Dopo 17 anni è arrivato il momento di aggiornarsi. Non stiamo parlando di un nuovo modello di moto, ma di una cosa forse più importante per motociclisti e scooteristi, ovvero la ECE 22.05. Questa sigla esoterica nasconde la normativa che disciplina l'omologazione dei caschi da moto. Entrata in vigore nel giugno 2000, nonostante i successivi emendamenti e la validità dei criteri di fondo, è arrivata fino ai giorni nostri.
Adesso però è il momento di passare alla ECE 22.06. A dicembre 2017 il GRSP (Global Road Safety Partnership, il gruppo sulla sicurezza passiva con sede a Ginevra, che fa capo all'Onu) ha iniziato in modo informale il processo di stesura della norma. Un iter che in gran parte è già definito e ben instradato e che deve solo essere formalizzato. Tant'è che la ECE 22.06, potrebbe anche essere resa esecutiva prima della data prevista, fissata ai primi mesi del 2020. Per ricostruire come sarà la futura normativa abbiamo interpellato Gianluca Solani, l'esperto che rappresenta Ancma (l'associazione italiana del ciclo, motociclo e accessori) all'interno del gruppo internazionale.
Grazie al suo contributo, possiamo già oggi tracciare un quadro preciso di cosa il nuovo standard prevederà. Ma prima di iniziare, facciamo un piccolo passo indietro.
Cos’è l'ECE
L'ECE è lo standard che si prefigge di armonizzare le differenti normative nazionali in modo da avere caschi che, in un mondo sempre più globalizzato, rispondano ai medesimi requisiti di sicurezza nei vari mercati in cui sono venduti. La prima ECE (22.02) risale al 1986 (quando in Italia il casco diventò obbligatorio, lasciando comunque ai maggiorenni la scelta di non indossarlo alla guida dei ciclomotori), mentre l'ultima e più aggiornata normativa, la 22.05, risale a 17 anni fa. In quello stesso momento, nel 2000, nel nostro Paese entrò in vigore l'obbligo del casco per tutti anche sui ciclomotori. Allora era una normativa all'avanguardia: ha portato a 275 g di accelerazione il limite nelle prove di impatto con l'incudine piatta e quella appuntita (il kerbstone) e prevedeva le prove sulle sporgenze esterne al casco, fatto che ha rappresentato il primo approccio alla valutazione dell'accelerazione rotazionale. Adesso la norma (che nel frattempo è stata adottata da 62 Paesi in via ufficiale e da molti altri - come l'Argentina - in via ufficiosa) ha due tipi di necessità. In questi anni ci sono stati due Cost (gruppi di ricerca indipendenti finanziati dalla Comunità europea) nei quali si sono valutati sia le dinamiche degli impatti sia le casistiche degli incidenti a livello mondiale. E la tecnologia à andata avanti: nella 22.05, ad esempio, non erano previste prove specifiche per i caschi modulari, gli schermi parasole e i vari sistemi di comunicazione che negli ultimi anni hanno preso sempre più piede. Sulla base di questa indicazioni, nascerà una 22.06 migliorativa e che metterà sulle nostre teste caschi più sicuri.
Più punti di impatto
Nella ECE esiste una prova di qualificazione che individua i 5 punti di impatto dell'incudine sul casco (fronte, sommità, retro, laterale, mentoniera). Per rendere ancora più selettiva la prova, si aggiungeranno altri punti intermedi di impatto (4 o 6) sulle linee mediane rispetto ai punti attualmente usati per l'omologazione. Per rendere l'idea: nel corso del ciclo di omologazione vigente vengono testate circa 20 taglie differenti per ogni modello di casco. L'incudine piatta e il kerbstone (ciascuna di esse ha una superficie di impatto di 120 mm; ndr) vanno a sbattere sui punti designati. A questi la 22.06 aggiungerà un punto in più a campione, ciascuno diverso su ogni casco in omologazione. "Questo metterà a tacere chi sostiene la superiorità delle prove della fondazione americana Snell - dice Solani - il cui metodo privilegia dei punti scelti casualmente sopra la linea mediana del casco. La ECE sarà ancora più completa della Snell in quanto i punti di impatto su lato e mentoniera non vengono considerati dall'ente statunitense".
Alta e bassa intensità
Uno dei maggiori rilievi mossi dai Cost riguarda l'alta mortalità degli incidenti con impatti a bassa velocità. I caschi quindi dovranno sì essere ottimizzati per resistere ai picchi di energia dovuti ai grossi urti, ma dovranno avere sempre di più strutture capaci di assorbire colpi a minore intensità. Attualmente l'impatto di kerbstone e incudine piatta avviene in fase di omologazione da 7,5 metri di altezza (5,5 per la mentoniera) a una velocità di 7,5 m/s al punto di impatto. Nella ECE 22.06 saranno previsti impatti a 5,5 metri e a 8,5 m per verificare il comportamento del casco in uno spettro più ampio di situazioni.
La rotazione della testa
La vera rivoluzione della ECE 22.06 rispetto all'attuale riguarda il test di accelerazione rotazionale, ovvero l'indice che misura il danno riportato dal conducente quando il casco impatta in modo tangenziale su una sporgenza (come un marciapiede, ad esempio). "Ai tempi della vecchia normativa non c'erano i mezzi tecnologici per misurarla direttamente - dice Solani - per cui era sempre una misura ricavata e necessariamente imprecisa. D'ora in poi si misurerà in modo diretto grazie a false teste in magnesio dotate di grip per simulare l'effetto pelle, nove accelerometri e sensori di velocità angolare montati su di essa". Assieme ai test delle due incudini,i test di omologazione si arricchiranno di questo parametro per la valutazione di sicurezza.
Caschi P/J
Nella norma 22.05 il codice di omologazione P/J (che caratterizza i caschi che possono essere usati sia con mentoniera chiusa, sia aperta) non è previsto né normato. La ECE 22.06 dovrebbe uniformare la procedura di doppia omologazione a quella già adottata da alcune nazioni in cui le regole sono più restrittive, come l'Italia. Da noi, ad esempio, la norma recepita dal Ministero dei Trasporti prescrive che un casco P/J, quando è sottoposto ai cicli di prove di omologazione, deve restare sempre chiuso o sempre aperto rispettivamente quando viene sottoposto ai test da integrale o da jet.
Questioni aperte
La nuova ECE 22.06 dovrebbe poi normare il discorso dei dispositivi di intercomunicazione. Molte aziende già oggi vendono caschi predisposti per i dispositivi intercom "proprietari" o compatibili. Secondo lo spirito della norma di omologazione, tutte le sporgenze esterne non dovrebbero essere consentite. "È necessario - dice Solani - verificare sia la predisposizione dei caschi sia la possibilità di montare impianti esterni. In quest'ultimo caso, bisogna specificare come devono essere gli ancoraggi e gli alloggiamenti interni. Probabilmente, nella nuova norma, un impianto di intercom non interno avrà l'unica prescrizione di essere installato da personale qualificato". Restano aperte sul tavolo molte questioni: su tutte i criteri di rumorosità: "Non c'è un limite definito per la rumorosità interna del casco. Talvolta - dice Solani - i produttori dichiarano dei dati, ma nessuno dice come li ottiene. Nella norma bisognerà codificare le procedure per queste misurazioni, siano esse legate alla rumorosità o alla capacità di dissipare calore. E soprattutto punterà a mettere in evidenza questi nuovi parametri come dei plus rispetto all'omologazione base, per premiare i produttori di caschi che investono in ricerca e sviluppo".