I viaggi dei lettori
Facciamo "due" passi?
Pagina principale
In effetti i nostri due lettori ne hanno fatti un po' di più sulle loro Kawasaki Versys... Ecco il racconto di una moto-vacanza tra i laghi e le montagne della Lombardia e il Trentino. Un bel viaggio lontano dalle autostrade
Finalmente è arrivato il primo giorno di vacanza. Siamo pronti per partire è tutto a posto, perfetto, però... Piove. Non c'è problema, attendiamo, con fiducia, un barlume di sole e da Milano ci dirigiamo verso Brescia per l'unico pezzo di autostrada che percorreremo durante le vacanze. Lasciamo la città alle spalle diretti verso il lago d'Idro, percorrendo le valli bresciane ad andatura turistica.
I chilometri scorrono via veloci anche se purtroppo gli stradoni a quattro corsie non sono il massimo del divertimento. Resta il tratto gustoso della salita di Caino, ma è troppo breve, sono solo quattro bei curvoni. Arrivati a Ponte Caffaro, veniamo accolti dal tipico temporalone estivo. Poco male, ricoveriamo le moto, scarichiamo i bagagli e ne approfittiamo per un riposino. Al risveglio riecco il sole. L'occasione è da non perdere, così inforchiamo le moto in fretta e partiamo alla volta del passo Crocedomini.
Lasciata la statale del lago d'Idro fino a Bagolino è una "festa" di curvoni aperti e veloci, peccato solo che ci sia un gran traffico di camion che si dirigono allo stabilimento dell'Acqua Maniva.
Da Bagolino inizia la salita vera e propria verso il Crocedomini. La strada si fa più stretta e il fondo stradale non è il massimo, ma il panorama è fantastico: prati verdi a perdita d'occhio, malghe, fiumiciattoli, boschi e mano a mano che si sale si intravedono le montagne. Non vogliamo fermarci più, la curiosità ci spinge sempre alla curva successiva. Arrivati al passo - che fa parte del parco dell'Adamello - parcheggiamo le nostre Kawasaki giusto per una merenda e per vedere un sacco di motociclisti che si attardano a fare la foto davanti al cartello stradale del passo per poi ripartire velocemente scendendo verso Breno.
Da Bagolino inizia la salita vera e propria verso il Crocedomini. La strada si fa più stretta e il fondo stradale non è il massimo, ma il panorama è fantastico: prati verdi a perdita d'occhio, malghe, fiumiciattoli, boschi e mano a mano che si sale si intravedono le montagne. Non vogliamo fermarci più, la curiosità ci spinge sempre alla curva successiva. Arrivati al passo - che fa parte del parco dell'Adamello - parcheggiamo le nostre Kawasaki giusto per una merenda e per vedere un sacco di motociclisti che si attardano a fare la foto davanti al cartello stradale del passo per poi ripartire velocemente scendendo verso Breno.
Dal Crocedomini: più fuori che strada
Prima di ripartire dal passo Crocedomini la nostra attenzione viene attratta da un cartello che segnala una strada (poco più di un tratturo nda) che punta verso l'altro lato della montagna. Non resistiamo. Mettiamo le ruote sullo sterrato o torniamo indietro? Ci guardiamo negli occhi e… Non c'è niente da fare, la voglia di avventura ha la meglio sulla logica. Così ci avventuriamo per gli otto chilometri di sterrato che portano verso il Passo del Maniva. Del resto era troppa la voglia di percorrere una strada che gli altri motociclisti hanno evitato; e poi pare che i locali ci passino anche con le auto, quindi figuriamoci se le nostre Versys si troveranno in difficoltà.
Lo sterrato non è proprio facilissimo, fanghiglia, buche, canali di scolo che tagliano la sede stradale, almeno le recenti piogge impediscono alla polvere di alzarsi. La strada è a mezza costa tra valli e vallette e nonostante qualche automobile e qualche cavallo ce la godiamo tutta, fermandoci ad ogni piazzola.
Nonostante le asperità la Versys si comporta piuttosto bene, certo le gomme stradali non sono proprio adatte, ma la Kawasaki affronta buche, solchi e pozzanghere piene di fango con una certa disinvoltura.
