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Attualità

Andrea Dell'Orto: a tu per tu col nuovo presidente di Ancma

Lo scorso ottobre abbiamo intervistato su Dueruote il vicepresidente esecutivo dell'azienda di famiglia, leader nella fabbricazione di carburatori, centraline e sistemi di iniezione, appena eletto presidente della Confindustria delle moto. Ecco com'era andata...

Andrea Dell'Orto. Foto di Marcello Mannoni
Andrea Dell'Orto. Foto di Marcello Mannoni
Andrea Dell'Orto. Foto di Marcello Mannoni
Andrea Dell'Orto. Foto di Marcello Mannoni
Andrea Dell'Orto. Foto di Marcello Mannoni
Lo scorso ottobre abbiamo intervistato su Dueruote Andrea Dell’Orto, 47 anni, vicepresidente esecutivo dell'azienda di famiglia, leader nella fabbricazione di carburatori, centraline e sistemi di iniezione. Conosciamo più da vicino il nuovo presidente di Confindustria ANCMA.

È ovunque. Dentro alle nostre moto, nel motore, nei condotti, negli impianti di scarico. Ma molti di noi non lo sanno. Eppure, senza le sue componenti e le sue centraline, il 95% dei marchi delle due ruote avrebbero grossi problemi a far marciare le loro creazioni. Stiamo parlando di Dellorto, uno dei marchi da esportazione più forti di cui dispone l'industria motoristica italiana. Oltre a essere il marchio tricolore più titolato del mondo delle moto, con 450 campionati mondiali vinti in tutte le categorie, dalla pista al fuoristrada.

Ingegner Dell'Orto, parlare di voi riporta all'età dell'oro della motorizzazione in Italia, al mondo dei motori a due tempi e dei vostri carburatori.
"Tra il 1995 e il 2000 producevamo circa 800mila carburatori all'anno solo per il mercato italiano. A quei tempi Minarelli, che era uno dei nostri principali committenti, faceva 600mila motori a due tempi all'anno. Per soddisfare le richieste di tutti facevamo il triplo turno in fabbrica".

Poi è arrivata l'iniezione elettronica a rompere le uova nel paniere.
"Più che altro è arrivata la crisi del 2008. Noi eravamo già pronti ad adattare la produzione alle nuove tecnologie".

Come avete fatto a superare la crisi e rilanciarvi?
"La nostra fortuna è stata quella di essere presenti anche sul mercato dell'auto, che ormai per noi vale il 60% del fatturato. Sul fronte delle due ruote, la chiave di volta è stata avere una presenza consolidata sul mercato indiano. Lì siamo presenti da 40 anni prima con la Spaco che aveva i nostri prodotti in licenza, poi direttamente. Nel 2012 infatti abbiamo aperto uno stabilimento produttivo a Pune, per soddisfare le esigenze del più grande mercato moto al mondo, che vale 18 milioni di pezzi all'anno".

Il mondo e la tecnologia però vanno avanti.
"Infatti siamo rimasti al passo coi tempi, anticipandoli. Oggi l'altra faccia della Dellorto è quella di un'industria 4.0, popolata da macchinari a controllo numerico interconnessi tra di loro. Da questi impianti escono corpi farfallati, sistemi di iniezione completi, centraline elettroniche che equipaggiano gran parte delle moto in circolazione. E anche oggi, sebbene non produciamo più tutta quella massa di carburatori, dobbiamo fare turni multipli per stare dietro agli ordini che ci arrivano dalle varie Case".

Tant'è che siete in cerca di dipendenti specializzati. E non li trovate.
"Tempo fa scrissi una lettera aperta al Corriere della Sera per far presente questa cosa. Il lavoro in Dellorto richiede ingegneri e figure di alto livello, ma soprattutto operai ad alta specializzazione, che sono diventati rarissimi. Mi piacerebbe far capire ai giovani che l'operaio, da noi, è una figura ad alto valore aggiunto, che deve gestire la complessità di macchine a controllo elettronico".

Chi sono i vostri maggiori clienti?
"In ordine di importanza BMW Motorrad, KTM e il gruppo Piaggio con tutti i suoi marchi, e poi Rotax e Bombardier. Ma siamo di fatto fornitori di quasi tutti i marchi in circolazione".

Manca qualcuno all'appello?
"Al momento Ducati. Quando sono entrato in azienda, circa 20 anni fa, si stava concludendo il nostro rapporto pluriennale di fornitura con Borgo Panigale. Il nostro obiettivo adesso è concretizzare i buoni rapporti che abbiamo mantenuto con loro. Tra l'altro Ducati ha aperto uno stabilimento per la produzione delle Scrambler in Thailandia. Tra quel paese e l'India, dove noi produciamo, non ci sono dazi doganali. Questo potrebbe essere un punto di partenza...".

Avete alcuni aspetti da multinazionale e altri che tradiscono le origini familiari dell'azienda. Come il fatto che qui a Cabiate, in provincia di Como, fate tutto in casa.
"Vero. Nel nostro stabilimento abbiamo la fonderia, la pressofusione, i trattamenti galvanici, l'assemblaggio e il reparto ricerca e sviluppo, che conta circa 60 addetti. È stata una scelta che ha pagato sul lungo periodo, anche quando i nostri rivali esternalizzavano certe funzioni".

Tant'è che avete un rapporto di collaborazione con i vostri "rivali" di Bosch.
"Per loro curiamo tutte quelle lavorazioni ad alta specializzazione, in piccola serie, destinati ai veicoli ad alte prestazioni. Noi abbiamo una struttura flessibile e possiamo fare pezzi quasi su misura".

Le competizioni motociclistiche sono da sempre nel vostro Dna.
"È grazie alle gare che siamo diventati l'azienda che vediamo oggi. Siamo fornitori di corpi farfallati per il team Aprilia in MotoGP, abbiamo una lunga esperienza in Superbike, ma la nostra sfida più grande è la Moto3, di cui siamo fornitori unici delle centraline elettroniche".

Cosa ha portato questa esperienza all'azienda?
"L'esperienza di fornitori ufficiali del Motomondiale ci ha permesso di sviluppare e mettere a punto alcuni software nella gestione del motore che poi possono essere applicati anche alle moto di produzione. Uno su tutti, il launch control, che dal mondo delle competizioni è stato applicato anche sulle moto che troviamo nei concessionari".

Il futuro nel mondo delle competizioni?
"Adesso abbiamo maturato le competenze per fornire l'elettronica a tutte le classi, MotoGP compresa".

Oggi cosa resta del carburatore?
"Il mercato è più vivo di quanto si possa pensare. Ogni anno produciamo 200mila pezzi destinati ai veicoli d'epoca e all'aftermarket, che è una voce importante soprattutto sul versante dell'offroad".

E del motore a due tempi?
"Molte case lo stanno riscoprendo, basti vedere la soluzione che KTM ha adottato sulla nuova gamma offroad. Si tratta di una specie di iniezione diretta semplificata, per cui abbiamo progettato i corpi farfallati. Dati i numerosi ordini che ci arrivano, posso dire che è stata una scelta che il pubblico apprezza. E poi il due tempi ha un fascino particolare. Lasci che le racconti un aneddoto".

Prego.
"Ho un figlio maschio di 16 anni che ha una moto a 2T. Da lui e dai suoi amici ricevo spesso dei messaggi di questo tenore: mi puoi procurare un carburatore da 16 e uno da 24? Questo dimostra che anche i giovani di oggi hanno la passione per la moto, in particolare per le specialistiche on-off. Finché ci sono ragazzi così, ci sarà sempre mercato per i 2T. E per i carburatori"

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