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Genova, un anno dopo: che cosa è cambiato?

Marco Gentili
di Marco Gentili il 14/08/2019 in Attualità
Genova, un anno dopo: che cosa è cambiato?
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Il 14 agosto 2018 il crollo del Ponte Morandi, le polemiche, le tensioni tra Stato e concessionari autostradali. Cosa è successo in questi 365 giorni? E cosa succederà?

Adesso dall’autostrada non si vede più niente. E nemmeno da Sampierdarena o da Prà. Eppure, fino alla fine di giugno, i resti di ciò che era il Ponte Morandi rappresentavano non solo uno sfregio a Genova, ma una ferita alla viabilità nel nordovest. Era il ricordo di ciò che era successo esattamente un anno fa.

Il 14 agosto era una giornata di pioggia. Il Ponte Morandi improvvisamente incomincia a flettersi, gli stralli perdono elasticità, il viadotto crolla, portando via con sé 43 vite umane. Oggi, 365 giorni dopo, Genova guarda avanti: i moncherini del viadotto in calcestruzzo precompresso non ci sono più, il consorzio di imprese capeggiato da Fincantieri è alacremente all’opera per donare a Genova e all’Italia tutta una nuova opera, disegnata da Renzo Piano. Sarà il ponte della rinascita, perché non si può fare a meno di un’opera del genere.

 

Le resistenze dei concessionari

Da un anno a oggi che cosa è cambiato? A occhio nudo il panorama di Genova, senza quel ponte, non è più lo stesso. Eppure è cambiato moltissimo nei rapporti di forza tra Stato e concessionarie autostradali. La tragedia ha evidenziato infatti le manchevolezze a livello di controllo e manutenzione da parte della società che aveva in gestione quel tratto autostradale. E ha messo in luce come l’attuale sistema concessorio, in cui chi gestisce l’autostrada riscuote il pedaggio-gabella in cambio di investimenti oscuri e di lieve entità, non sta in piedi.

Lo Stato, l’ente concedente, ha fatto capire ad Autostrade per l’Italia e agli altri concessionari autostradali che le cose, così come sono, non possono andare avanti. Certo, sull’onda dell’emotività si è parlato spesso di caducazione, ovvero di revoca immediata delle concessioni, senza calcolare gli impatti economici che tale decisione avrebbe avuto. E senza considerare che difficilmente lo Stato non può farsi concessionario e manutentore in prima persona di una rete così vasta.

 

Lo Stato deve fare lo Stato, in questo ha ragione Toninelli. Lo Stato deve esigere che le proprie strade siano mantenute in una condizione di dignità e sicurezza. Non dimentichiamo che un anno fa sono morte 43 persone.

Il controllo di ponti e viadotti

Lo Stato si è messo a fare lo Stato”, ha detto il Ministro delle infrastrutture e trasporti Danilo Toninelli, parlando qualche giorno fa alla presentazione delle verifiche condotte sullo stato conservativo dei viadotti e sulle condizioni di sicurezza che hanno portato a elaborare nuove linee guida per la manutenzione. “È completamente cambiato il modello dei rapporti tra Stato e concessionarie, lo Stato è tornato a fare lo Stato. Prima che arrivasse il sottoscritto in questo ministero accadeva che il Mit non controllasse lo stato di salute, di tenuta infrastrutturale di quel viadotto, di quel pilone. Questo non accadrà più”.

 

Nuove regole, meno guadagni facili

Di sicuro, anche l’Autorità per la regolazione dei trasporti ha alzato la voce e stabilito regole chiare per tutti. La più importante è quella che fissa un tetto più basso per la remunerazione del capitale investito dai gestori. La remunerazione del capitale investito è una delle componenti con cui le convenzioni fissano gli aumenti che i gestori possono applicare per i pedaggi. Le nuove norme fissano al 7,09%. Una cifra di molto inferiore alla media di quanto previsti dalle convenzioni attuali, in cui in molti casi si supera anche il 10%. Un provvedimento di rottura, che ha scatenato le proteste di retroguardia di Aiscat (la potentissima lobby dei gestori della rete autostradale) e di Confindustria. La trattativa è appena all’inizio, la mediazione si annuncia lunga. Ma bisogna fare qualcosa. Lo Stato deve fare lo Stato, in questo ha ragione Toninelli. Lo Stato deve esigere che le proprie strade siano mantenute in una condizione di dignità e sicurezza. Non dimentichiamo che un anno fa sono morte 43 persone.

 

Foto Andrea Leoni/Getty Images
Foto Andrea Leoni/Getty Images
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