida”, afferma il docente. Ma l’obiettivo, non dimentichiamo, è nobile: si tratta di salvare la vita di tutti i motociclisti.
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