Attualità
"Don Lambretta" e il suo museo
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Un prete calabrese innamorato del mitico scooter lombardo gli ha di recente inaugurato un libro e un museo a Sellia Marina
Si vede poco, quasi a mantenere una certa sacralità, ma si trova in una posizione favorevolissima: sulla statale 106 ionica, non lontano da Catanzaro. Una palazzina di un solo piano, un vecchio edificio rurale appartenuto al Marchese De Seta, dignitosamente restaurato. Il portone in legno, protetto da un cancello in ferro battuto e sovrastato dall'insegna che non lascia dubbi al visitatore, si apre su un'unica, enorme sala tinteggiata a spatolate di un arancione intenso, quasi a ricordare che questa è la terra delle arance.
Lungo le pareti una cinquantina di modelli allineati, dal più antico ai più recenti, delle mitiche due ruote di casa Innocenti.
È questo il Museo della Lambretta, fondato orgogliosamente da Don Andrea Bruno poco più di due anni or sono e che ha aperto i battenti il 1° agosto del 2005. Una bella collezione, tra prime, seconde e terze serie, messa insieme tra acquisti e donazioni, il cui restauro, durato 35 anni, è stato curato appassionatamente dallo stesso "Don Lambretta", come amichevolmente lo ribattezziamo. Lui ha dedicato ai suoi "giocattoli" ogni minuto del suo tempo libero, dall'inizio del 1970.
Spiccano, così acconciate in un meticoloso restauro e in una accurata pulizia, le vecchie Lambretta, tutte dotate di scheda descrittiva, qualcuna con targa e violentata dall'apposizione di quell'appendice obbligatoria per circolare su strada che è lo specchietto retrovisore. Eh sì, perché alcune escono periodicamente dal Museo in passeggiata estiva, al tempo dei raduni che il locale Club Lambretta, costituito di recente, organizza ogni anno.
Non si può passeggiare assorti in nostalgici pensieri, senza che Don Andrea arrivi alle spalle a raccontare una piccola storia: un po' sua, un po' del modello che cattura l'attenzione e un po' di quel lembo d'Italia che è la sua terra.
E racconta volentieri di quando, da bambino, vide per la prima volta la Lambretta: lo stupore e l'incredulità riservati non tanto al mezzo, ma al fatto che questo si muovesse per merito di un incomprensibile motore, lo fecero tornare a casa gridando "Ho visto una cosa che si muove da sola!". Don Andrea, che adesso ha 70 anni, non poteva allora capacitarsi di come una cosa potesse muoversi senza l'ausilio dei buoi o dei cavalli, così come non può capacitarsi ora di come ogni cosa che si muova di moto proprio – e non solo – abbia un ciclo di vita sempre più breve e debba essere necessariamente distrutta, perduta per sempre.
Un bel modello 150 F seconda serie è arrivato al Museo sulle sue ruote; quello che preferisce Don Andrea per le sue passeggiate d'epoca è una 150 D, senza sellino posteriore, un modello molto affidabile per fare strada perché non è soggetto a surriscaldamento. Alle pareti del museo, foto di alcuni esemplari prima, durante e dopo le cure, immagini d'epoca e riproduzioni di vecchi manifesti che rinfrescano i ricordi dei bei tempi andati, quando le famiglie trovavano posto, a grappolo, sulla Lambretta, per la scampagnata domenicale. Come dimenticare che proprio lei, la Lambretta, figlia dell'ingegner Ferdinando Innocenti e della "signora Lambrate", oltre a contribuire alla ripresa economica del Paese nel dopoguerra, diede vita all'euforia e alla gioia di muoversi degli Italiani.
Pochi arredi, anch'essi sapientemente recuperati, conferiscono un carattere ancora più storico rappresentativo al piacevole grande locale. Solo due cose possono piacere o non piacere, due piccoli nei: il primo, l'applicazione - sulla parte anteriore dei modelli - di un nome in metallo che, però, non è di fabbrica, ma di fantasia (forse per far contento qualche donatore o, forse ancora, perché Don Andrea le sue creature le chiama per nome… e in tal caso lo si può perdonare!). Il secondo, la presenza di alcuni - pochi per la verità - modelli extra famiglia: qualche modello dell' antagonista Vespa e un paio di Moto Guzzi che, però, si possono tollerare per dovere di cronaca!
Tra i modelli recenti spicca il Lui, anche nella versione per l'esportazione, a cui venne dato il nome di Luna; manca invece un Lambro e su questo fatto stuzzichiamo il Don che dice di non darsi per vinto e cerca, cerca, o aspetta che arrivi da solo…. Completano l'ottima collezione due modelli, uno conservato e uno restaurato, del Lambrettino 48, stupenda biciclettona che ben si prestava all'utilizzo nelle campagne, proprio per la sua versatilità e facilità a percorrere strade sterrate e accidentate.
È questo il Museo della Lambretta, fondato orgogliosamente da Don Andrea Bruno poco più di due anni or sono e che ha aperto i battenti il 1° agosto del 2005. Una bella collezione, tra prime, seconde e terze serie, messa insieme tra acquisti e donazioni, il cui restauro, durato 35 anni, è stato curato appassionatamente dallo stesso "Don Lambretta", come amichevolmente lo ribattezziamo. Lui ha dedicato ai suoi "giocattoli" ogni minuto del suo tempo libero, dall'inizio del 1970.
