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Il boxer del samurai
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AMS-Fujii 8V: una BMW da corsa degli anni Ottanta costruita da un tecnico giapponese che voleva battere le Ducati nella Battle of the Twin


Dimenticatevi la Moto2 e anche il Mondiale Superbike. La categoria più divertente e combattuta a livello internazionale, oggigiorno, non è né l'una né l'altra e neppure la 500 Classic Racing, che vede darsi battaglia le Norton Manx, le Matchless G50 e le Paton bicilindriche. È infatti la categoria Vintage Superbike ad aver attirato l'attenzione di tanti appassionati in tutto il mondo, contrapponendo le derivate di serie con raffreddamento ad aria degli anni Settanta e Ottanta.
Grazie alla sua spettacolarità, questa categoria "post-classica" è riuscita a riproporre la varietà tecnica e le emozioni del periodo in cui le varie Honda, Kawasaki e Suzuki a quattro cilindri dovevano vedersela con le BMW, le Ducati e le Moto Guzzi bicilindriche per la supremazia tra le sportive stradali.
Stranamente, però, nelle classi appena citate non compaiono quasi mai le bicilindriche boxer BMW, nonostante che la Casa tedesca abbia vinto il primo titolo Superbike riconosciuto dalla AMA con Reg Pridmore nel 1976 e sia stata sempre protagonista nella Battle of the Twins, la categoria istituita negli Stati Uniti nei primi anni Ottanta e dedicata ai bicilindrici americani ed europei che, ormai, non erano più competitivi rispetto ai quattro cilindri giapponesi.
Eppure i boxer BMW hanno dominato la scena della Bott dei primi tempi, con la sola Ducati di Jimmy Adamo, ottimamente preparata da Rino Leoni, in grado di impensierire le tedesche di Dave Emde e John Long, impedendo loro di dominare il primo campionato nazionale americano, disputato nel 1981. In seguito, però, i bicilindrici bavaresi sono diventati meno competitivi, anche nella configurazione a quattro valvole per cilindro, lasciando spazio alle Harley-Davidson e alle Ducati, che nel frattempo erano cresciute a livello di prestazioni ed efficacia ciclistica.
La stessa cosa è accaduta anche in Giappone, dove la BMW aveva inizialmente dominato la categoria Bott, istituita proprio nel Paese del Sol Levante negli anni Ottanta (basti pensare che la BMW-Giappone sponsorizzava ogni anno il tradizionale evento di Tsukuba), ma poi le Ducati hanno preso il sopravvento e il numero di boxer schierati in griglia è gradualmente diminuito. Ciò nonostante, le BMW non hanno smesso di essere competitive, come dimostra il secondo posto di Seigo Kikuchi sulla AMS-Fujii (con motore Krauser a quattro valvole per cilindro) a Tsukuba nel 1988, seguito dal terzo posto all'inizio del 1989, ottenuto poco prima che la Casa tedesca organizzasse una spedizione a Daytona, in Florida, con un team composto da tre piloti supportati da BMW North America: lo stesso Kikuchi, l'ex protagonista della 250 GP, Martin Wimmer, e l'americano Harry Klinzmann, all'epoca pilota ufficiale del Team MKM-Krauser. Il bicilindrico ad aste e bilancieri, inferiore a livello di velocità sui caratteristici banking del circuito statunitense, non ha impedito a Kikuchi di conquistare l'undicesimo posto nonostante un problema alla trasmissione finale! Dopo di che la moto è stata rispedita in Giappone per essere sottoposta a un ulteriore opera di sviluppo nel tentativo di tornare ad essere competitiva con le Ducati.
Stranamente, però, nelle classi appena citate non compaiono quasi mai le bicilindriche boxer BMW, nonostante che la Casa tedesca abbia vinto il primo titolo Superbike riconosciuto dalla AMA con Reg Pridmore nel 1976 e sia stata sempre protagonista nella Battle of the Twins, la categoria istituita negli Stati Uniti nei primi anni Ottanta e dedicata ai bicilindrici americani ed europei che, ormai, non erano più competitivi rispetto ai quattro cilindri giapponesi.
