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Attualità

Smart working SOGNANDO l’Africa

Lorenzo Cascioli
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Quando un kit serbatoio aggiuntivo scatena la voglia di avventura e riaccende i ricordi di viaggio. Primi effetti del telelavoro...

Smart working. Alla mattina mi trema un po’ la mano mentre accendo la VPN, se parte al primo colpo bene, altrimenti poi fa le bizze. Come le moto di una volta, che se sbagliavi la prima pedata sul kick starter, poi si bagnava la candela. Ma la VPN è partita, e al primo colpo. Per chi non lo sapesse – lo spiego ai non tecnologici come me – è una specie di filo lunghissimo e invisibile che collega il portatile con il PC “vero” lasciato acceso in redazione. Là ci sono i server, ma anche i giornali, l’archivio, i caschi, le moto, tutte le cose materiali. VPN dunque, macchine accese. Il primo comunicato stampa della giornata che ricevo è giallo-blu. “Husqvarna Motorcycles è lieta di annunciare la disponibilità del kit serbatoio aggiuntivo, un corredo di elementi che una volta installati su qualunque Husqvarna 701 Enduro portano la capacità complessiva del serbatoio a 25 litri”.

Sognando l'Africa 

Bella storia, mi ricorda tanto l’epopea delle enduro degli Anni 80, che poi avrebbe scodato negli Anni 90. Se non avevi un serbatoio maggiorato, non eri nessuno. Nelle lunghe notti di inverno a immaginare viaggi in Africa, avevo imparato a memoria le capienze. Per qualche tempo fui proprietario di una BMW R 100 Paris-Dakar capace di portare 35 litri di benzina, che non era certo male. Ma io sognavo l’HPN da 43 litri adattabile a tutte le boxer 2 valvole. Ad esempio alla R 80 G/S Paris-Dakar, che di serie ne aveva soli 32. Sfogliavo cataloghi, leggevo libri in cerca della massima autonomia. Chris Scott nel suo “Desert Biking” scriveva di una monocilindrica jap, mi pare una delle varie versioni della Yamaha Ténéré 600: scriveva che il suo serbatoio da 24 litri era “nor meat nor fish”. Né carne, né pesce. Ed era vero, era una misura di mezzo non certo sufficiente per affrontare la Bidon 5, la grande pista che attraversava il Sahara. Sognavamo questi nomi misteriosi. Poi, un giorno, partimmo davvero per l’Africa. Il mio amico Daniele con una Honda XR 400 R con fantastico serbatoio Acerbis da 22 litri. Io, che nel frattempo avevo cambiato moto, con una BMW F 650 GS Dakar: 17 litri di serie sotto la sella, tanichetta da 5 inserita in una borsa morbida laterale. Il mono Rotax beveva poco e ci sembravano sufficienti. Certo che il giorno che sbagliammo pista per andare da Ksar Ghilane a Tatauine, i nostri bei serbatoi li svuotammo tutti, fino all’ultima ultima ultima goccia. Quando trovammo prima “le goudron”, l’asfalto, e poi “l’essence”, la benzina, facemmo festa come se fosse capodanno. Che bei ricordi. Scusate, forse è l’effetto di stare chiuso nella casetta di Milano in smart working. Mi sa che in questi giorni avrò anche tempo per mettere a posto le foto dei vecchi viaggi.
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