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Attualità

Ma gli incidenti: ce li andiamo a cercare?

di Riccardo Matesic
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Uno studio belga conferma che i motociclisti sono vittime degli automobilisti nel maggior parte dei casi di collisione; ma indica anche la forte presenza di corresponsabilità dei guidatori delle moto. Un dato destinato ad alimentare la polemica

Le chiamiamo pietre miliari. Dieci anni fa fu il Maids (Motorcycle Accidents In Depth Study), uno studio su oltre 900 incidenti motociclistici avvenuti in 5 aree suburbane di altrettanti paesi europei. Raccontò tantissime cose, a cominciare dalla conferma che i motociclisti in 2/3 dei casi d'incidente sono vittime incolpevoli di altri utenti della strada.
Ora arriva il MOTac, Motorcycle Accident Causation, che in Belgio ha analizzato 200 incidenti di particolare gravità, e che introduce un nuovo concetto scomodo per chi va su due ruote: la corresponsabilità della vittima.
Il motociclista sovente è corresponsabile, perché quando subisce un incidente causato da qualcun altro, spesso viene fuori che stava guidando in un modo che non gli avrebbe permesso di evitare l'impatto; o di aggravarne le conseguenze.
Dunque, da una parte torna il solito dato: il 62% degli incidenti con collisione fra una moto e un'auto sono causati dall'auto. Dall'altra emergono forti elementi di corresponsabilità del motociclista, in circa il 30% dei casi. Fra le condotte corresponsabili che ci vengono rimproverate, ai primi tre posti figurano: una manovra senza preventiva segnalazione (52% dei casi), un sorpasso vietato o eccesso di velocità (15%), non aver visto l'auto (11%).
Interessanti anche le giustificazioni addotte dagli automobilisti colpevoli: "non ho visto il motociclista" (54% dei casi) e "ho sottovalutato la velocità alla quale la moto sopraggiungeva" (10%). Sommati fanno il 64%, e confermano un'altra verità ben nota: gli automobilisti tendono a non vedere le moto. Ne avevamo parlato poco tempo fa.

E in Italia?
Nel nostro Paese siamo indietro. Mentre il MOTac divide i dati per 6 tipologie di mezzi a due ruote, L'ISTAT mette in un unico calderone moto e scooter, dimenticando che si tratta di veicoli differenti guidati da persone con diversa cultura e abilità, su percorsi antitetici. Se le moto sono ancora un oggetto di passione o di trasporto extraurbano, gli scooter sono mezzi utilitaristici usati prevalentemente in città, da guidatori che poco o nulla sanno di moto. Distinguerli sarebbe importante, per calibrare specifiche azioni politiche e culturali sulle due classi di utilizzatori.
A oggi da noi l'unico studio sugli incidenti di cui disponiamo è il MAIDS; ormai datato. Servirebbe una nuova ricerca che qualcuno ha in parte abbozzato. Un paio d'anni fa abbiamo dato la notizia di un lavoro molto ben fatto sugli incidenti dei motociclisti condotto dal Prof. Pierini, della Facoltà di Ingegneria dell'Università di Firenze. Si trattava di un'evoluzione del MAIDS, che però copriva solo la provincia toscana. Un bello studio lo hanno fatto anche la Polizia Stradale e l'Istituto Superiore di Sanità lo scorso anno, con il Step, che ha investigato sull'effetto della presenza o meno di paraschiena negli incidenti stradali dei motociclisti.
Questo ci porta a dire che un nuovo MAIDS italiano si potrebbe fare. Basterebbe attivare un circuito virtuoso fra la Sanità (ospedali e ISS), la Polizia Stradale e una o più facoltà universitarie. Certo, servirebbe il coinvolgimento delle polizie locali, perlomeno in alcune realtà urbane particolarmente importanti, ma tutto si può fare.
C'è qualcuno che vuole provare a "cucire" un'azione di questo genere in Italia?

Maggiori informazioni (in italiano) su questo argomento sono reperibili in questo articolo realizzato da Lorenzo Borselli dell'ASAPS
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