Eppure i boxer BMW hanno dominato la scena della Bott dei primi tempi, con la sola Ducati di Jimmy Adamo, ottimamente preparata da Rino Leoni, in grado di impensierire le tedesche di Dave Emde e John Long, impedendo loro di dominare il primo campionato nazionale americano, disputato nel 1981. In seguito, però, i bicilindrici bavaresi sono diventati meno competitivi, anche nella configurazione a quattro valvole per cilindro, lasciando spazio alle Harley-Davidson e alle Ducati, che nel frattempo erano cresciute a livello di prestazioni ed efficacia ciclistica.
La stessa cosa è accaduta anche in Giappone, dove la BMW aveva inizialmente dominato la categoria Bott, istituita proprio nel Paese del Sol Levante negli anni Ottanta (basti pensare che la BMW-Giappone sponsorizzava ogni anno il tradizionale evento di Tsukuba), ma poi le Ducati hanno preso il sopravvento e il numero di boxer schierati in griglia è gradualmente diminuito. Ciò nonostante, le BMW non hanno smesso di essere competitive, come dimostra il secondo posto di Seigo Kikuchi sulla AMS-Fujii (con motore Krauser a quattro valvole per cilindro) a Tsukuba nel 1988, seguito dal terzo posto all'inizio del 1989, ottenuto poco prima che la Casa tedesca organizzasse una spedizione a Daytona, in Florida, con un team composto da tre piloti supportati da BMW North America: lo stesso Kikuchi, l'ex protagonista della 250 GP, Martin Wimmer, e l'americano Harry Klinzmann, all'epoca pilota ufficiale del Team MKM-Krauser. Il bicilindrico ad aste e bilancieri, inferiore a livello di velocità sui caratteristici banking del circuito statunitense, non ha impedito a Kikuchi di conquistare l'undicesimo posto nonostante un problema alla trasmissione finale! Dopo di che la moto è stata rispedita in Giappone per essere sottoposta a un ulteriore opera di sviluppo nel tentativo di tornare ad essere competitiva con le Ducati.
Il giapponese che amava le tedesche
L'obiettivo di far sì che il boxer potesse tornare a battersi ad armi pari con la desmo bolognese poteva sembrare particolarmente arduo alla maggior parte dei fan del marchio tedesco, anche ai più devoti, ma non a Yoshimori Fujii, titolare della AMS (Automobile and Motorcycle Sport), concessionaria BMW di auto e moto nella città di Kawaguchi, poco distante da Tokyo.
Fujii ha sempre avuto una passione particolare per le due ruote, che lo ha portato a impegnarsi nella categoria Bott giapponese nei primi anni Ottanta, sul circuito di Tsukuba, con la MKM Krauser a quattro valvole. Quello di cui ci occupiamo è uno dei 300 esemplari costruiti con telaio speciale a partire dal 1980 per volontà dell'uomo d'affari tedesco Michael Krauser (protagonista a sua volta delle classi 80 cc e sidecar con mezzi che portavano il suo nome nel campionato del mondo) e ha vinto numerose gare prima di essere sostituito da una moto realizzata in proprio dallo stesso Fujii.
Ho avuto l'occasione di provare la prima BMW-Fujii-Krauser e ricordo di essere rimasto particolarmente impressionato dalle prestazioni del suo motore, mentre un po' meno dall'ingombrante telaio Krauser che sembrava poco adatto ai circuiti giapponesi più stretti, dove era solita correre, evidenziando qualche problema a livello di maneggevolezza. Particolarmente attento alle critiche, Fujii si è subito messo al lavoro, facendo realizzare alla giapponese Beater un telaio in traliccio di tubi al cromo molibdeno molto più piccolo e leggero, con il quale Kikuchi ha continuato a ottenere tanti successi nella Bott giapponese e che io ho testato durante una freddo ma soleggiato mattino d'inverno sul circuito di Ebisu, nella parte nordorientale del Giappone, una sorta di Spa-Francorchamps in miniatura, con tanti saliscendi e molte curve in rapida successione, che ha rappresentato un ottimo banco prova per saggiare la guidabilità della moto.
