Attualità
L'equivoco del saluto tra motociclisti in città
Nelle città di oggi, congestionate da traffico, cantieri e automobilisti distratti dallo smartphone, non ha più senso perdere tempo e salutarsi tra colleghi motociclisti. Anzi, il saluto può nuocere gravemente alla salute...
La mano e l’avambraccio sporgono dalla silhouette della moto, l’indice e il medio affiancati sono protesi per completare quella che da anni è uno dei segni convenzionali del galateo motociclistico: il saluto.
Ebbene, so di andare controcorrente ma a me questa cosa del saluto sempre e comunque inizia a dare fastidio. Una riflessione che parte da una specie di illuminazione di qualche sera fa. Rincasando dalla redazione, incrocio su una strada urbana di lungo scorrimento e piuttosto trafficata un collega. Io, come molti motociclisti “cittadini”, ero decisamente indaffarato. Procedo a bassa velocità, tentando di sorpassare la fila di auto incolonnate. Devo districarmi tra un paio di cantieri che restringono la corsia, un appuntamento a cui devo andare, le auto che nell’altra corsia vanno a tutta velocità e mi sfrecciano a fianco. A un certo punto, il collega mi saluta. Mano sinistra fuori, in attesa di un gesto analogo da parte mia. Che non arriva.
La città è un posto abbastanza pericoloso per le due ruote, che permettersi di perdere tempo a salutare è un lusso non solo superfluo, ma che talvolta può essere pericoloso. Nei miei peggiori incubi c’è un ultraottantenne che sbuca da uno stop e mi centra in pieno, mentre io sono distratto da un altro motociclista che mi saluta.
Passi per il “saluto” sulle strade extraurbane del fine settimana, quando la moto è solo un modo per divertirsi e svagarsi, e non un semplice mezzo di trasporto adatto a evitare il traffico automobilistico. Ma durante la settimana, togliamoci da questo impaccio, da un retaggio vecchio e poco utile a cementare la fratellanza motociclistica. Io non saluto, almeno da lunedì a venerdì. Uso la moto per comodità, non per divertimento. In strada tutta la mia attenzione va al traffico, a scrutare i movimenti delle auto in circolazione, a prevedere le mosse schizofreniche dei moltissimi che guidano attaccati al proprio smartphone. Preferisco passare per cafone che ritrovarmi in ospedale.
Ebbene, so di andare controcorrente ma a me questa cosa del saluto sempre e comunque inizia a dare fastidio. Una riflessione che parte da una specie di illuminazione di qualche sera fa. Rincasando dalla redazione, incrocio su una strada urbana di lungo scorrimento e piuttosto trafficata un collega. Io, come molti motociclisti “cittadini”, ero decisamente indaffarato. Procedo a bassa velocità, tentando di sorpassare la fila di auto incolonnate. Devo districarmi tra un paio di cantieri che restringono la corsia, un appuntamento a cui devo andare, le auto che nell’altra corsia vanno a tutta velocità e mi sfrecciano a fianco. A un certo punto, il collega mi saluta. Mano sinistra fuori, in attesa di un gesto analogo da parte mia. Che non arriva.
La città è un posto abbastanza pericoloso per le due ruote, che permettersi di perdere tempo a salutare è un lusso non solo superfluo, ma che talvolta può essere pericoloso. Nei miei peggiori incubi c’è un ultraottantenne che sbuca da uno stop e mi centra in pieno, mentre io sono distratto da un altro motociclista che mi saluta.
Passi per il “saluto” sulle strade extraurbane del fine settimana, quando la moto è solo un modo per divertirsi e svagarsi, e non un semplice mezzo di trasporto adatto a evitare il traffico automobilistico. Ma durante la settimana, togliamoci da questo impaccio, da un retaggio vecchio e poco utile a cementare la fratellanza motociclistica. Io non saluto, almeno da lunedì a venerdì. Uso la moto per comodità, non per divertimento. In strada tutta la mia attenzione va al traffico, a scrutare i movimenti delle auto in circolazione, a prevedere le mosse schizofreniche dei moltissimi che guidano attaccati al proprio smartphone. Preferisco passare per cafone che ritrovarmi in ospedale.