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La Cina in Fiera

di Alessandro D'Aiuto il 24/11/2005 in Attualità

All?EICMA quest? anno erano molti gli stand in cui si parlava cinese: la presenza del far east si è fatta chiaramente sentire, tanto da meritarsi quasi un intero padiglione. Siamo andati quindi vedere questa fiera nella fiera per cercare qualche spunto

La Cina in Fiera
(Forse è da rivedere l'estetica, ma l'impegno a far bene non manca
di Alessandro D'Aiuto


Progettata e prodotta interamente in Cina: questa Jialing è forse il più chiaro esempio della voglia di emergere vista in fiera

Padiglione 22, ore 12.30 di una qualsiasi giornata della Fiera del Motociclo. E? tutto un florilegio di involtini primavera e cibarie cinesi, stand di marche poco conosciute che espongono moltissimi modelli e signori orientali gentilissimi e sorridenti che smanettano con le immancabili bacchett
e. Potrebbe essere questa l?immagine ?di colore? dell? edizione 2005 del Salone della Moto: quest? anno la presenza orientale è stata veramente massiccia ed organizzata e quello che si è visto in fiera non è che una minima parte di ciò che la Cina avrebbe voluto portare nel Capoluogo lombardo. Si pensi infatti che per la sola Cina Popolare, a fronte di 200 posti riservati, il governo ha portato all?ambasciata italiana di Shangai qualcosa come 800 richieste per esporre! A debita distanza, un paio di padiglioni più in là, la folta rappresentanza di quella Taiwan che ci sta abituando a prodotti dal prezzo concorrenziale e di qualità sempre migliore. Ecco le due facce della Cina, realtà lontanissima dall?idea preconcetta di un blocco unico e granitico.


Sono ben note le differenze tra le realtà economiche dei due paesi, ma il nostro giro tra i padiglioni dell?EICMA ci ha mostrato l?evoluzione di una situazione già in atto da tempo e delle enormi problematiche che le loro industrie di settore stanno fronteggiando per cercare di emergere in un mercato certamente dai grossi numeri ma non in grado di assicurare un posto a tutti. La lotta tra le due Tigri si sta così facendo serratissima e non priva di colpi bassi, scopiazzature senza ritegno o di vere e proprie cadute di stile, che se nello specifico non hanno nessun valore, sono però indice di una mentalità.

  A pochi giorni dalla chiusura della fiera l? ANSA ha diramato un comunicato secondo cui undici miniscooter contraffatti sono stati sequestrati dalla Finanza che ha anche denunciato 4 persone, 3 cinesi ed un italiano, per vari reati commessi sulla violazione dei brevetti ai danni di un?azienda della Repubblica Ceca. Siamo dunque andati a vedere novità e tendenze di questo mondo e più che proporvi l?elenco completo di quanto esposto (cosa del resto impossibile?) tentiamo invece di fare un po? il punto della situazione analizzando qualche caso particolare. E? spesso ormai solo un debito di immagine a separare queste realtà produttive dalle marche a noi più note e sicuramente la ?parità? è solo una questione di tempo e di abitudine. Del resto fino a 15 anni fa comperare un?auto coreana era una mezza scommessa, oggi invece è quasi un acquisto ?intelligente?.

Uno sguardo a Taiwan


Lo stand della TGB, azienda che produce 100.000 veicoli l'anno

Potrebbe sembrare incredibile, ma forse chi ha più paura dei cinesi? sono i cinesi! Certo, non è un grido di allarme, ma a parlare con gli espositori taiwanesi c?è da rimanere quantomeno incuriositi sentendo le lamentele all?indirizzo dei loro omologhi continentali. Sia i produttori di moto e scooter che gli accessoristi stanno infatti attraversando una fase di transizione che li sta portando verso un generale innalzamento della qualità e di conseguenza dei prezzi, senza però godere ancora di un nome e di un credito di immagine sufficientemente forte presso il pubblico europeo. Marchi come Kymco e Sym sono ormai presenze consolidate sul nostro mercato, con numeri di vendita interessanti e prodotti con un?immagine in grado di competere quasi alla pari con le case europee ma dietro a loro c?è tutta una lista di (grosse) industrie che si contendono un mercato volubile e fatto di margini bassi e grandi numeri.



Interessantissima, in proposito, la lunga chiaccherata che abbiamo avuto con il Signor Adam Tao, manager della TGB (Taiwan Golden Bee), colosso consociato a Piaggio e capace di produrre 100.000 scooter all?anno che ci ha raccontato come molte realtà soffrano di una relativa diminuzione della competitività dovuta all?ingresso dei prodotti cinesi, meno cari e spesso copiati di sana pianta ma peggio rifiniti.  A questo bisogna aggiungere l?enorme differenza in termini assoluti del costo del lavoro tra i due paesi: se infatti il salario minimo di un operaio taiwanese si attesta sui 400 euro, il suo omologo cinese se ne deve far bastare 80 e magari faticando qualche ora in più ogni giorno. Ma detto questo, tutti i produttori si sono presentati con gamme sempre più articolate e sempre più attenti a qualità, finiture e soprattutto gusto dell?utente finale.


