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Via le ombrelline dalla F1. E se toccasse anche alle moto?

Marco Gentili il 01/02/2018 in Attualità

L'ipocrisia imperante vestita da buonismo ha portato all'abolizione delle umbrella girl dalla Formula 1. Una decisione inutile (se non controproducente) presa da un gruppo di uomini, che ha stabilito come le donne possono e devono disporre del proprio corpo. Ma che rischia di estendersi anche agli altri sport motoristici

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L’altra metà del cielo, per gli amanti dei motori, è il mondo – decisamente più dorato – della Formula 1. Per chi non lo seguisse, dal gennaio 2017 il Formula One Group, il consorzio di aziende che gestisce il circus delle quattro ruote, è stato rilevato dall’americano Liberty Media Group. Che ha stabilito (non proprio a sorpresa, visto che se ne parlava da qualche mese) di abolire le grid girl con effetto immediato. “Questa pratica è in disaccordo con le regole di base della società moderna”, hanno detto i vertici della compagnia statunitense. Che, sulla scorta dell’ondata mediatica seguita alla campagna social #metoo, allo scoppio dello scandalo sessuale che ha coinvolto il produttore cinematografico Harvey Weinstein e alla rinnovata attenzione nei confronti dei diritti delle donne, ha deciso di inserirsi nel filone del politically correct e dell’ipocrisia imperante vestita da buonismo.

Un cambio di paradigma che, al momento, non è stato recepito nel mondo delle due ruote dal Motomondiale alla SBK. E per fortuna, diciamo noi. La Dorna, su questo punto, è più tradizionalista: non a caso si è opposta fermamente alla richiesta della municipalità spagnola di Jerez de la Frontera di cancellare le ombrelline dal GP locale.

Un gesto vuoto e poco utile

Le ombrelline offendono, mercificano, sviliscono il ruolo della donna? No di certo. Più semplicemente, sono parte dello spettacolo, del Gran Premio come celebrazione pagana della passione per i motori. Sono, più semplicemente, ragazze come le altre (di sicuro graziate da madre natura con un bell’aspetto) che frequentano l’universo delle due ruote in cerca di visibilità. E, in qualche caso, dell’amore della vita: nella storia del Motomondiale, tanto per fare un esempio, niente come il paddock ha funzionato bene come agenzia matrimoniale.

Di certo, i diritti delle donne non si difendono con gesti simbolici e vuoti come quello messo in essere da Liberty Media. Se mai, è necessario un cambiamento culturale ed educativo che parte dal basso, in primo luogo dalla famiglia. E l’emancipazione non passa certo dalla decisione presa da un gruppo di maschi, che stabiliscono come le donne possono e devono disporre del proprio corpo.

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