Attualità
La nostra vita? In strada vale poco o nulla
Il recente caso di omicidio stradale che arriva dalla Val di Susa riporta pesantemente agli onori delle cronache la fragilità degli utenti delle due ruote, sempre più vittime e sempre più deboli
La nostra vita vale poco. Rassegniamoci all’idea. In strada siamo deboli, fragili, sempre più spesso vittime. Ogni giorno in moto si muore, per colpa di strade che sempre più spesso sono pericolose per gli utenti delle due ruote e di automobilisti che si divertono a giocare all’autoscontro.
La storia che arriva dalla Val di Susa spiega ancora una volta di più quanto basti poco, anzi pochissimo, per decidere del nostro destino. Una precedenza non rispettata, uno scatto d’ira fuori luogo (pare che il giovane centauro abbia colpito con un pugno il parabrezza del veicolo, reo di non averlo fatto passare), qualche parola di troppo e una reazione spropositata, con un Ford Transit guidato da un conducente smargiasso e ubriaco (come ha dimostrato il risultato dell’alcoltest) che insegue una moto nel traffico della Statale 24, la travolge di proposito e uccide Elisa Ferrero, 27 anni. Alla guida della Ktm c’era Matteo Penna, 29, fidanzato della povera ragazza, attualmente in gravissime condizioni al Cto di Torino.
“Io l’ho fatta, io pago” avrebbe detto Maurizio De Giulio, il 50enne investitore che si trova in carcere con l’accusa di omicidio stradale, inchiodato dalle ricostruzioni dei numerosi testimoni. Eh no, troppo facile dirlo adesso. Troppo facile fare il bulletto da strada quando sei al sicuro, tra le lamiere e i montanti del tuo veicolo, e te la prendi con una moto.
In attesa che la giustizia faccia il suo corso, resta una domanda senza risposta: perché? Era così necessario inseguire una moto nel traffico per vendicarsi di una precedenza non rispettata?
E infine una questione, ancora più inquietante: davvero le strade sono diventate una giungla invivibile per noi? L’unico modo che abbiamo noi motociclisti per sopravvivere è quello di piegare la testa e cedere ai soprusi del più forte, anche quando si ha ragione?
La storia che arriva dalla Val di Susa spiega ancora una volta di più quanto basti poco, anzi pochissimo, per decidere del nostro destino. Una precedenza non rispettata, uno scatto d’ira fuori luogo (pare che il giovane centauro abbia colpito con un pugno il parabrezza del veicolo, reo di non averlo fatto passare), qualche parola di troppo e una reazione spropositata, con un Ford Transit guidato da un conducente smargiasso e ubriaco (come ha dimostrato il risultato dell’alcoltest) che insegue una moto nel traffico della Statale 24, la travolge di proposito e uccide Elisa Ferrero, 27 anni. Alla guida della Ktm c’era Matteo Penna, 29, fidanzato della povera ragazza, attualmente in gravissime condizioni al Cto di Torino.
“Io l’ho fatta, io pago” avrebbe detto Maurizio De Giulio, il 50enne investitore che si trova in carcere con l’accusa di omicidio stradale, inchiodato dalle ricostruzioni dei numerosi testimoni. Eh no, troppo facile dirlo adesso. Troppo facile fare il bulletto da strada quando sei al sicuro, tra le lamiere e i montanti del tuo veicolo, e te la prendi con una moto.
In attesa che la giustizia faccia il suo corso, resta una domanda senza risposta: perché? Era così necessario inseguire una moto nel traffico per vendicarsi di una precedenza non rispettata?
E infine una questione, ancora più inquietante: davvero le strade sono diventate una giungla invivibile per noi? L’unico modo che abbiamo noi motociclisti per sopravvivere è quello di piegare la testa e cedere ai soprusi del più forte, anche quando si ha ragione?