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Bosch: la moto intelligente sarà anche più divertente

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Bosch: la moto intelligente sarà anche più divertente
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Bosch: la moto intelligente sarà anche più divertente

L’azienda tedesca annuncia i primi sistemi di assistenza attiva alla guida per moto, che integreranno un radar di bordo. Ma intanto non rinuncia ad ampliare anche i limiti del divertimento di guida

"già al prossimo eicma potremo vedere gli aras, ossia i dispositivi di guida assistita, sulle prime moto"

È il momento del radar sulle moto. Qualche Casa ha già anticipato lo sviluppo, e Bosch ha mostrato a Eicma i risultati del lavoro di anni su questo dispositivo e le sue prime ricadute pratiche: l’Adaptive Cruise Control, che regola la velocità in base alla distanza del veicolo che precede; il Forward Collision Warning che allerta con un segnale sonoro o visivo in caso di rischio di tamponamento; e il Blind Spot Detection, che segnala la presenza di altri veicoli in prossimità della moto, anche nei punti ciechi. Tre funzionalità che segnano l’arrivo anche sulle due ruote dei sistemi di assistenza attiva, che si chiameranno ARAS (Advanced Rider Assistance Systems) e che per Bosch rappresentano anche l’inizio della seconda fase di un ambizioso programma di riduzione dell’incidentalità di moto e scooter, dove la prima prevede l’estensione di ABS e ABS cornering sulla gran parte delle due ruote circolanti e la terza l’arrivo della connettività tra veicoli, veicoli e infrastruttura e via dicendo. Su questi temi abbiamo fatto una chiacchierata con Geoff Liersch, il simpatico australiano a capo della business unit Two-Wheeler and Powersports del colosso tedesco. Ma la discussione, come vedrete, è andata molto oltre estendendosi alla MotoGP, all’India e al divertimento in moto. Partiamo anzi proprio da qui, chiedendo informazioni sul traction control di nuovo livello che ha debuttato sulle ultime Ducati Panigale V4 e che consente al pilota di governare il pattinamento. Un gingillo da MotoGP, di quelli che Liersch, un discreto smanettone, ama sviluppare accanto a quelli più ‘politically correct’.  
Geoff Liersch (Bosch)
Geoff, il futuro del Traction Control è il pattinamento controllato? “In parte sì, e non solo in trazione ma anche in frenata. Col nuovo sistema possiamo accettare una soglia di pattinamento pari al 10% (grossomodo è una misura di quanto la velocità periferica della ruota, ovvero del battistrada, differisce dalla velocità di avanzamento del veicolo, ndr). Bisogna tener presente che questo tipo di gestione può migliorare le prestazioni in accelerazione e frenata in maniera anche sensibile, ma aumenta inevitabilmente il consumo degli pneumatici, per cui pone nuovi problemi a diversi livelli. Più diventiamo bravi e sofisticati con questi controlli, più spostiamo in avanti il limite dinamico della moto, e più bisogna fare attenzione. E più bisogna essere integrati, perché accettare una quota di pattinamento delle gomme ad esempio in curva richiede che le sospensioni reagiscano in maniera congruente, altrimenti si rischiano disastri. Questi sistemi devono lavorare insieme. Detto questo, già al livello attuale il controllo che si ha su una situazione critica come lo sliding, normalmente alla portata solo dei piloti di livello avanzato, è impressionante”. Sarà un’istigazione a delinquere… “Al contrario, questa tecnologia ha anche una valenza didattica. Chi vuole imparare a guidare una Supermoto derapando, deve affrontare una fase di guida complicata. Per imparare a controllare la moto, probabilmente dovrà accettare di andare incontro a molti high-side. Un sistema di slip control come il nostro renderebbe più dolce la fine della derapata, rendendo questa fase di apprendimento più veloce e indolore. Ma in generale, per la maggior parte dei motociclisti la prima volta che si trovano ad affrontare una situazione imprevista è la prima volta che cadono. Per cui avere moto che ti permettono di imparare a gestire la moto in modo più semplice pensiamo avrà una forte valenza didattica: motociclisti più preparati saranno meno esposti agli incidenti”.  