Un esempio lampante di questo discorso è proprio il TGB Dynasty, un ruote alte quattro tempi di 125/150 cc forte di un design italiano e di una progettazione congiunta. Questo scooter non presenta certo soluzioni fantascientifiche, ma l?impatto estetico è piacevole, il mezzo è ben dimensionato anche per l?utenza europea, le plastiche sono accoppiate correttamente e si vede come il progetto sia generalmente di livello superiore rispetto ad altri prodotti omologhi visti in fiera. Interessante anche il 303RS, scooter di gusto sportivo disponibile nelle cilindrate 50, 125 e 150 cc. Design equilibrato, grafiche piacevoli ma sobrie ed un equipaggiamento abbastanza completo per un mezzo che sul nostro mercato è venduto a circa 1.600 euro. Una cifra sicuramente invitante ma che rimane superiore ai teorici 1000 euro necessari per acquistare il medesimo scooter qualora fosse prodotto nella Cina Popolare.


La musica non cambia quando si parla con i produttori di accessori, forse ancora più in difficoltà dei costruttori veri e propri: riescono ad essere anche due volte meno cari dei concorrenti europei ma sono a loro volta incalzati dai cinesi che pur non offrendo garanzie di qualità e post vendita sempre adeguate hanno dei prezzi troppo invitanti per non essere almeno considerati. Il risultato sulle due sponde è però il medesimo, con le aziende che vengono in Europa a caccia di tecnologia pagando spesso con i soldi dei loro governi. E su tutto regna sovrano un grande ottimismo (non sappiamo però quanto sia di facciata) a dispetto di quanto appena esposto e anche di una congiuntura economica occidentale non particolarmente favorevole.

Tra le due sponde


Scarico basso, livrea racing, cerchi anodizzati, dischi a margherita... Non manca nulla a questa CPI  per essere appetibile agli occhi dei più giovani

Che la situazione sia in piena evoluzione è testimoniato anche dall?esistenza di compagnie che tengono saldamente un piede sull?isola di Taiwan ed uno sul continente. È il caso della CPI, colosso con diverse filiali in tutto il mondo, tra cui una proprio a Shangai. Impressionante il loro stand al padiglione 10, proprio accanto a quello della Moto Guzzi, dove era esposta tutta la gamma di moto e scooter di piccola cilindrata. Design italiano anche per loro, grande sforzo per cercare di costruire una rete in Italia, molta fiducia per il futuro in questa fase che per loro è ancora esplorativa e qualche apprensione per un mercato delle piccole cilindrate che non è più trainante come un tempo.


Tutti i motocicli esposti sono di aspetto veramente piacevole e che nel caso delle Enduro-Supermotard di 50 cc vantano addirittura delle soluzioni estetiche quasi inedite e sinceramente azzeccate, quali il cattivissimo gruppo espansione-silenziatore dal passaggio basso e dall?uscita corta e tozza oppure l?adozione dei dischi a margherita davanti e dietro, particolare inconsueto su un mezzo di questa cilindrata.


Curioso anche lo scooter GTR: fa sfoggio di ruote alte, design italiano di gusto hi-tech e addirittura di un telaio a traliccio di tipo motociclistico. I due propulsori disponibili saranno un 50 2 tempi ed un 150 4 tempi forti dell?omologazione Euro 2. Anche il più piccolo ruote basse Aragon gode di un design piacevole, è proposto in diverse versioni tra cui segnaliamo la serie GP che si ispira molto alle grafiche di alcuni tra i più noti team di Formula 1 e MotoGp. Sicuramente tutti incontrerebbero i favori dei quattordicenni di casa nostra, un mercato però molto volubile e soggetto alle mode e che bisogna rincorrere spesso a fatica. E questo è un altro problema sentito da molti produttori e che è strettamente connesso alla difficoltà di spiccare il volo verso cilindrate più elevate.

il caso KeeWay

Chi sta cercando di aggirare questo problema è la Qianjiang, mega-industria della Cina Popolare che, fresca dell?acquisizione della Benelli, si è presentata a Milano con un suo brand esclusivamente dedicato all?esportazione. Questa Casa, che gode di forti appoggi economici da parte del governo, sta delineando una strategia molto aggressiva su tutti i settori del mercato. Con il marchio KeeWay presenta la sua produzione di scooter e moto di piccola cilindrata destinata all?esportazione. Tutti i suoi prodotti beneficiano di progetti sia interni che d?importazione e vengono prodotti con macchinari basati su tecnologia tedesca e design italiano. Molto variegata la proposta: segnaliamo alcune novità interessanti quali l?Hacker (nella foto a lato) scooter proposto nelle cilindrate 50, 125 e 150 cc o la motoleggera da enduro TX 125, una off road spinta da un 4 tempi e dal piacevole design.


