I viaggi dei lettori
Diario di viaggio: Algeria
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Due bellissime settimane tra il deserto algerino e quello tunisino di tre amici, una Africa Twin 750 un camper e un peluche porta fortuna. Ce le racconta Andrea, uno dei protagonisti. Tutti i consigli per equipaggiare la moto
di Andrea Martinelli
Se il buon giorno si vede dal mattino…e’ iniziata l’avventura senza Eric, proprio a Genova è successo l’inaspettato.
Siamo all’imbarco, tutte le formalità espletate, gironzoliamo per le macchine in attesa guardando i mezzi e le loro caratteristiche.
Eric apre il cofano del Land e tira fuori il filtro aria, ne ha uno in spugna che Miky rifiuta, “con la sabbia non ti serve” dice.
Se il buon giorno si vede dal mattino…e’ iniziata l’avventura senza Eric, proprio a Genova è successo l’inaspettato.
Siamo all’imbarco, tutte le formalità espletate, gironzoliamo per le macchine in attesa guardando i mezzi e le loro caratteristiche.
Eric apre il cofano del Land e tira fuori il filtro aria, ne ha uno in spugna che Miky rifiuta, “con la sabbia non ti serve” dice.
Eric insiste, prende l’olio per filtri in spugna che gli ho procurato dalle motoforniture il giorno prima, gliene getta sopra un po’ e lo rimette gocciolante nella cassa filtro.
Gira la chiave e un rumore assordante lacera l’aria, sembra che il disel di Eric si sia trasformato in un rombante 2 tempi con l’accelleratore bloccato, gira la chiave ma ormai si è innestata l’autoaccensione, la tragedia dura non più di 20 secondi poi tutto tace.
Eric scende dalla macchina con un’espressione mai vista, guarda il motore, prova a riaccenderlo ma niente: pistone forato, candelette, testa rotta.
L’avventura è finita per il nostro amico, e non si può dire che per noi sia stato un buon inizio.
Giornata splendida sulla Cartage, un bel sole tiepido. I pensieri vanno ancora ad Eric. Sbrighiamo le pratiche doganali velocemente e cambiamo euro in Dinari, pieno ai serbatoi e via verso Tamerza, ci aspetta una notte di viaggio.
Fa un freddo barbino e a poco a poco mi vesto con tutto quello che ho, partendo dal pile,giaccavento e guanti da sci. Tanti i militari per la strada, tutti molto gentili, fuori dall’asfalto non si vede niente. 500 km e siamo a Tamerza, cena con pane e salamino, contorno con arancia (tutte le pentole le aveva Eric sul Land! Domani le compreremo al primo mercato che incrociamo…)
Notte in tenda con un cielo straripante di stelle.
Gira la chiave e un rumore assordante lacera l’aria, sembra che il disel di Eric si sia trasformato in un rombante 2 tempi con l’accelleratore bloccato, gira la chiave ma ormai si è innestata l’autoaccensione, la tragedia dura non più di 20 secondi poi tutto tace.
Eric scende dalla macchina con un’espressione mai vista, guarda il motore, prova a riaccenderlo ma niente: pistone forato, candelette, testa rotta.
L’avventura è finita per il nostro amico, e non si può dire che per noi sia stato un buon inizio.
Giornata splendida sulla Cartage, un bel sole tiepido. I pensieri vanno ancora ad Eric. Sbrighiamo le pratiche doganali velocemente e cambiamo euro in Dinari, pieno ai serbatoi e via verso Tamerza, ci aspetta una notte di viaggio.
Fa un freddo barbino e a poco a poco mi vesto con tutto quello che ho, partendo dal pile,giaccavento e guanti da sci. Tanti i militari per la strada, tutti molto gentili, fuori dall’asfalto non si vede niente. 500 km e siamo a Tamerza, cena con pane e salamino, contorno con arancia (tutte le pentole le aveva Eric sul Land! Domani le compreremo al primo mercato che incrociamo…)
Notte in tenda con un cielo straripante di stelle.
Tamerza – El Oued – Deb-Deb
Che notte! Nel bel mezzo del sonno mi sveglia uno strano rumore: sopra la mia testa, qualcosa si appoggia alla tenda e sembra la stia annusando, spero solo che sia un cane, ma non lo saprò mai.
Mi riaddormento con difficoltà anche perché fa molto freddo. Sono in un canyon, ovunque roccia rossa, vicino ad un gruppo di baracche a 100m dalle cascate di Tamerza, un’oasi di montagna.
Alla sveglia colazione con piadina piccante e the.
Saliamo sulle montagne e davanti a noi si spalanca il vuoto… una distesa piatta incredibile… l’Algeria.
Ripartiamo e arriviamo in dogana algerina e poi via in mezzo ad una tempesta di sabbia per El Oued dove arriviamo in tarda serata. Abbiamo difficoltà a imboccare la pista per il Grande Erg Orientale e quando la troviamo è già buio.
