Attualità
Monopattino, un gioco da ragazzi
Sembra facile guidare uno di quegli aggeggi elettrici che spuntano come funghi nelle nostre città. Eppure chi scrive ha rischiato di spaccarsi la faccia a 5 chilometri all’ora
Per fortuna andavo piano e me la sono cavata con poco: qualche escoriazione alla mano, un ematoma al ginocchio sinistro, un jeans leggermente strappato. No, ma cosa avete capito? Non sono mica caduto in moto. Eh no, il mio incidente è avvenuto a bordo di un monopattino elettrico.
A mia parziale discolpa, devo dire che fino a un’ora prima del sinistro non ne avevo mai guidato uno. Però sono la moda del momento. A Milano ci sono anche degli operatori che li offrono in sharing. E tant’è, mi sono detto: se lo guidano tutti, ci voglio provare pure io. Dal momento dell’incidente (fortunatamente avvenuto lontano da occhi indiscreti e da ecclesiastici, altrimenti la vergogna per la caduta mi avrebbe perseguitato per tutta la vita, e le invocazioni sopra le righe alle divinità cattoliche mi avrebbero fruttato una scomunica a divinis) ho rivalutato tantissimo la capacità delle mie figlie di sfrecciare a bordo dei loro monopattini tradizionali. Le due vanno come schegge su qualunque superficie e non cadono quasi mai.
Quando succede, di solito le sgrido e dico loro di stare attente. Da oggi invece me ne starò zitto, perché io per primo ho rischiato di spaccarmi la faccia cadendo a 5 km/h per colpa di un piccolissimo scalino, un maledetto tombino sul marciapiede.
Un grosso rischio
Ho potuto sperimentare sulla mia pelle il rischio di questi oggetti, tanto glamour quanto insidiosi. Il monopattino elettrico che ho provato ha la ruota motrice anteriore, l’acceleratore comandato da un manettino sulla destra e il freno (sempre sulla ruota davanti) gestito da una levetta sulla sinistra. L’accelerazione è gestibile, si prende subito confidenza, anche se si ha la sensazione, più che di guidare un mezzo di trasporto anomalo, di essere trasportati in giro da un oggetto animato di vita propria. Il fatto è che la velocità di punta è sostenuta (dai 12 ai 24 all’ora, a seconda della mappa motore - se così si può chiamare - selezionata). Insomma, gestire il monopattino non è un gioco da ragazzi. Sulla strada pedonale, in un’area fieristica o sulla pista ciclabile bella liscia, tutto ok.
Il problema arriva sul pavè o quando incontri un tombino o una buca. Il ruotino anteriore si pianta e ti capotti in avanti in men che non si dica. E se riesci a mettere le mani avanti sei fortunato. Inoltre non hai nessun tipo di protezione.
Di recente ho letto che negli ospedali italiani c’è carenza di personale specializzato, a tal punto che le Asl hanno dovuto far tornare in servizio medici in pensione. Temo che la diffusione di questi mezzi di micromobilità urbana richiederà un ulteriore richiamo alle armi di ortopedici e maxillo-facciali in quiescenza.
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