Spiccano, così acconciate in un meticoloso restauro e in una accurata pulizia, le vecchie Lambretta, tutte dotate di scheda descrittiva, qualcuna con targa e violentata dall'apposizione di quell'appendice obbligatoria per circolare su strada che è lo specchietto retrovisore. Eh sì, perché alcune escono periodicamente dal Museo in passeggiata estiva, al tempo dei raduni che il locale Club Lambretta, costituito di recente, organizza ogni anno.
Non si può passeggiare assorti in nostalgici pensieri, senza che Don Andrea arrivi alle spalle a raccontare una piccola storia: un po' sua, un po' del modello che cattura l'attenzione e un po' di quel lembo d'Italia che è la sua terra.
E racconta volentieri di quando, da bambino, vide per la prima volta la Lambretta: lo stupore e l'incredulità riservati non tanto al mezzo, ma al fatto che questo si muovesse per merito di un incomprensibile motore, lo fecero tornare a casa gridando "Ho visto una cosa che si muove da sola!". Don Andrea, che adesso ha 70 anni, non poteva allora capacitarsi di come una cosa potesse muoversi senza l'ausilio dei buoi o dei cavalli, così come non può capacitarsi ora di come ogni cosa che si muova di moto proprio – e non solo – abbia un ciclo di vita sempre più breve e debba essere necessariamente distrutta, perduta per sempre.
Un bel modello 150 F seconda serie è arrivato al Museo sulle sue ruote; quello che preferisce Don Andrea per le sue passeggiate d'epoca è una 150 D, senza sellino posteriore, un modello molto affidabile per fare strada perché non è soggetto a surriscaldamento. Alle pareti del museo, foto di alcuni esemplari prima, durante e dopo le cure, immagini d'epoca e riproduzioni di vecchi manifesti che rinfrescano i ricordi dei bei tempi andati, quando le famiglie trovavano posto, a grappolo, sulla Lambretta, per la scampagnata domenicale. Come dimenticare che proprio lei, la Lambretta, figlia dell'ingegner Ferdinando Innocenti e della "signora Lambrate", oltre a contribuire alla ripresa economica del Paese nel dopoguerra, diede vita all'euforia e alla gioia di muoversi degli Italiani.
Pochi arredi, anch'essi sapientemente recuperati, conferiscono un carattere ancora più storico rappresentativo al piacevole grande locale. Solo due cose possono piacere o non piacere, due piccoli nei: il primo, l'applicazione - sulla parte anteriore dei modelli - di un nome in metallo che, però, non è di fabbrica, ma di fantasia (forse per far contento qualche donatore o, forse ancora, perché Don Andrea le sue creature le chiama per nome… e in tal caso lo si può perdonare!). Il secondo, la presenza di alcuni - pochi per la verità - modelli extra famiglia: qualche modello dell' antagonista Vespa e un paio di Moto Guzzi che, però, si possono tollerare per dovere di cronaca!
Tra i modelli recenti spicca il Lui, anche nella versione per l'esportazione, a cui venne dato il nome di Luna; manca invece un Lambro e su questo fatto stuzzichiamo il Don che dice di non darsi per vinto e cerca, cerca, o aspetta che arrivi da solo…. Completano l'ottima collezione due modelli, uno conservato e uno restaurato, del Lambrettino 48, stupenda biciclettona che ben si prestava all'utilizzo nelle campagne, proprio per la sua versatilità e facilità a percorrere strade sterrate e accidentate.
Il libro:"Museo della lambretta: storia e memoria, territorio e paesaggio"
Al momento in cui incontriamo Don Andrea, il libro è in stampa. Il completamento del lungo lavoro, delle ricerche e della passione, si riassume in 145 pagine, generose di illustrazioni, descrizioni, riferimenti a personaggi e luoghi. “Museo della lambretta: storia e memoria, territorio e paesaggio”, questo il titolo, non è una bibbia di informazioni sui modelli della mitica Lambretta, ma, piuttosto, un racconto genuino che si svolge nell’arco dei 50 anni che vanno da poco prima dell’ultima guerra a quelli che hanno decretato la fine del mito di casa Innocenti. Molte vecchie foto e parecchie divagazioni sui luoghi di Don Andrea e accenni di storia rurale che comprende anche quella dell’edificio che ospita il Museo. In un mondo dove tutto è diventato "usa e getta" e niente più resta o si ferma, Don Andrea spera che la sua piccola opera possa essere uno stimolo per i giovanissimi, un indelebile ricordo per i più anziani e uno sprone al recupero in luogo della demolizione, in un contesto ben più ampio che quello strettamente attinente alle due ruote.
Per le visite al museo
Museo della Lambretta, Sellia Marina (CZ), tel. 0961 798093. Il Museo si trova sulla statale 106 ionica, lato monte, subito dopo il piccolo distributore IP. Poiché l’iniziativa è sostenuta da collaboratori volontari, è sempre meglio chiamare prima, anche al cellulare di Don Andrea: 340/7774248. Ciò consente, tra l’altro, di organizzare la visita fuori da orari prestabiliti.
Dove mangiare e dormire
Agriturismo Santa Cinnara, Contrada Corticello, tel. 0961 798456. In collina, a 5 km dalle spiagge, dispone di graziosi appartamenti attrezzati a connotazione rurale, piscina, e molti spazi conviviali. Ha un piccolo museo agricolo: attrezzi, trattori e carretti rimessi insieme con la stessa profonda passione per il recupero già conosciuta in Don Andrea. Coltivazione con metodo biologico dei prodotti disponibili presso il punto vendita aziendale. Cucina veramente genuina e casareccia, con pane cotto nel forno a legna e materie prime dal proprio allevamento e dalla propria terra.
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