Attualità
Intervista con Elio Marioni (Askoll), il genio dell'elettrico
Irriverente, vulcanico, senza peli sulla lingua: il patron dell’azienda vicentina ci spiega come intende diventare il più grande produttore europeo di scooter in assoluto
Piccola premessa: questa intervista (realizzata alla vigilia di EICMA) contiene un linguaggio politicamente scorretto, offese assortite a chi scrive e genialità a palate. Gli ingredienti ce li mette Elio Marioni, patron di Askoll. Askoll chi? Ma sì, quella che fornisce i mezzi allo scooter sharing di Milano, Roma e Torino, nonché il primo produttore di veicoli elettrici in Europa. Marioni a modo suo è un’autentica rockstar. Sta alla mobilità come Steve Jobs alla tecnologia, Charles Bukowski alla letteratura e Sid Vicious al punk rock. Lo si può amare o odiare. Di sicuro è uno che non lascia indifferenti. Ve la sentite di andare avanti? Il nostro consiglio è di proseguire...
Marioni, ci racconti qualcosa di lei.
“Sono nato a Pontremoli, in Lunigiana, 71 anni fa. Ho vissuto l’infanzia che auguro a qualunque bambino, in un posto isolato dal mondo, trascorrendo le estati a pescare trote nei fiumi. Poi nel Dopoguerra i miei genitori si sono trasferiti nel Vicentino. Io mi sono fatto tutto da solo, sa?”.
E come nasce Askoll?
“Nel 1978 decido di mettermi in proprio. Prima facevo l’imprenditore coi soldi degli altri, in una società della famiglia Zoppas. Il mio capo non accettava la mia idea di produrre termostati e fu così che mi sono messo in proprio”.
Ma lei non ha mai prodotto termostati.
“E invece sì. All’inizio non avevo molti soldi e l’unica cosa che sono riuscito a produrre, che avesse un basso impatto finanziario, era un piccolo termostato da inserire nelle vasche degli acquari. Poi da lì è iniziato tutto: sono passato a realizzare motori per acquari, poi motori elettrici per elettrodomestici”.
Fino a diventare uno dei leader del settore.
“La concorrenza cinese è fortissima, oggi sono rimasto l’unico produttore occidentale in questo mercato. Ma è lì che ho avuto un’illuminazione: usare il mio motore elettrico per produrre mezzi a emissioni zero. E poi soffrivo, perché il mio brand non lo conosceva nessuno. Aadesso faccio oggetti che portano il marchio Askoll”.
Askoll: cosa significa?
“È un nome di pura fantasia. All’inizio ho pensato a una parola che si pronunciasse allo stesso modo in tutto il mondo e che non fosse una parolaccia in qualche lingua. Lo sa che c’è un’azienda giapponese che si chiama Coito? Con che coraggio potrebbe venire a vendere i propri prodotti in Italia?”.
Torniamo al suo debutto nella mobilità elettrica.
“Abbiamo fatto delle ricerche di mercato, intuito che c’erano delle potenzialità in questo settore e abbiamo assunto degli specialisti, attingendo dal bacino di Aprilia. Ma soprattutto abbiamo ricollocato le risorse interne dei nostri ingegneri. Che è un po’ come dire: da domani mattina con la nostra squadra di calcio giochiamo a pallanuoto”.
Com’è stato recepito in azienda questo cambiamento?
“Malissimo. Mi guardavano come se fossi pazzo. Qualcuno mi voleva mettere la camicia di forza! Ma vede, il mio pensiero è: la calma è l’origine della morte. Se lei in un’azienda non movimenta in modo violento i tempi in cui si è instaurato un equilibrio, per far sì che il sistema reagisca, il business svanisce. Io non me ne faccio nulla di impiegati seduti alla scrivania, sicuri del proprio stipendio”.
Passando all’attualità, cosa dobbiamo aspettarci da Askoll a EICMA?
“I saloni sono delle porcate assolute. Sono luoghi dove si va a mostrare ciò che non si ha, e questo è contro a tutte le regole del marketing che ho imparato nella vita. Sono vetrine fasulle dove non c’è niente di attrattivo eccetto quello che non c’è. Io sono totalmente contrario ma loro (dice indicando Gianfranco Nanni, il marketing manager di Askoll, che inizia a sudare freddo; ndr) dicono che non è così... con tutta l’informazione e la comunicazione che ci sono adesso. Di fatto è il salone che diventa business. Adesso però mi faccia una domanda intelligente”.