Transitiamo dal punto più alto e dopo una curva ci si para davanti un panorama inconsueto. Una montagna piatta con un'imponente installazione sopra. Ritroviamo l'asfalto proprio alla base di due "antennone" e la curiosità ci spinge, ancora una volta, fuori strada. Così invece di proseguire per il Maniva saliamo verso le antennone per poi scoprire che si tratta di un'installazione militare NATO ormai in stato di abbandono e depredata di tutto, mancano addirittura i tombini. Alla fine n'è valsa davvero la pena; quest'ennesima deviazione dal nostro itinerario ci ha portati su una "terrazza" stupenda da cui abbiamo goduto di una vista incredibile: montagne tutt'intorno e un panorama che guarda la valli, da lasciare senza fiato.
Lo sterrato non è proprio facilissimo, fanghiglia, buche, canali di scolo che tagliano la sede stradale, almeno le recenti piogge impediscono alla polvere di alzarsi. La strada è a mezza costa tra valli e vallette e nonostante qualche automobile e qualche cavallo ce la godiamo tutta, fermandoci ad ogni piazzola.
Nonostante le asperità la Versys si comporta piuttosto bene, certo le gomme stradali non sono proprio adatte, ma la Kawasaki affronta buche, solchi e pozzanghere piene di fango con una certa disinvoltura.
Transitiamo dal punto più alto e dopo una curva ci si para davanti un panorama inconsueto. Una montagna piatta con un'imponente installazione sopra. Ritroviamo l'asfalto proprio alla base di due "antennone" e la curiosità ci spinge, ancora una volta, fuori strada. Così invece di proseguire per il Maniva saliamo verso le antennone per poi scoprire che si tratta di un'installazione militare NATO ormai in stato di abbandono e depredata di tutto, mancano addirittura i tombini. Alla fine n'è valsa davvero la pena; quest'ennesima deviazione dal nostro itinerario ci ha portati su una "terrazza" stupenda da cui abbiamo goduto di una vista incredibile: montagne tutt'intorno e un panorama che guarda la valli, da lasciare senza fiato.
Verso il Passo Maniva
Il sole sta tramontando, quando riprendiamo la strada per il Maniva. Ci fermiamo solo per una breve sosta al bar del passo. Attraversiamo il piazzale, ovviamente sterrato, per prendere la strada che ci riporta a Bagolino. Dal Maniva ci sarebbe anche un'altra strada - sterrata - per scendere verso Anfo, ma è chiusa da tempo per una frana. Peccato. Ci accontentiamo di scendere per una bella serie di tornanti in mezzo al bosco fino a Bagolino per poi gustarci la serie di curvoni fino all'innesto con la statale del lago d'Idro che, a quest'ora, è finalmente sgombra di camion. Sosta all'autolavaggio per togliere il fango dalle moto e proseguiamo il viaggio verso il Trentino.
Alla scoperta del "Trentino Minore"
Non lontano dalle Dolomiti, dai passi e dai monti noti esiste un Trentino più dolce, tranquillo che vale la pena di scoprire. Lasciato il lago d'Idro a Storo imbocchiamo la Val di Ledro che ci accoglie con una belle serie di curvoni in mezzo alle montagne.
La strada è divertente e poco trafficata almeno fino al lago, che in agosto è letteralmente preso d'assalto da orde di turisti e camperisti.
Il lago è bellissimo, ma con tutto il traffico che incontriamo ci sembra di essere su una tangenziale e la voglia di fermarci passa in fretta.
Rapidamente arriviamo a Riva del Garda e poi ad Arco. Il traffico è sempre intenso e tutti i cartelli per il Trentino ci portano verso l'A22. Siamo ormai esausti e siccome c'è sempre un'alternativa guardiamo la cartina che ci suggerisce di fare "due passi" per evitare il traffico degli automobilisti vacanzieri. E così tra qualche difficoltà (in Trentino pare ci siano solo cartelli per l'A22 nda) ad Arco ci dirigiamo verso Ronzo - Chienis imboccando la salita per il passo Santa Barbara. La situazione del traffico migliora e ci godiamo una salita con tornantini stretti che si inerpica sul fianco della montagna, offrendoci, quando il bosco si dirada, delle splendide vedute dall'alto del lago di Garda. Arrivati al passo Santa Barbara, abbiamo la certezza di aver imboccato la strada giusta: così ci fermiamo per una meritata sosta e una merendina. Riscendiamo a valle e dopo poco ricomincia la salita verso il passo Bordala: curve aperte, dolci, sembrerebbe quasi la Toscana se non fosse per il montagnone di 2.000 m sulla sinistra che ci sovrasta.
