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Attualità
Omologazione caschi: parla il Ministero dei Trasporti
di Riccardo Matesic
il 13/04/2010 in Attualità
La denuncia di Altroconsumo, i controtest... Eppure la questione dei caschi fuori norma è ancora aperta e la gestione spetta ai funzionari ministeriali. Ecco come si stanno muovendo

La denuncia di Altroconsumo sulla presunta non conformità all'omologazione di alcuni caschi jet ha sollevato un vespaio quando è stata pubblicata lo scorso febbraio. Ma ora la situazione è a uno stallo: da una parte la rivista dell'associazione dei Consumatori insiste sulla sua tesi, dall'altra i produttori hanno reagito sdegnati, proponendo dei controtest.
Il dubbio per i motociclisti quindi non è stato fugato. Perché, pur senza avere alcuna riserva sulla serietà dei costruttori e dei laboratori interessati, non c'è mai stata una parola da parte dell'unico ente veramente super partes, il Ministero dei Trasporti. Tuttavia noi siamo al corrente che alcuni test sono stati rifatti presso il CPA (Centro Prova Autoveicoli) di Milano, ma non ne è stata data comunicazione. Così abbiamo chiesto all'architetto Maurizio Vitelli, direttore generale della Motorizzazione, un'intervista. Per cercare di capire, ma anche per provare a dare un nostro contributo alla chiarezza.

Ed eccoci a Roma nell'ufficio di Vitelli, insieme a una nutrita pattuglia di ingegneri: Alessandro De Grazia, direttore della divisione omologazioni, Antonio Erario, dirigente della divisione normative e accordi internazionali, e Carlo Giannuzzi, consulente del Ministro dei Trasporti.
"In effetti – inizia Vitelli - lo scorso anno, quando arrivò la prima segnalazione di Altroconsumo, quella relativa ai caschi integrali, abbiamo rifatto alcuni test. Abbiamo ritestato i quattro caschi omologati in Italia e li abbiamo trovati tutti conformi. Uno ci rientrava con le tolleranze di legge, ma a tutti gli effetti era da dichiarare conforme".
Perché non avete dato comunicazione di quei test?
"Perché abbiamo qualche dubbio sul fatto che si possa o meno portare avanti questo compito allo stato attuale della normativa", spiega Giannuzzi.
"Abbiamo ricevuto – continua Vitelli - una segnalazione sulla presunta non conformità di prodotti omologati in Italia e li abbiamo ricontrollati dopo averli acquistati anonimamente in negozio. Li abbiamo trovati conformi e non è successo nulla. Poi Altroconsumo ci ha chiesto l'accesso agli atti e a norma di legge glieli abbiamo fatti avere. Ora c'è il nuovo problema dei jet, sui quali abbiamo provveduto a nuovi test, o lo stiamo facendo, presso il CPA (centro prova autoveicoli, ndr) di Milano".
Comunicare che il vostro laboratorio interno ha rifatto i test trovando i caschi conformi scanserebbe molti dubbi.
"Concordo – dice Vitelli -, lasciateci qualche giorno per capire con i nostri esperti se possiamo fare una comunicazione attraverso il nostro portale".
"In ogni caso – riprende Giannuzzi- non potremo pubblicare i risultati dei test completi, perché potrebbero dare adito a graduatorie sulla qualità dei caschi, e il Ministero non può certo fare questo. Ma potremmo dare comunicazione degli esiti dei test".
"In effetti – inizia Vitelli - lo scorso anno, quando arrivò la prima segnalazione di Altroconsumo, quella relativa ai caschi integrali, abbiamo rifatto alcuni test. Abbiamo ritestato i quattro caschi omologati in Italia e li abbiamo trovati tutti conformi. Uno ci rientrava con le tolleranze di legge, ma a tutti gli effetti era da dichiarare conforme".
Perché non avete dato comunicazione di quei test?
"Perché abbiamo qualche dubbio sul fatto che si possa o meno portare avanti questo compito allo stato attuale della normativa", spiega Giannuzzi.
"Abbiamo ricevuto – continua Vitelli - una segnalazione sulla presunta non conformità di prodotti omologati in Italia e li abbiamo ricontrollati dopo averli acquistati anonimamente in negozio. Li abbiamo trovati conformi e non è successo nulla. Poi Altroconsumo ci ha chiesto l'accesso agli atti e a norma di legge glieli abbiamo fatti avere. Ora c'è il nuovo problema dei jet, sui quali abbiamo provveduto a nuovi test, o lo stiamo facendo, presso il CPA (centro prova autoveicoli, ndr) di Milano".
