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Attualità

A tu per tu con Andrea Dell’Orto: cosa ci aspetta a EICMA 2018

Marco Gentili
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Intervista al presidente dei costruttori di moto e della società che organizza il Salone di Milano: "Sarà una grande festa, sempre più vicina al pubblico". Con cui abbiamo parlato anche di patenti, giovani, assicurazioni: una chiacchierata tutta da leggere

A tu per tu con Andrea Dell’Orto: cosa ci aspetta a EICMA 2018
A tu per tu con Andrea Dell’Orto: cosa ci aspetta a EICMA 2018
A tu per tu con Andrea Dell’Orto: cosa ci aspetta a EICMA 2018
A tu per tu con Andrea Dell’Orto: cosa ci aspetta a EICMA 2018
Come un anno può cambiare la vita. Nel dicembre 2017 l’elezione a presidente di ANCMA, la Confindustria delle moto. Pochi mesi fa, a giugno, arriva la poltrona più importante di EICMA, società che organizza il Salone internazionale della moto di Milano. Per Andrea Dell’Orto, vicepresidente dell’azienda di famiglia che produce sistemi di iniezione e carburazione, è il momento di tracciare un primo bilancio della sua attività istituzionale, alla vigilia dell’appuntamento più atteso dagli appassionati delle due ruote.  
Dell’Orto, perché i numeri di EICMA sono così buoni, mentre la fiera di Colonia viene disertata dalle case costruttrici? “Perché abbiamo un’identità forte, chiara. Il nostro mercato è ormai il più importante d’Europa a livello numerico, e le Case italiane e straniere ci seguono con partecipazione. Forse altri appuntamenti hanno avuto una linea discontinua e sono stati penalizzati dalla cadenza biennale”. Che cosa possiamo aspettarci da EICMA 2018? “Avremo sei padiglioni occupati, oltre 100mila metri quadrati di esposizione con la partecipazione di tutte le case produttrici, per un totale di 1.100 brand. E avremo una presenza di espositori esteri molto significativa, superiore al 50%. Una cosa che ci fa molto piacere è la quota del 15% di espositori che sono new entry oppure soggetti che ritornano in Fiera. L’attenzione nei confronti della mobilità elettrica e sostenibile raddoppia lo spazio rispetto allo scorso anno, grazie anche all’impatto delle e-bike. E non mancheranno gli spazi esterni dedicati al Motolive e ai test ride. Infine, ampliamo gli spazi del Temporary bikers shop e un’area dedicata alle start-up”.  
Ci saranno delle novità? “Il Salone vuole essere sempre più vicino alla gente, anche al di fuori degli spazi della fiera, per cercare di coinvolgere il mondo dei giovani. L’inaugurazione, diversamente da quanto accade di solito, non sarà solo un momento istituzionale ma anche di spettacolo. Gli eventi del fuorisalone, inoltre, sono talmente tanti che mi è difficile descriverli uno a uno. E la vera novità riguarda il premio che verrà dato allo stand più bello del salone. Questi nuovi awards culmineranno nella serata di sabato 10 novembre all’Alcatraz, aperto a pubblico ed espositori, che abbiamo battezzato EICMAland”.   Ormai EICMA è rimasto l’unico appuntamento italiano di rilievo internazionale nel mondo dei motori. Non avete pensato di potenziarlo, sfruttando le recenti sinergie tra la Fiera di Milano e quella di Bologna? “La connotazione di EICMA è e sarà sempre milanese. Il capoluogo lombardo è una delle città più importanti a livello mondiale, non vedo il motivo per cui dovremmo allontanarci dalla nostra sede storica. Se mai possiamo valutare sinergie a livello internazionale, ad esempio per collaborare con mercati emergenti, in particolar modo l’India. Su questo versante, la fiera biennale di Auto Expo potrebbe essere un target interessante per EICMA”.   Come immagina l’EICMA del futuro? “Penso a un Salone sempre più orientato alla mobilità elettrica. Basta vedere quello che sta succedendo nelle nostre città con lo scooter sharing, ormai dominato dai mezzi alimentati a batteria. È una tendenza che sarà sempre più marcata. E poi puntiamo a far vivere la città all’interno della Fiera, con sempre più iniziative che si svolgono al di fuori dei padiglioni”.  

il successo di eicma? il mercato italiano è il più importante d'europa. e le case moto ci seguono in massa