Dal passo ricomincia la discesa verso il fondovalle e dopo poco il nostro sguardo viene attratto dalle indicazioni turistiche per il lago di Cèi. Un piccolo specchio d'acqua incastonato tra le montagne adibito ad uso piscina. Peccato solo per alcuni turisti "caciaroni" che disturbano la quiete del luogo. Finita la discesa ad Aldeno prendiamo la strada per Garniga - Monte Bondone dove ricomincia la salita.
La strada sale lungo il fianco della montagna ed è sempre semideserta e ben tenuta, ricca di curve e offre continuamente viste spettacolari sulla valle sottostante. Vedere da così in alto l'A22 che la gran parte dei vacanzieri ha scelto di percorrere è bellissimo. Superata Garniga Terme (famosa per i bagni di Fieno nda) attacchiamo la salita per il Monte Bondone e di nuovo ci troviamo su una strada stretta tutta in mezzo al bosco che sale su fino ai 1600 m del piccolo altopiano de Le Viotte. Pranziamo su una pista da sci ancora verde e scendiamo percorrendo un sacco di tornanti a picco verso Trento. Attraversata la città facciamo una piccola pausa a Civezzano con l'intenzione di visitare la chiesa; una delle maggiori testimonianze di arte gotica della zona, ma la troviamo occupata per un funerale. Pazienza, ci contentiamo di ammirarla dall'esterno e riprendiamo la strada diretti verso la Val di Cembra, sempre imprecando per la segnaletica a singhiozzo. Superato il lago di Lases ci troviamo a passare tra le cave di Porfido, panorama inconsueto ma affascinante. La strada si srotola davanti alle nostre ruote, sempre poco trafficata, e ricomincia a salire. Ogni tanto si apre sulla vallata alla nostra sinistra, con tutti i terrazzamenti e i vigneti. Poco prima di Segonzano ecco un nuovo spettacolo: le famose "Piramidi", formazioni argillose che l'erosione ha scolpito lasciandole con un sasso "in testa". Vale la pena deviare dalla strada maestra e inerpicarsi su per il fianco della montagna per una stradina secondaria in modo da ammirarle da vicino.
La strada è divertente e poco trafficata almeno fino al lago, che in agosto è letteralmente preso d'assalto da orde di turisti e camperisti.
Il lago è bellissimo, ma con tutto il traffico che incontriamo ci sembra di essere su una tangenziale e la voglia di fermarci passa in fretta.
Rapidamente arriviamo a Riva del Garda e poi ad Arco. Il traffico è sempre intenso e tutti i cartelli per il Trentino ci portano verso l'A22. Siamo ormai esausti e siccome c'è sempre un'alternativa guardiamo la cartina che ci suggerisce di fare "due passi" per evitare il traffico degli automobilisti vacanzieri. E così tra qualche difficoltà (in Trentino pare ci siano solo cartelli per l'A22 nda) ad Arco ci dirigiamo verso Ronzo - Chienis imboccando la salita per il passo Santa Barbara. La situazione del traffico migliora e ci godiamo una salita con tornantini stretti che si inerpica sul fianco della montagna, offrendoci, quando il bosco si dirada, delle splendide vedute dall'alto del lago di Garda. Arrivati al passo Santa Barbara, abbiamo la certezza di aver imboccato la strada giusta: così ci fermiamo per una meritata sosta e una merendina. Riscendiamo a valle e dopo poco ricomincia la salita verso il passo Bordala: curve aperte, dolci, sembrerebbe quasi la Toscana se non fosse per il montagnone di 2.000 m sulla sinistra che ci sovrasta.
Dal passo ricomincia la discesa verso il fondovalle e dopo poco il nostro sguardo viene attratto dalle indicazioni turistiche per il lago di Cèi. Un piccolo specchio d'acqua incastonato tra le montagne adibito ad uso piscina. Peccato solo per alcuni turisti "caciaroni" che disturbano la quiete del luogo. Finita la discesa ad Aldeno prendiamo la strada per Garniga - Monte Bondone dove ricomincia la salita.