L'AMS-Fujii BMW ha superato il test a pieni voti e in effetti, nel corso degli anni, non avevo mai guidato un boxer così facile da gestire e capace di trasmettere tanta sicurezza. Il vero punto di forza di questa moto è costituito dal fatto che, guidandola, non ci si accorge minimamente né della trasmissione finale ad albero né dell'albero motore longitudinale, dal momento che il suo comportamento è sempre neutro, senza la minima traccia del tipico sottosterzo o della cosiddetta coppia di rovesciamento che affliggono le BMW e le Moto Guzzi con motore bicilindrico trasversale.
Tuttavia, complice l'ottimo grip offerto dai pneumatici Yokohama e le valide quote del telaio, a ricordare che si trattava di un boxer ci hanno pensato i frequenti contatti con l'asfalto da parte delle teste, soprattutto nelle curve in contropendenza, dove arrivano a toccare anche il perno della ruota posteriore e il leveraggio del forcellone a parallelogramma. Tutto ciò accadeva nonostante che il motore fosse stato alzato di 50 mm rispetto al telaio per aumentare la luce a terra. In realtà non si tratta di un problema così fastidioso, a meno che non succeda (come è capitato al sottoscritto) di arrivare a limare anche la vaschetta del carburatore destro! Quando è accaduto, infatti, il motore ha iniziato ad andare a un cilindro, così ho pensato che stesse per finire la benzina o che il motore avesse un problema meccanico, quando in realtà il carburatore si era girato su un fianco e il cavo dell'acceleratore non riusciva più a sollevare la valvola a ghigliottina.
Fujii ha sempre avuto una passione particolare per le due ruote, che lo ha portato a impegnarsi nella categoria Bott giapponese nei primi anni Ottanta, sul circuito di Tsukuba, con la MKM Krauser a quattro valvole. Quello di cui ci occupiamo è uno dei 300 esemplari costruiti con telaio speciale a partire dal 1980 per volontà dell'uomo d'affari tedesco Michael Krauser (protagonista a sua volta delle classi 80 cc e sidecar con mezzi che portavano il suo nome nel campionato del mondo) e ha vinto numerose gare prima di essere sostituito da una moto realizzata in proprio dallo stesso Fujii.
Ho avuto l'occasione di provare la prima BMW-Fujii-Krauser e ricordo di essere rimasto particolarmente impressionato dalle prestazioni del suo motore, mentre un po' meno dall'ingombrante telaio Krauser che sembrava poco adatto ai circuiti giapponesi più stretti, dove era solita correre, evidenziando qualche problema a livello di maneggevolezza. Particolarmente attento alle critiche, Fujii si è subito messo al lavoro, facendo realizzare alla giapponese Beater un telaio in traliccio di tubi al cromo molibdeno molto più piccolo e leggero, con il quale Kikuchi ha continuato a ottenere tanti successi nella Bott giapponese e che io ho testato durante una freddo ma soleggiato mattino d'inverno sul circuito di Ebisu, nella parte nordorientale del Giappone, una sorta di Spa-Francorchamps in miniatura, con tanti saliscendi e molte curve in rapida successione, che ha rappresentato un ottimo banco prova per saggiare la guidabilità della moto.