—Andrea Dell'Orto,

La moto e i giovani

Basta questo a far tornare ai giovani la voglia di moto? I dati sui cinquantini sono scoraggianti… “Da qualche anno il cinquantino non è più l’oggetto del desiderio delle nuove generazioni, è un dato di fatto. È necessario invertire questa tendenza iniziando un lavoro approfondito nelle scuole, promuovendo l’educazione alla moto, assieme ai ragazzi e ai genitori”. E chi dovrebbe fare questo lavoro? “Attraverso le nostre aziende associate siamo disposti a fare la nostra parte sul fronte della formazione, in accordo col Ministero dell’istruzione. Ma dev’essere il Governo a dare l’impulso, anche perché entrare nelle scuole non è certo facile”.   Certo, per un giovane è piuttosto scoraggiante prendere la patente quando i costi per le assicurazioni sono proibitivi per i mezzi di piccola cilindrata. “I dati la dicono lunga: le polizze per le due ruote sono più care anche dell’80% rispetto agli altri Paesi, per colpa anche del meccanismo dei risarcimenti che non funziona come dovrebbe. E poi bisognerebbe trovare un modo per abbattere i premi in funzione della sicurezza. Mi spiego meglio: un motociclista che guida indossando dispositivi come paraschiena o abbigliamento certificato, oppure usa una black box che ne monitori i comportamenti di guida, dovrebbe poter beneficiare di scontistiche particolari”.  

Bisogna trovare un modo per abbassare i premi in funzione della sicurezza, premiando chi usa paraschiena o altri dispositivi

—Andrea Dell'Orto sulle assicurazioni,

"Più sicurezza per tutti"

Di tutti i 10 punti nell’agenda di ANCMA, quali sono quelli davvero irrinunciabili? “La condizione tremenda in cui versano le strade, argomento emerso in tutta la sua drammaticità con la tragedia di Genova, è sicuramente in testa ai nostri pensieri. Servirebbe un piano nazionale di manutenzione infrastrutturale, per renderle più sicure per le due ruote e con meno buche. In secondo luogo vogliamo condurre in porto il decreto ministeriale sui guardrail salvamotociclisti, cui manca solo la firma del ministro. Infine, vorremmo potenziare l’accesso alle corsie preferenziali per le moto, come mezzo per snellire il traffico urbano”.   Al momento l’elettrico sembra un po’ una terra di nessuno, dove le poche regole vengono spesso aggirate. “Noi infatti ci battiamo per regolamentare tutta quella parte crescente di micromobilità, dal monopattino elettrico all’hoverboard passando per le bici a pedalata assistita, dove alcuni importatori giocano a fare i furbi. È facile trovare mezzi troppo veloci rispetto a quanto prescrive la legge, o bici elettriche che vanno più forte di alcuni ciclomotori”.   Non crede che la mobilità elettrica, vissuta al di fuori dello sharing, sia ancora una sorta di utopia, lontana dai reali bisogni dei motociclisti? “Ancora oggi l’elettrico sconta il problema dei costi elevati di accesso, dell’autonomia e della mancanza di infrastrutture di ricarica. E soprattutto per quel che riguarda la moto, la questione di avere mezzi che non fanno rumore è un grosso problema, per un pubblico come il nostro che vive di passione. Eppure la penetrazione dell’elettrico sul parco circolante moto è dell’1%, in proporzione superiore alla percentuale di auto elettriche sul totale dei mezzi a quattro ruote. Fatto sta che l’elettrico è una tendenza irreversibile del mercato, i produttori non possono non investire in questa direzione”.  

La situazione dell'industria italiana

Come si spiega il clamoroso risveglio delle moto enduro specialistiche, che anno su anno crescono del 37%? “Pur partendo da numeri bassi, è un settore che viene spinto dalla passione dei più giovani. Dal mio osservatorio di produttore di sistemi di iniezione e carburazione, vedo i numeri sempre crescenti che fa KTM con le sue off-road a iniezione. C’è molto da lavorare per tutelare un mercato che continua a fare benissimo, anche perché l’enduro rischia di rimanere ‘strozzato’ dal passaggio all’Euro5”. A proposito di limitazioni, per conseguire tutte le patenti di tipo A, dal cinquantino alla moto, i costi sono ancora elevatissimi: si parla di un migliaio di euro. SI può fare qualcosa per uscire da questa situazione? “È molto difficile, a dire il vero. Però si potrebbe tornare a una patente B omnibus, ossia valida anche come A, proprio com’era fino a qualche anno fa. E magari intervenire per ridurre o abbattere la quota di imposte statali che gravano sul portafogli di chi vuole conseguire le licenze di guida A”.   Le propongo una riflessione: l’Italia è il maggior mercato di moto in Europa, eppure - fatta eccezione per Piaggio - la testa o la proprietà delle aziende costruttrici ormai è all’estero. Non è un controsenso? “È un discorso giusto, ma non riguarda solo il mondo delle due ruote. In Italia è mancata negli anni una politica industriale che aiutasse le imprese, e questo ha fatto sì che perdessimo le grandi aziende. Certi treni li abbiamo persi in passato, e sono difficili da far tornare. Purtroppo devo constatare che anche con questo nuovo governo la musica non è cambiata. D’altro canto abbiamo uno zoccolo duro di medie e grandi imprese che sono fortissime su componentistica e accessori. Sono queste le realtà che trainano la manifattura del Paese. Penso a un colosso come Brembo, campione del made in Italy e concentrato di tecnologia, che fa più di due miliardi di fatturato. È da questi esempi virtuosi che dobbiamo ripartire”.  

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