Comunicare che il vostro laboratorio interno ha rifatto i test trovando i caschi conformi scanserebbe molti dubbi.
"Concordo – dice Vitelli -, lasciateci qualche giorno per capire con i nostri esperti se possiamo fare una comunicazione attraverso il nostro portale".
"In ogni caso – riprende Giannuzzi- non potremo pubblicare i risultati dei test completi, perché potrebbero dare adito a graduatorie sulla qualità dei caschi, e il Ministero non può certo fare questo. Ma potremmo dare comunicazione degli esiti dei test".
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Cosa succederebbe se trovaste un casco non conforme?
"Scatterebbe la revoca dell'omologazione – risponde De Grazia- e il rastrellamento dal mercato di tutti quei caschi".
Perché in occasione della prima denuncia di Altroconsumo avete testato solo i caschi omologati in Italia?
"Alcuni dei modelli incriminati – continua De Grazia - non li abbiamo trovati nei negozi ma abbiamo anche scelto di partire da quelli per la cui omologazione siamo direttamente responsabili. Quelli per i quali avremmo potuto intervenire subito".
Perché se trovaste non conforme un casco omologato all'estero non potreste procedere lo stesso al rastrellamento dal mercato?
"Non potremmo perché la responsabilità dell'omologazione è del paese che l'ha rilasciata e noi dobbiamo applicare il principio di reciprocità – interviene l'Ing. Erario-, dunque dobbiamo riconoscere automaticamente quell'omologazione. L'unico intervento che potremmo e dovremmo fare sarebbe avvisare l'ente omologatore del nostro risultato non conforme. Starebbe a loro rifare i controlli ed eventualmente ritirare l'autorizzazione al commercio. Del resto, poniamo il caso che noi si proceda al ritiro immediato dalla distribuzione, e poi il paese che omologa non riscontri la non conformità: ci metteremmo in condizione di dover pagare un forte risarcimento al produttore. Diversi sono i poteri dei giudici. Anche recentemente ci sono stati sequestri di partite di caschi al porto di Genova, effettuate dalla Guardia di Finanza su ordine di un GIP (il Giudice per le Indagini Preliminari, ndr), ma questo è uno specifico potere del giudice, che noi non abbiamo".
"Voglio aggiungere – dice Vitelli- che saremmo stati agevolati nel nostro compito se Altroconsumo ci avesse fornito più informazioni sui test effettuati. Invece si sono limitati a comunicarci che determinati prodotti non risultavano conformi. E di fronte alla nostra trasparenza, quando abbiamo mandato loro gli atti dei nostri test, hanno detto di non essere comunque soddisfatti e di volerli rifare in contraddittorio. Beh, il Ministero non può accettare il contraddittorio con un'associazione".
Altroconsumo ha minacciato il ricorso al TAR però…
"Qui non è arrivato ancora nulla, comunque subiamo una decina di ricorsi al TAR ogni mese: siamo attrezzati anche per questo".
L'Architetto Vitelli non lo dice, ma l'Amministrazione è piuttosto stretta con i finanziamenti, al punto che può diventare un problema uscire e spendere la cifra di mille-duemila euro per acquistare anonimamente dei caschi da testare. E qui potrebbero intervenire i costruttori. Quando abbiamo incontrato i loro rappresentanti dell'ANCMA, hanno vantato il fatto che si sono accordati volontariamente – solo in Italia - per dei test a campione.
Perché non dare ai funzionari del Ministero una patente che li autorizzi a ritirare "a caso" dagli scaffali di tutta Italia i caschi da testare?
"Potrebbe essere un accordo interessante, che proporremo all'ANCMA e anche agli altri costruttori di caschi non associati. Una sorta di tesserino con il quale nostri funzionari potrebbero presentarsi a caso in alcuni negozi a ritirare prodotti da testare. Del resto ormai il CPA di Milano è funzionante e in grado di portare avanti i test, e a breve rimetteremo a norma anche quello di Roma, dove dobbiamo sostituire alcune attrezzature. Ma siamo interessati ad avere entrambi i laboratori operativi per fare i test sui caschi".
Bene, la nostra chiacchierata è finita. Proviamo a tracciare una sintesi.