L'AMS-Fujii BMW ha superato il test a pieni voti e in effetti, nel corso degli anni, non avevo mai guidato un boxer così facile da gestire e capace di trasmettere tanta sicurezza. Il vero punto di forza di questa moto è costituito dal fatto che, guidandola, non ci si accorge minimamente né della trasmissione finale ad albero né dell'albero motore longitudinale, dal momento che il suo comportamento è sempre neutro, senza la minima traccia del tipico sottosterzo o della cosiddetta coppia di rovesciamento che affliggono le BMW e le Moto Guzzi con motore bicilindrico trasversale.
Tuttavia, complice l'ottimo grip offerto dai pneumatici Yokohama e le valide quote del telaio, a ricordare che si trattava di un boxer ci hanno pensato i frequenti contatti con l'asfalto da parte delle teste, soprattutto nelle curve in contropendenza, dove arrivano a toccare anche il perno della ruota posteriore e il leveraggio del forcellone a parallelogramma. Tutto ciò accadeva nonostante che il motore fosse stato alzato di 50 mm rispetto al telaio per aumentare la luce a terra. In realtà non si tratta di un problema così fastidioso, a meno che non succeda (come è capitato al sottoscritto) di arrivare a limare anche la vaschetta del carburatore destro! Quando è accaduto, infatti, il motore ha iniziato ad andare a un cilindro, così ho pensato che stesse per finire la benzina o che il motore avesse un problema meccanico, quando in realtà il carburatore si era girato su un fianco e il cavo dell'acceleratore non riusciva più a sollevare la valvola a ghigliottina.
Stabile e maneggevole, ma la frenata...
La luce a terra ha sempre rappresentato un problema con i motori boxer, ma sulla Fujii BMW questo aspetto risulta amplificato per due motivi. In primo luogo, la moto impiega le teste Krauser a quattro valvole, decisamente più ingombranti rispetto a quelle a due valvole che Fujii ha installato per correre a Daytona. Per ottenere una moto particolarmente maneggevole, poi, Fujii ha realizzato un telaio molto compatto e, quindi, piuttosto basso rispetto agli standard delle BMW con motore boxer, cosa che facilita il contatto dei cilindri con l'asfalto nelle pieghe più accentuate. Non si ottiene un gran che neppure sporgendo il busto all'interno della curva nel tentativo di mantenere la moto un po' più dritta, pertanto l'unica cosa da fare è puntare il ginocchio per terra quando uno dei due cilindri tende ad appoggiarsi troppo sull'asfalto facendo perdere aderenza alla ruota posteriore, anche se in questo modo gli slider della tuta durano davvero poco!
Il telaio Beater è in traliccio di tubi come il Krauser che ha sostituito, ma risulta decisamente più compatto, oltre a determinare una posizione di guida più razionale. In pratica, il pilota risulta ben inserito nel corpo macchina, cosa che contribuisce a una sensazione di insolita maneggevolezza contrapposta al comportamento ultrastabile dei boxer BMW. Tra l'altro, la geometria di sterzo non è delle più radicali, con il cannotto inclinato di 27º e l'avancorsa pari a 99 mm, mentre l'interasse è di 1.435 mm (40 millimetri in meno rispetto alla moto che ha corso a Daytona, dove c'era bisogno di maggior stabilità sui banking). Eppure, anche nelle curve particolarmente strette che caratterizzano il tracciato di Ebisu, la BMW non solo si è dimostrata precisa e facile da guidare, ma ha anche messo in luce una straordinaria efficacia nell'affrontare le eventuali imperfezioni dell'asfalto. Un risultato notevole per una moto che, anziché essere equipaggiata con un moderno monoammortizzatore, impiega due seppur valide unità Ohlins posizionate ai lati del forcellone in alluminio.
Un altro fattore che gioca probabilmente a favore della AMS-Fujii è il peso di 160 Kg a secco (piuttosto elevato per un per un bicilindrico raffreddato ad aria con queste caratteristiche), che consente alla moto di copiare meglio le asperità. È inoltre interessante notare che la distribuzione dei pesi vede il 52% della massa insistere sulla ruota anteriore e il 48% su quella posteriore (nonostante la trasmissione finale ad albero), cosa che consente di mantenere senz'altro una più alta velocità in fase di inserimento.