"Più diventiamo bravi e sofisticati con questi controlli, più spostiamo in avanti il limite dinamico della moto, e più bisogna fare attenzione"

Purtroppo la distrazione ha ormai superato l’impreparazione come prima causa di incidente… “Per questo stiamo sviluppando tecnologie di assistenza alla guida come sulle auto. Quello degli ARAS è un mondo ancora nella sua infanzia, soprattutto sulle moto; ma già dalla prima generazione il radar consentirà di implementare il Cruise Control adattivo e il Forward Collision Warning. Per le generazioni successive vorremmo che la moto potesse frenare da sola in modo anche deciso, se necessario: questo è relativamente facile sulle auto, ma sulle moto se la forcella affonda e il pilota non se lo aspetta, può essere un problema serio. La nostra visione a lungo termine è quella di aumentare la decelerazione che la moto può raggiungere in autonomia, e capite perché ho detto che, quando spostiamo il limite, è indispensabile che tutti i sistemi di assistenza di bordo siano coordinati tra loro”. Questo significa che ci dev’essere un ‘cervello centrale’ che supervisiona il comportamento di tutto: motore, ABS, Traction Control, sospensioni e via dicendo. A oggi sembrerebbe che tra tutti i fornitori di tecnologia, pochissimi siano nella posizione di maneggiare tutte queste tecnologie – per non dire solo Bosch. Ad esempio voi non producete sospensioni per moto, ma avete in gamma un sistema di controllo per le sospensioni semiattive. Non c’è un pericolo di monopolio? “Non direi, ma se ci dev’essere un leader, ovviamente spero che sia Bosch! In realtà la concorrenza c’è sempre. Ci sono tante aziende che offrono tecnologie simili o alternative alla nostra. La ragione per cui Bosch si trova oggi nella posizione in cui si trova è proprio perché volevamo raggiungere obiettivi ambiziosi, e sapevamo che li avremmo raggiunti solo lavorando componente per componente e integrando l’insieme. Preferiamo ragionare in termini di sistema che di singolo elemento. Per esempio qualche anno fa abbiamo cominciato a ragionare su come consentire ai motociclisti di regolare in modo pratico i sistemi che mettevamo a disposizione, e ci siamo resi conto che non avevamo un’HMI e ci siamo messi a svilupparla. Ma ci mancava ancora un mattone fondamentale, il cruscotto: per cui abbiamo acquisito un’azienda che produceva pannelli TFT, ci abbiamo messo anni ad incorporare la tecnologia e integrare il tutto ma oggi possiamo offrire i sistemi che vedete, e di cui a EICMA abbiamo portato l’ultima evoluzione da 6,5” e senza cornice”. Quindi non vi sentite “troppo forti”. “No, ci sono diverse aziende sul nostro piano, anche se non necessariamente perseguono i nostri stessi obiettivi tecnologici e commerciali. Ma non ci vedo un grosso problema. Mettiamola così: nel mondo auto Bosch è leader nei sistemi di sicurezza da ormai molti anni. E il risultato qual è? Che se guardiamo alle statistiche di incidentalità e mortalità delle auto, c’è stata una riduzione costante e sostanziale grazie a tutte le tecnologie che abbiamo introdotto. Se guardiamo alle stesse statistiche in campo moto, purtroppo gli indici sono fermi da anni (quelli relativi alle moto sono ormai 20 volte maggiori rispetto alle auto, ndr). Questo significa che c’è bisogno di tecnologia, e che se vogliamo che le moto continuino ad essere socialmente accettate, qualcuno la deve portare. La nostra visione è questa: un mondo in cui un genitore o una fidanzata non vi scoraggiano dall’andare in moto perché è troppo pericoloso. Vogliamo realizzare un ‘ambiente di guida sicuro’ che avvicini gli standard di sicurezza delle due ruote a quelli del mondo auto; ma nello stesso tempo non vogliamo sacrificare il divertimento di guida. Su questo compromesso si gioca la partita del futuro”.  