Gliene faccio una cattiva. Perché tre anni fa avete iniziato l’attività con lo scooter elettrico eS1, che ha il limite di poter portare una sola persona?
“Vede, anche lei è codificato in un certo modo. Se lo faccia dire, lei capisce molto poco di questa roba qua, pur lavorandoci dentro”.
Mah, veramente...
“Secondo lei, perché lo abbiamo fatto monoposto?”
"GLI SCOOTER ELETTRICI? all'inizio in azienda mi prendevano per pazzo, volevano mettermi la camicia di forza"
Non saprei.
“Allora le spiego. Ci sono ragioni di tipo tecnologico e applicativo. A cosa serve questo affare? Già non assomiglia al pinguino canonico”.
Il pinguino?
“Ma sì, tutti gli scooter sono uguali, si assomigliano. Sembrano dei pinguini, tutti con quel becco davanti. Quando abbiamo iniziato a produrre scooter ci siamo detti che non saremmo mai stati come gli altri. Noi volevamo essere diversi anche per posizionamento, con un eccellente rapporto qualità-prezzo. Ed è per questo che mi viene da ridere se penso alla Vespa Elettrica: è un accrocchio senza senso con un prezzo di listino esagerato. È evidente che Piaggio l’ha messa in produzione tanto per avere un veicolo elettrico in gamma, non certo per venderla, a più di 6mila euro, via internet e senza farla nemmeno provare ai clienti. E le dirò di più: ci hanno pure scimmiottato il claim, che ho coniato io. Il nostro è ‘I am electric’, il loro invece ‘I am the power’ ”.
Però la Vespa è anche uno status symbol.
“E allora mi compro un rasoio di marca o un’aspirapolvere, che spendo di meno! I nostri oggetti devono avere una funzione d’uso. Perché abbiamo deciso di produrre ciclomotori elettrici? I nostri mezzi non sono certo pensati per andare al mare nel week-end, e nemmeno per rimpolpare le corsie di ospedale di motociclisti con le ossa rotte”.
Si spieghi meglio.
“Oggi c’è qualche genitore che compra ancora lo scooter al proprio figlio? No! E perché? Perché vanno troppo forte, hanno paura a metterli in mano ai giovani. Noi produciamo mezzi di trasporto individuale leggeri e ad alimentazione elettrica, pensati principalmente per i posti dove non si può circolare con l’auto e per muoversi rapidamente nella città, che ormai sono dei parcheggi a cielo aperto. Poi correggere il pensiero dominante è altra cosa. Per andare incontro al gusto comune abbiamo fatto lo scooter biposto, il biposto più veloce e in futuro faremo lo scooter più grosso. E poi arriverà il momento tanto atteso, quando tutti gli scooter endotermici andranno in pensione. Per noi si aprirà una prateria”.
Mi scusi, ha detto che in futuro produrrete uno scooter più grosso?
“Vede, lei è ancora interessato a quello che non c’è! Se insiste però glielo dico: a EICMA portiamo la versione di uno scooter equivalente a un 125-150 cc, con forme differenti da quelli attuali, che sarà il capostipite di una nuova famiglia di mezzi. Massimo 100 chili di peso. Non faremo mai un mezzo più grosso. E sa perché?”
Me lo dica lei.
“Ha presente Tesla? La mobilità elettrica per l’auto è una gran presa per il culo. E lo scriva, se no mi offendo”.
Io lo scrivo, ma lei me lo spiega bene.
“L’elettrico ha una ragione d’essere con mezzi dal peso contenuto e dalle autonomie ragionevoli, e può diffondersi solo se i prezzi sono accessibili e la batteria ha una durata eterna. Quanti hanno i soldi e le colonnine di ricarica vicino a casa per comprare una Tesla? Lo scooter invece è un traguardo fattibile, le tecnologie ci sono già”.
"la vespa elettrica? un accrocchio con un prezzo di listino esagerato"
Cosa frena la diffusione dell’elettrico?