Il telaio Beater è in traliccio di tubi come il Krauser che ha sostituito, ma risulta decisamente più compatto, oltre a determinare una posizione di guida più razionale. In pratica, il pilota risulta ben inserito nel corpo macchina, cosa che contribuisce a una sensazione di insolita maneggevolezza contrapposta al comportamento ultrastabile dei boxer BMW. Tra l'altro, la geometria di sterzo non è delle più radicali, con il cannotto inclinato di 27º e l'avancorsa pari a 99 mm, mentre l'interasse è di 1.435 mm (40 millimetri in meno rispetto alla moto che ha corso a Daytona, dove c'era bisogno di maggior stabilità sui banking). Eppure, anche nelle curve particolarmente strette che caratterizzano il tracciato di Ebisu, la BMW non solo si è dimostrata precisa e facile da guidare, ma ha anche messo in luce una straordinaria efficacia nell'affrontare le eventuali imperfezioni dell'asfalto. Un risultato notevole per una moto che, anziché essere equipaggiata con un moderno monoammortizzatore, impiega due seppur valide unità Ohlins posizionate ai lati del forcellone in alluminio.
Un altro fattore che gioca probabilmente a favore della AMS-Fujii è il peso di 160 Kg a secco (piuttosto elevato per un per un bicilindrico raffreddato ad aria con queste caratteristiche), che consente alla moto di copiare meglio le asperità. È inoltre interessante notare che la distribuzione dei pesi vede il 52% della massa insistere sulla ruota anteriore e il 48% su quella posteriore (nonostante la trasmissione finale ad albero), cosa che consente di mantenere senz'altro una più alta velocità in fase di inserimento.
Trasmissione e motore
Per allestire l'avantreno della sua BMW, Fujii-san ha giustamente dato un'occhiata al catalogo di parti speciali Yoshimura, dal quale proviene la forcella Kayaba con steli rovesciati da 39 mm (ex Suzuki GSX-750 R), così come i dischi Nissin da 310 mm dell'impianto frenante anteriore. Pur essendo abbinato a pinze con quattro pistoncini, quest'ultimo non fornisce una risposta particolarmente potente e il corrispondente comando al manubrio risulta "spugnoso", ispirando ben poca fiducia. Un impianto Brembo sarebbe stato certamente più adatto, visto che, nonostante Fujii abbia installato un volano più leggero, questa BMW va guidata come una due tempi, frenando con la moto quanto più dritta possibile prima di scalare le marce, in modo da evitare le reazioni dovute alla coppia di rovesciamento.
La trasmissione conta su un cambio BMW Sport RS con rapporti ravvicinati che consente di uscire dalle curve di Ebisu, anche le più lente, con un'ottima accelerazione. Per contro, bisogna stare attenti all'uso del freno motore: scalando con troppa rapidità, infatti, si rischia di mandare in crisi la sospensione posteriore.
Sulla AMS-Fujii, l'albero di trasmissione non è racchiuso all'interno del forcellone, come accade sulle moderne BMW con motore boxer, ma è disposto parallelamente ad esso, protetto da un tubo in acciaio. Di fabbricazione tedesca sono i cerchi PVM, con l'anteriore da 17" e il posteriore da 18", in modo da favorire, per quanto possibile, la luce a terra.
Il motore elaborato da Fujii comprende un mix di elementi provenienti da vari modelli BMW ed è allestito sul basamento di una R80, con l'albero motore della serie R 80/100 alleggerito del 10% e opportunamente riequilibrato, in abbinamento a una frizione monodisco che Fujii ha sviluppato appositamente per questa moto.