Al Ministero si rendono conto dell'incertezza che si è generata nei consumatori e si sono messi in movimento per cercare una soluzione. Tenteranno un accordo con i costruttori, per avere gli strumenti per iniziare una campagna di test a campione su prodotti presi anonimamente dallo scaffale dei negozi. E cercheranno di capire se e come comunicare al pubblico i risultati di quelle prove. Le prime risposte a queste domande arriveranno presto. A giorni. Siamo già d'accordo per risentirci.
"Scatterebbe la revoca dell'omologazione – risponde De Grazia- e il rastrellamento dal mercato di tutti quei caschi".
Perché in occasione della prima denuncia di Altroconsumo avete testato solo i caschi omologati in Italia?
"Alcuni dei modelli incriminati – continua De Grazia - non li abbiamo trovati nei negozi ma abbiamo anche scelto di partire da quelli per la cui omologazione siamo direttamente responsabili. Quelli per i quali avremmo potuto intervenire subito".
Perché se trovaste non conforme un casco omologato all'estero non potreste procedere lo stesso al rastrellamento dal mercato?
"Non potremmo perché la responsabilità dell'omologazione è del paese che l'ha rilasciata e noi dobbiamo applicare il principio di reciprocità – interviene l'Ing. Erario-, dunque dobbiamo riconoscere automaticamente quell'omologazione. L'unico intervento che potremmo e dovremmo fare sarebbe avvisare l'ente omologatore del nostro risultato non conforme. Starebbe a loro rifare i controlli ed eventualmente ritirare l'autorizzazione al commercio. Del resto, poniamo il caso che noi si proceda al ritiro immediato dalla distribuzione, e poi il paese che omologa non riscontri la non conformità: ci metteremmo in condizione di dover pagare un forte risarcimento al produttore. Diversi sono i poteri dei giudici. Anche recentemente ci sono stati sequestri di partite di caschi al porto di Genova, effettuate dalla Guardia di Finanza su ordine di un GIP (il Giudice per le Indagini Preliminari, ndr), ma questo è uno specifico potere del giudice, che noi non abbiamo".
"Voglio aggiungere – dice Vitelli- che saremmo stati agevolati nel nostro compito se Altroconsumo ci avesse fornito più informazioni sui test effettuati. Invece si sono limitati a comunicarci che determinati prodotti non risultavano conformi. E di fronte alla nostra trasparenza, quando abbiamo mandato loro gli atti dei nostri test, hanno detto di non essere comunque soddisfatti e di volerli rifare in contraddittorio. Beh, il Ministero non può accettare il contraddittorio con un'associazione".
Altroconsumo ha minacciato il ricorso al TAR però…
"Qui non è arrivato ancora nulla, comunque subiamo una decina di ricorsi al TAR ogni mese: siamo attrezzati anche per questo".
L'Architetto Vitelli non lo dice, ma l'Amministrazione è piuttosto stretta con i finanziamenti, al punto che può diventare un problema uscire e spendere la cifra di mille-duemila euro per acquistare anonimamente dei caschi da testare. E qui potrebbero intervenire i costruttori. Quando abbiamo incontrato i loro rappresentanti dell'ANCMA, hanno vantato il fatto che si sono accordati volontariamente – solo in Italia - per dei test a campione.
Perché non dare ai funzionari del Ministero una patente che li autorizzi a ritirare "a caso" dagli scaffali di tutta Italia i caschi da testare?
"Potrebbe essere un accordo interessante, che proporremo all'ANCMA e anche agli altri costruttori di caschi non associati. Una sorta di tesserino con il quale nostri funzionari potrebbero presentarsi a caso in alcuni negozi a ritirare prodotti da testare. Del resto ormai il CPA di Milano è funzionante e in grado di portare avanti i test, e a breve rimetteremo a norma anche quello di Roma, dove dobbiamo sostituire alcune attrezzature. Ma siamo interessati ad avere entrambi i laboratori operativi per fare i test sui caschi".
Bene, la nostra chiacchierata è finita. Proviamo a tracciare una sintesi.
Al Ministero si rendono conto dell'incertezza che si è generata nei consumatori e si sono messi in movimento per cercare una soluzione. Tenteranno un accordo con i costruttori, per avere gli strumenti per iniziare una campagna di test a campione su prodotti presi anonimamente dallo scaffale dei negozi. E cercheranno di capire se e come comunicare al pubblico i risultati di quelle prove. Le prime risposte a queste domande arriveranno presto. A giorni. Siamo già d'accordo per risentirci.
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