“Solamente l’ignoranza. Eppure anche noi stiamo arrivando al consumatore finale. E sa come? Attraverso lo scooter sharing e con il professional”.
Come si spiega il boom dello sharing elettrico?
“Perché il prodotto per fare quel tipo di attività è adatto allo scopo. E noi lo abbiamo. Adesso inizia a capire?”.
Quindi come valuta il progetto elettrico di BMW?
“Troppo pesante per la mobilità urbana e troppo costoso. La leggerezza è il fattore chiave del successo di uno scooter elettrico. Oltre un certo peso, la ricarica e le batterie sono troppo penalizzate”.
Come pensa di arrivare ai clienti finali col “professional”?
“Le poste austriache, aziende italiane di food delivery, operatori privati di posta... sono moltissimi i soggetti che usano i nostri mezzi. E lo sa perché? Perché non costano e non hanno manutenzione. E le aziende stanno sempre più attente ai costi. Lo scooter circola in strada, la gente si incuriosisce, il nome Askoll inizia a girare. Per noi l’obiettivo è il consumatore finale”.
Marioni, oltre all’eS3 cosa c’è nel futuro della sua azienda?
“Ci saranno un eS4, un eS5, un eS22... io ho in testa un progetto chiaro: voglio diventare il più grande produttore di scooter in Europa, e non solo di elettrici, ma in assoluto. Il passo è breve. Dobbiamo diffondere il messaggio e fare opera di convincimento. Ha capito cosa voglio fare? Dalla sua faccia non direi mica tanto”.
Sembro stupido, ma è solo un’impressione, si fidi.
“Lei sa qual è la velocità media assoluta del parco auto europeo? 16,7 km/h. Sì, ha capito bene. Ora io nella mia vita ho avuto 12 Ferrari e 8 Porsche, capisce quanto sono stato cogl...ne? Ho speso milioni per andare alla stessa velocità di una bici a pedalata assistita (ride; ndr)! E a questo proposito le voglio far vedere che idea ho avuto”.
"l'elettrico per le moto è già maturo, almeno nei contesti urbani. è prenato solo dall'ignoranza e dai pregiudizi"
Marioni ci prende da parte e ci mostra dei bozzetti. SI tratta di una bicicletta a pedalata assistita che, nel giro dei primi mesi del prossimo anno, sarà diffusa nelle città di Vicenza e Milano come progetto pilota.
Marioni, cosa vuole fare con questa bicicletta?
“Confido che la diffusione dello sharing porti alla diffusione e all’accettazione dell’elettrico nella mentalità comune. Lo sa come si farà a usare queste biciclette in condivisione?”
No, me lo dica.
“Noi venderemo assieme all’abbonamento una batteria, piccola come uno smartphone. Sarà una power bank, che uno può ricaricare a casa propria o in ufficio, e che servirà da chiave per prendere e lasciare le bici negli stalli. Capisce? Facciamo la rivoluzione con la bici elettrica. E noi, come per gli scooter, produciamo tutto: le batterie, i mezzi, i motori. Le pare intelligente la cosa?”.
L’idea è davvero intrigante. Immagino che la Borsa apprezzerà moltissimo la visione, visto che siete quotati dallo scorso luglio sul mercato AIM.
“Ma a me di queste cose non frega nulla. Io voglio parlare di idee e progetti. Ne parli coi miei ragazzi! E inoltre ho il vecchio pallino del quadriciclo elettrico (il concept venne esposto due anni fa in EICMA; ndr), ma i miei manager non vogliono che ne parli. Io però lo faccio, prima o poi”.
Come vede la micromobilità che si sta diffondendo senza regole nelle nostre città, dall’hoverboard ai monoruota fino ai monopattini elettrici?
“Io la vedo bene la signora della mia età che va a schiantarsi a bordo del monopattino elettrico contro un lampione o salta giù dal marciapiede (ride; ndr). Lasciamo perdere, dai!”.
Uno dei motivi che tiene lontani i motociclisti dalla mobilità elettrica è l’assenza di rumore.
“E che problema c’è? Se lo vogliono, noi glielo mettiamo finto, così diamo loro soddisfazione. Lo fa già Jaguar sui suoi SUV, lo possiamo fare anche noi”.