Esemplare anche la Supershadow 250 che vanta un propulsore bicilindrico a V di aspetto molto simile quello della Yamaha Virago 250. Più che la realizzazione in sé colpisce la ricerca di un?estetica più equilibrata e piacevole rispetto ai classici canoni cui troppo spesso la Cina ci ha abituato. Il dato più saliente di questo brand è però l?idea acquisita che il mercato europeo ed occidentale in genere non si possa affrontare solamente con mezzi dal costo di acquisto contenuto ma dall?affidabilità aleatoria e con una rete di assistenza poco diffusa. E? questa la vera sfida dei costruttori cinesi, che devono costruirsi una clientela e fidelizzarla al loro prodotto andando al contempo ad ampliare la propria offerta verso i settori più alti della gamma.


Qianjiang tende a questo secondo obiettivo con l?acquisizione della Benelli, operazione ancora troppo recente per dare dei segnali concreti in termini di produzione. Un?offensiva a tutto campo e in tutti i settori per accaparrarsi il mercato che però vuole essere sferrata senza ?bruciare? il mercato con una sovraofferta di beni a basso prezzo, pericolo che è ben presente a molti dirigenti di questa come di altre industrie.

Chi fa da sè


Tutta "cinese" questa JH 600

Per entrare nel settore delle moto medie e maxi si può quindi comprare un?industria già fatta e finita oppure tentare di affrontare il discorso con forze interne come ha fatto la cinese Jialing. Accanto alla consueta produzione di scooter, questa Casa si è presentata a Milano proponendo la enduro stradale JH 600. Notevole lo sforzo di fare bene fin dall?esordio anche se le soluzioni adottate non mostrano nulla di nuovo: il motore è un monocilindrico raffreddato a liquido con testata a quattro valvole e distribuzione monoalbero in testa, è capace di sviluppare una quarantina di cavalli a 6.500 giri al minuto ed è già in linea con la normativa Euro 3. Tutta la componentistica è di produzione cinese: dalle sospensioni ai freni passando per le gomme non c?è un nome noto a rassicurare gli eventuali acquirenti. L?estetica è quantomeno personale, con qualche soluzione forse da rivedere: ad esempio l?estetica dello scarico è un po? pesante e la linea di cintura lascia un po? troppo a vista la meccanica. Eppure, malgrado certe pecche nell?assemblaggio e fatti i dovuti ?distinguo?, ad un primo esame questa JH 600 non delude affatto, con un assemblaggio curato a sufficienza ed una generale idea di solidità specie in rapporto al prezzo annunciato. Siamo ancora lontani dagli standard europei e giapponesi, ma forse questa 600, più di ogni altra, mostra veramente le capacità e soprattutto le aspirazioni dell?industria motociclistica cinese, con tutte le sue potenzialità e tutti i suoi limiti.

) Gli obiettivi di vendita prefissati sono tutto sommato ambiziosi (si parla di 300 unità) per una moto che sarà proposta a poco meno di 5.000 euro. L?idea che ci siamo fatti alla fine di questo tour tra gli espositori dell?estremo oriente è che siamo ancora molto lontani dal giorno della paventata ?invasione asiatica". Certo, i segni della novità ci sono tutti, la voglia di fare bene non manca e rispetto anche solamente ad un lustro addietro le realizzazioni sono migliorate esponenzialmente. Ma ancora oggi questi produttori sono ancora indietro sia da un punto di vista costruttivo sia, soprattutto, di immagine rispetto ai marchi storici, privi come sono di un blasone che si conquista negli anni. Per l?Europa la Cina e l?Asia in genere offrono sicuramente una prospettiva interessante con il loro mercato in piena espansione, per l?Asia invece noi siamo occasione irrinunciabile di crescita in termini tecnologici, un?opportunità forse unica stante la tradizionale diffidenza del Giappone a passare il know-how. A Milano l?oriente ha fatto vedere potenzialità nuove e interessanti, sta a noi scegliere di accettare la loro sfida, lavorando su immagine e qualità per non farci sorpassare da questi paesi. Perché in una gara, quando un pilota supera un concorrente, non è solo merito di chi rincorre, ma anche colpa di chi si è fatto raggiungere.

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