Sulle bielle Carrillo sono montati pistoni Krauser con rapporto di compressione pari a 11:1, mentre i cilindri con riporto in Nikasil sono quelli della R100 di serie. Le teste Krauser a quattro valvole impiegano valvole della MKM, mentre i carburatori da 39 mm sono i classici Keihin CR. Questi ultimi sono caratterizzati da una risposta quanto mai progressiva, che contribuisce senz'altro a rendere la moto ancora più guidabile.
Per questo motore, Fujii dichiara una potenza massima di 98 Cv a 8300 giri. Un valore che, tuttavia, sempre secondo il preparatore giapponese, scenderebbe ad appena 68 Cv se rapportato alla ruota posteriore. Personalmente, penso che imputare una perdita di potenza del 30% alla sola trasmissione, pur se ad albero, sia quanto meno pessimistico, anche se in effetti il bicilindrico della AMS non dà la sensazione di essere particolarmente potente rispetto ad altri boxer BMW di analoga impostazione, forse per via dei carburatori sottodimensionati in rapporto al potenziale della parte meccanica.
La trasmissione conta su un cambio BMW Sport RS con rapporti ravvicinati che consente di uscire dalle curve di Ebisu, anche le più lente, con un'ottima accelerazione. Per contro, bisogna stare attenti all'uso del freno motore: scalando con troppa rapidità, infatti, si rischia di mandare in crisi la sospensione posteriore.
Sulla AMS-Fujii, l'albero di trasmissione non è racchiuso all'interno del forcellone, come accade sulle moderne BMW con motore boxer, ma è disposto parallelamente ad esso, protetto da un tubo in acciaio. Di fabbricazione tedesca sono i cerchi PVM, con l'anteriore da 17" e il posteriore da 18", in modo da favorire, per quanto possibile, la luce a terra.
Il motore elaborato da Fujii comprende un mix di elementi provenienti da vari modelli BMW ed è allestito sul basamento di una R80, con l'albero motore della serie R 80/100 alleggerito del 10% e opportunamente riequilibrato, in abbinamento a una frizione monodisco che Fujii ha sviluppato appositamente per questa moto.
Sulle bielle Carrillo sono montati pistoni Krauser con rapporto di compressione pari a 11:1, mentre i cilindri con riporto in Nikasil sono quelli della R100 di serie. Le teste Krauser a quattro valvole impiegano valvole della MKM, mentre i carburatori da 39 mm sono i classici Keihin CR. Questi ultimi sono caratterizzati da una risposta quanto mai progressiva, che contribuisce senz'altro a rendere la moto ancora più guidabile.
Per questo motore, Fujii dichiara una potenza massima di 98 Cv a 8300 giri. Un valore che, tuttavia, sempre secondo il preparatore giapponese, scenderebbe ad appena 68 Cv se rapportato alla ruota posteriore. Personalmente, penso che imputare una perdita di potenza del 30% alla sola trasmissione, pur se ad albero, sia quanto meno pessimistico, anche se in effetti il bicilindrico della AMS non dà la sensazione di essere particolarmente potente rispetto ad altri boxer BMW di analoga impostazione, forse per via dei carburatori sottodimensionati in rapporto al potenziale della parte meccanica.
Grande anche la ciclistica
Per partire non è necessario sfrizionare più di tanto e tra i 5000 e gli 8500 giri, oltre i quali non conviene spingersi, il motore offre una riserva di coppia davvero apprezzabile, accompagnato dal caratteristico timbro dell'impianto di scarico due-in-uno. All'occorrenza, si può comunque scendere anche al di sotto dei 5000 giri senza che l'accelerazione ne risenta più di tanto, visto che la spinta è estremamente progressiva già a partire dai 2000 giri!