Molti degli incidenti delle moto sono però dovute al fatto che le auto non le vedono, e di nuovo al tema della distrazione. “Ne siamo consapevoli. Un altro tema caldo è quello della connettività, e le sue funzionalità praticamente infinite. Nei prossimi anni vedrete come abbiamo in mente di organizzarle perché non distraggano chi guida: per questo ripensiamo di continuo le HMI e stiamo lavorando a funzionalità sempre più su misura per il motociclista. Ad esempio è inaccettabile che la navigazione debba ridursi a un cellulare infilato sotto il casco, cosa peraltro illegale in molti Paesi. Questo è quello che ci chiediamo ogni giorno: qual è il modo più sicuro di realizzare una funzionalità. Abbiamo un panel interno fatto da motociclisti, e se un sistema non raggiunge almeno il 90% di consensi non lo mettiamo in produzione. Altrimenti la cosa non funziona, come ci ha insegnato l’ABS che ci ha messo 20 anni per essere apprezzato”. Per fortuna oggi quella battaglia è ormai vinta. Qual è il prossimo trend tecnologico? “L’ACC è un miglioramento sostanziale, perché un Cruise Control passivo, se sei distratto, ti manda a sbattere contro l’ostacolo o il veicolo che ti ha rallentato davanti, mentre questa versione adattiva è in grado di rallentare. E appena lo fa, richiama naturalmente l’attenzione di chi guida sulla strada davanti a lui, per cui la suo efficacia è ben superiore alla semplice decelerazione che è in grado di fare da solo. Per essere un sistema di prima generazione, non è niente male. Poi abbiamo migliorato il ‘Blind Spot Detection’, la cui prossima generazione dovrà integrarsi con il ‘Forward Collision Warning’: questo per riuscire a decelerare nel modo che riduca al massimo il danno possibile in caso di tamponamento a catena. Spesso una moto decelera prima di un’auto, e il sistema potrebbe decidere di allungare un po’ lo spazio di frenata se davanti ha strada più libera per evitare di farsi tamponare. È una reazione che il motociclista già fa spontaneamente, ma che come sempre l’intelligenza artificiale potrebbe fare in modo più efficiente”. E dal punto di vista della connettività? “Il passaggio da una funzionalità all’altra sulle moto mi sembra ancora insoddisfacente rispetto a quello che vediamo sulle auto, dove si passa dal navigatore al telefono e alla radio in modo fluido e naturale. Penso che vedremo grandi sviluppi in questo senso, sempre per ridurre le distrazioni e rendere l’esperienza a bordo più piacevole”. Potrebbe. Ma ci avviciniamo al momento in cui i computer dovranno prendere decisioni ‘etiche’, tipo il dilemma dell’auto che deve decidere se per evitare la vecchietta sulle strisce deve sterzare e capottarsi mettendo in pericolo i suoi occupanti. “Sì, ma per fortuna quando la moto arriverà a quel momento probabilmente il mondo auto avrà già fissato la direzione e stabilito le regole. Di sicuro c’è una sfida interessante in termini sia tecnici che di accettabilità sociale. Intanto In India, nel primo anno di obbligatorietà dell’ABS, sono state convertite 5 o 6 milioni di moto, un numero enorme. Per fare quei numeri ci abbiamo messo 15 anni sommando Europa, USA e gli altri mercati occidentali. E la mortalità in moto nel mercato indiano è impressionante: 40 o 50.000 morti l’anno. Per cui riuscire a ridurla anche solo di qualche punto percentuale avrà un impatto enorme in termini di vite salvate”. Tornando all’Europa, quando vedremo i primi ARAS? “Verso fine 2020, probabilmente al prossimo EICMA. Diverse Case hanno già annunciato che lo monteranno (Ducati, KTM, Kawasaki), e non so chi arriverà per primo. Dopodiché vedrete che si diffonderà in fretta, come del resto anche le funzioni di connettività. Il tempo che la tecnologia ci mette a diffondersi dalla fascia premium a quella di ingresso si è ridotto drasticamente, per cui di fatto i progettisti iniziano a pensare a una versione entry-level di ogni novità fin da subito, senza derivarla dalla versione top come si è sempre fatto”.
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