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Attualità

Ho visto cose che voi umani...

di Riccardo Matesic
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Uno scatolone sotto la scrivania, vecchie foto. Ed ecco riemergere quella Ducati Pantah di 30 anni fa. E il ricordo di quella prima folle prova del motore in strada, sul Lungotevere di Roma. Altri tempi

L'uscita della curva Roma, ancora con le balle di paglia. Per andare forte bisognava sfiorarle in uscita
L'avventura di un gruppo di amici. Qualcuno però poi diventò un vero pilota
Ore 14 di un caldissimo pomeriggio di fine estate, di un anno che sarebbe imbarazzante specificare. Roma, Lungotevere, di fronte a Porta Portese. Poche macchine al semaforo. Sono forzati del volante, i condizionatori d’aria in auto non sono ancora diffusi.
Spingiamo la moto a motore spento dopo averla scaldata sul cavalletto, io per il manubrio, Marco, il meccanico, mi segue spingendo sul codone, con uno straccio in mano.
Non la teniamo accesa, è una moto da corsa di un’epoca nella quale per i quattro tempi non erano ancora previsti i silenziatori. 140 decibel di quelli buoni allo scarico, quando il Ducati 2 valvole arriva ai 9.500 giri.
Abbiamo passato serate e serate in officina, per adattare una moto stradale, per prepararla a questa avventura che sa di pazzia e che ha coinvolto un gruppo di almeno dieci persone: correre la 500 Km di Vallelunga. Siamo io e il copilota, un gommista, un meccanico, un po’ di amici.
Abbiamo aperto il motore e usando un po’ di pezzi raccattati qua e là, abbiamo fatto un collage. Un pezzo d’estate è passato così, con il flessibile in mano per lavorare le teste, le valvole speciali da montare, i pistoni ad alta compressione. I fasti del Supertwins devono ancora arrivare. Noi abbiamo inventato un motore preparato, bevendo caffè freddo e andando a prendere il gelato al Cafè du Parc, alla Piramide, all’1 del mattino, quando smettevamo, sporchi e sudati, ma allegri.
Tutta la combriccola degli amici sapeva che stavamo lavorando sul motore, così ogni tanto la sera qualcuno arrivava davanti all’officina e bussava sulla serranda semiabbassata, per vedere a che punto eravamo.
Ora è pronta. Ieri notte abbiamo chiuso il pompone e lo abbiamo fatto girare con una chiave infilata nel volano, tanto per il gusto di vedere che gira, che le valvole non urtano i pistoni, e che i calcoli che abbiamo fatto sono corretti.
Stamattina abbiamo messo il motore nel telaio e gli abbiamo fatto fare per la prima volta “brum brum”; mezz’ora fa, prima di andare a mangiare un panino al bar, da Toni, che a forza di vederci s’è appassionato di moto pure lui.
Funziona! Ragazzi, s’è acceso, fa il rumore giusto, cattivo tanto da aver fatto arrabbiare quelli che abitano intorno all’officina. Certo, il primo turno di prove a Vallelunga è solo domani, come facciamo? E se andiamo lì e non tiene? E se c’è qualcosa che abbiamo dimenticato, se la carburazione è palesemente sbagliata, se, se, se…
Mentre mangiamo il panino siamo entusiasmati, ma anche spaventati dalla possibilità di un insuccesso. Così ecco l’idea cretina della giornata, quella da raccontare ai nipotini: proviamola adesso, in strada, che male c’è? Il Lungotevere in questo tratto è ben pavimentato e sempre sgombro. Partiamo dal semaforo, si arriva al ponte prima dell’Isola Tiberina, si fa inversione senza semafori e si torna indietro dritti filati. E se tutto va bene facciamo anche la staccata della carburazione prima del semaforo.
"Mastic te la senti?" mi chiede Marco.
"Beh, -rispondo- non è la prima volta che proviamo una moto da corsa in strada. Però le altre volte eravamo come minimo in periferia, se non addirittura fuori città. Stavolta rischiamo che ci pizzichino".
"Vorrà dire che gli diciamo che sei un campione e gli fai un autografo!", risponde Marco ridendo.
Si, proprio un campione. Io...
Massì, che vuoi che siano un paio di marce messe sul rettilineo libero del Lungotevere a quest’ora, senza traffico.
Ed eccoci qui, fermi al semaforo sotto il sole, pronti ad accendere a spinta sotto gli occhi increduli di un po’ di automobilisti.
Verde. Marco spinge dalle staffe del telaio, per non rompere il codone. Il bicilindrico va in moto subito. Contagiri sul rosso, urlo, frizione lasciata un po’ bruscamente per l’emozione. Via! Cavolo, sono carico come una molla, quasi mi sento già in gara.
Prima, seconda, terza… le marce vanno dentro una dopo l’altra. Perfetta. Chiudo il gas e freno forte prima dell’Isola Tiberina, imbocco il ponte e cerco di andare via con un filo di gas, per fare meno rumore possibile.
Arrivo al semaforo e mi trovo affiancato da una macchina dei Carabinieri a sinistra e da una di Polizia in borghese a destra. Discutono fra loro su chi deve prendersi la mia patente.
Vincono i poliziotti, che mi scortano in officina. E iniziano i guai. Si parla di sequestro del veicolo, multe tremende che non saremo mai in grado di pagare… Figurarsi se volevamo un guaio come questo dopo esserci indebitati tanto per preparare la moto!
Poi vedono la passione nei nostri occhi, ci vedono disperati. Li invitiamo a Vallelunga alla domenica, per vedere la gara.
"Ragazzi, usate almeno la targa prova la prossima volta che dovete fare verifiche tecniche" dice un poliziotto.
È fatta! Stanno mollando! "Avete ragione, ma dopo un’estate passata a preparare la moto, non potevamo andare in pista senza sapere se il motore avrebbe tenuto o meno".
Altro che. Gli abbiamo fatto aprire l’ombrello per ripararsi dalle nostre lacrime! Una tiratona d’orecchie e vanno via.
Ci viene da ridere. L’abbiamo scampata bella!
Dai, andiamo al bar per un caffè freddo, che dobbiamo preparare la cassa degli attrezzi e dei ricambi da mettere in roulotte per domani, che ci trasferiamo in circuito.
Pacche sulle spalle un po’ da tutti quelli che ci hanno visto negli ultimi tempi. Verrà mezza Roma nel paddock con biglietti a nostre spese domenica; tutti gli amici che ci hanno sostenuto fino a oggi. Se la corsa andrà bene, poi, dovremo offrire tanti di quegli aperitivi…
Ed ecco il barista, con i due caffè freddi per noi: "alla vostra 'bambina' e alla corsa!".
"A proposito – continua il barista – ti ho contato quattro marce prima che chiudessi il gas, ma a quanto sei arrivato?".
Da qualche parte ho ancora scritti i rapporti e le velocità calcolate. Ma non è importante: si dovesse scoprire 30 anni dopo che il nostro motore non era neanche veloce.

P.S. La gara poi andò bene per i nostri standard da amatori alle prime armi. Chiudemmo fra gli ultimi, ma fummo secondi nella classifica della 600 TT2, la nostra classe. Secondi su quattro, con due ritirati. Dai, che trent'anni dopo la raccontiamo tutta!

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