Tuttavia è senz'altro più opportuno mantenere il motore su di giri aiutandosi con l'uso del cambio e, nonostante che quest'ultimo denoti un funzionamento non proprio impeccabile, Fujii ha speso un sacco di tempo per migliorarlo. Uno sforzo che, considerata la natura notoriamente problematica del cambio dei boxer BMW, ha comunque dato i suoi frutti. Volendo, infatti, si può passare al rapporto successivo senza utilizzare la frizione (cosa che, di solito, non è auspicabile con un motore di questo tipo), grazie all'azione relativamente morbida del comando a pedale.
Il forcellone a parallelogramma Beater altro non è che una versione "orientale" del sistema già sperimentato con successo dal famoso Dr. John sulla Moto Guzzi e come tale funziona davvero bene, "isolando" il comportamento della sospensione posteriore dagli effetti della trasmissione a cardano e permettendo inoltre l'utilizzo del freno a disco posteriore BMW (ridotto a soli 220 mm di diametro rispetto ai 285 mm originali e abbinato a una piccola pinza Brembo), che integra l'azione dell'impianto anteriore senza innescare saltellamenti o altre reazioni indesiderate da parte del retrotreno. Anzi, è proprio nelle staccate più impegnative che la Fujii BMW si dimostra piacevolmente stabile, andando a contrastare con sorprendente efficacia il consueto trasferimento di carico.
In conclusione, guidare questa moto a Ebisu è stato molto divertente, oltre che meno impegnativo del previsto e anche se i freni non si sono rivelati all'altezza della situazione è un vero peccato che il progetto di allestirne una versione stradale non sia mai andato in porto, come sembrava viceversa dovesse accadere in un primo momento. Ad ogni modo, installando il più potente quattro valvole ad aste e bilancieri con raffreddamento ad aria, pur se a scapito di un po' di elasticità nell'erogazione e a fronte di qualche chilo in più sul fronte del peso, sono sicuro che la moto di Yoshimori Fujii darebbe del filo da torcere anche alle migliori Ducati nell'odierna categoria post-Classic.
Tuttavia è senz'altro più opportuno mantenere il motore su di giri aiutandosi con l'uso del cambio e, nonostante che quest'ultimo denoti un funzionamento non proprio impeccabile, Fujii ha speso un sacco di tempo per migliorarlo. Uno sforzo che, considerata la natura notoriamente problematica del cambio dei boxer BMW, ha comunque dato i suoi frutti. Volendo, infatti, si può passare al rapporto successivo senza utilizzare la frizione (cosa che, di solito, non è auspicabile con un motore di questo tipo), grazie all'azione relativamente morbida del comando a pedale.
Il forcellone a parallelogramma Beater altro non è che una versione "orientale" del sistema già sperimentato con successo dal famoso Dr. John sulla Moto Guzzi e come tale funziona davvero bene, "isolando" il comportamento della sospensione posteriore dagli effetti della trasmissione a cardano e permettendo inoltre l'utilizzo del freno a disco posteriore BMW (ridotto a soli 220 mm di diametro rispetto ai 285 mm originali e abbinato a una piccola pinza Brembo), che integra l'azione dell'impianto anteriore senza innescare saltellamenti o altre reazioni indesiderate da parte del retrotreno. Anzi, è proprio nelle staccate più impegnative che la Fujii BMW si dimostra piacevolmente stabile, andando a contrastare con sorprendente efficacia il consueto trasferimento di carico.
In conclusione, guidare questa moto a Ebisu è stato molto divertente, oltre che meno impegnativo del previsto e anche se i freni non si sono rivelati all'altezza della situazione è un vero peccato che il progetto di allestirne una versione stradale non sia mai andato in porto, come sembrava viceversa dovesse accadere in un primo momento. Ad ogni modo, installando il più potente quattro valvole ad aste e bilancieri con raffreddamento ad aria, pur se a scapito di un po' di elasticità nell'erogazione e a fronte di qualche chilo in più sul fronte del peso, sono sicuro che la moto di Yoshimori Fujii darebbe del filo da torcere anche alle migliori Ducati nell'odierna categoria post-Classic.
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