La strada sale lungo il fianco della montagna ed è sempre semideserta e ben tenuta, ricca di curve e offre continuamente viste spettacolari sulla valle sottostante. Vedere da così in alto l'A22 che la gran parte dei vacanzieri ha scelto di percorrere è bellissimo. Superata Garniga Terme (famosa per i bagni di Fieno nda) attacchiamo la salita per il Monte Bondone e di nuovo ci troviamo su una strada stretta tutta in mezzo al bosco che sale su fino ai 1600 m del piccolo altopiano de Le Viotte. Pranziamo su una pista da sci ancora verde e scendiamo percorrendo un sacco di tornanti a picco verso Trento. Attraversata la città facciamo una piccola pausa a Civezzano con l'intenzione di visitare la chiesa; una delle maggiori testimonianze di arte gotica della zona, ma la troviamo occupata per un funerale. Pazienza, ci contentiamo di ammirarla dall'esterno e riprendiamo la strada diretti verso la Val di Cembra, sempre imprecando per la segnaletica a singhiozzo. Superato il lago di Lases ci troviamo a passare tra le cave di Porfido, panorama inconsueto ma affascinante. La strada si srotola davanti alle nostre ruote, sempre poco trafficata, e ricomincia a salire. Ogni tanto si apre sulla vallata alla nostra sinistra, con tutti i terrazzamenti e i vigneti. Poco prima di Segonzano ecco un nuovo spettacolo: le famose "Piramidi", formazioni argillose che l'erosione ha scolpito lasciandole con un sasso "in testa". Vale la pena deviare dalla strada maestra e inerpicarsi su per il fianco della montagna per una stradina secondaria in modo da ammirarle da vicino.
Le due anime del Passo Lavazè
Riprendiamo la marcia, avvicinandoci al Trentino "maggiore", lasciamo la Val di Cembra per entrare in Val di Fiemme ed è d'obbligo una sosta in Val Floriana.
Saltiamo Cavalese strapieno di turisti con una gran confusione e ci avviamo per la strada che porta al Passo Lavazè. Il Trentino "maggiore" ora ostenta tutta la sua bellezza, la strada sale costeggiando montagnoni rosa alla luce del tramonto fino alla rispettabile altezza (oltre 1800 s.l.m.) del Passo.
Bello il passo Lavazè, una strada con due anime un versante ripido con molti tornanti e quello dalla parte di Cavalese ed un versante più dolce e largo, quasi "appenninico" (la parte di Nova Levante). Superiamo il cartello che ci dà il benvenuto in Alto Adige e rapidamente scendiamo fino a Ponte Nova dove imbocchiamo la strada che porta al passo Costalunga, per fermarci nei pressi del lago di Carezza, nostra base per i giorni seguenti. Parcheggiate le Kawasaki, porgiamo un saluto al Latemar che ci guarda e per qualche giorno rivolgeremo la nostra attenzione al Trentino "maggiore", anche se il "minore" (ma solo per altezza delle cime, a questo punto) è stato pieno di bellissime sorprese.
Saltiamo Cavalese strapieno di turisti con una gran confusione e ci avviamo per la strada che porta al Passo Lavazè. Il Trentino "maggiore" ora ostenta tutta la sua bellezza, la strada sale costeggiando montagnoni rosa alla luce del tramonto fino alla rispettabile altezza (oltre 1800 s.l.m.) del Passo.
Bello il passo Lavazè, una strada con due anime un versante ripido con molti tornanti e quello dalla parte di Cavalese ed un versante più dolce e largo, quasi "appenninico" (la parte di Nova Levante). Superiamo il cartello che ci dà il benvenuto in Alto Adige e rapidamente scendiamo fino a Ponte Nova dove imbocchiamo la strada che porta al passo Costalunga, per fermarci nei pressi del lago di Carezza, nostra base per i giorni seguenti. Parcheggiate le Kawasaki, porgiamo un saluto al Latemar che ci guarda e per qualche giorno rivolgeremo la nostra attenzione al Trentino "maggiore", anche se il "minore" (ma solo per altezza delle cime, a questo punto) è stato pieno di bellissime sorprese.
Gallery fotografica