Prima caduta; nel buio entro sulla sabbia di una duna, la moto si intraversa, accellero e mi vedo venire incontro una montagna di sabbia, poi il buio e le luci del Laverda di Miky che spariscono.
Rialzo la moto (270 kg circa) e chiamo con la portatile i ragazzi che si fermano ad aspettarmi.
Si parte per il G.E.O., pista mista a sabbia e poi solo dune e qui faccio la seconda caduta: mi trovo in cima ad una duna e scopro mio malgrado che dietro non c’è niente, in 3 metri di discesa e infossata paurosa dove mi insabbio. Riparto a fatica e alla duna successiva altra caduta.
Miky e Seba vanno in perlustrazione e sembra che davanti sia peggio, dune basse, molto vicine e con sabbia troppo molle, il mezzo di Miky non ce la può fare, si torna indietro.
Fa molto caldo, sono sudato e continuo a fare buche con la moto per partire, Miky e Seba spalano e lavorano con le piastre.
Siamo sfiniti e rientriamo a El Oued.
Ma vogliamo muoverci verso Deb Deb, perché paesaggi a 360° sono da urlo e un breve tratto di pista parallela alla strada a più di 100Km\h; insabbiamento rituale della mia motoretta e bivacco dietro una duna, preparativi per il campo e cenone dell’ultimo!
MENU: Antipasto: salame, provola affumicata e pane in abbondanza. Primo: zampone con lenticchie annaffiato con vino rosso (Sassaiolo di Monteschiavo). Secondo: altro zampone con lenticchie e stesso vino. Dolce: panettone.Spumante: grand Dessert Morando.1 arancia a testa, limoncello fatto in casa.
Mi riaddormento con difficoltà anche perché fa molto freddo. Sono in un canyon, ovunque roccia rossa, vicino ad un gruppo di baracche a 100m dalle cascate di Tamerza, un’oasi di montagna.
Alla sveglia colazione con piadina piccante e the.
Saliamo sulle montagne e davanti a noi si spalanca il vuoto… una distesa piatta incredibile… l’Algeria.
Ripartiamo e arriviamo in dogana algerina e poi via in mezzo ad una tempesta di sabbia per El Oued dove arriviamo in tarda serata. Abbiamo difficoltà a imboccare la pista per il Grande Erg Orientale e quando la troviamo è già buio.
Prima caduta; nel buio entro sulla sabbia di una duna, la moto si intraversa, accellero e mi vedo venire incontro una montagna di sabbia, poi il buio e le luci del Laverda di Miky che spariscono.
Rialzo la moto (270 kg circa) e chiamo con la portatile i ragazzi che si fermano ad aspettarmi.
Si parte per il G.E.O., pista mista a sabbia e poi solo dune e qui faccio la seconda caduta: mi trovo in cima ad una duna e scopro mio malgrado che dietro non c’è niente, in 3 metri di discesa e infossata paurosa dove mi insabbio. Riparto a fatica e alla duna successiva altra caduta.
Miky e Seba vanno in perlustrazione e sembra che davanti sia peggio, dune basse, molto vicine e con sabbia troppo molle, il mezzo di Miky non ce la può fare, si torna indietro.
Fa molto caldo, sono sudato e continuo a fare buche con la moto per partire, Miky e Seba spalano e lavorano con le piastre.
Siamo sfiniti e rientriamo a El Oued.
Ma vogliamo muoverci verso Deb Deb, perché paesaggi a 360° sono da urlo e un breve tratto di pista parallela alla strada a più di 100Km\h; insabbiamento rituale della mia motoretta e bivacco dietro una duna, preparativi per il campo e cenone dell’ultimo!
MENU: Antipasto: salame, provola affumicata e pane in abbondanza. Primo: zampone con lenticchie annaffiato con vino rosso (Sassaiolo di Monteschiavo). Secondo: altro zampone con lenticchie e stesso vino. Dolce: panettone.Spumante: grand Dessert Morando.1 arancia a testa, limoncello fatto in casa.
Direzione Deb-Deb - Illizi
facciamo una deviazione in fuori pista per alcune foto con un paio di mie cadute e insabbiamenti e poi via prima su strada poi su una pista abbastanza impegnativa.
Lascio guidare la mia moto a Seba che è un motociclista provetto (ha già fatto il Marocco in moto), io non sto molto bene, ho mal di testa e sicuramente anche la febbre.
La pista\strada è davvero difficile: lingue di sabbia la attraversano e la ricoprono anche per centinaia di metri, la guida si fa difficile e Seba si deve impegnare e concentrare.
Ci fermiamo a metà pista per il bivacco, mi prendo una tachipirina e parlo un pò con Sebastiano.
I paesaggi qua sono fuori dal comune, siamo nel centro del Grande Erg Orientale, il silenzio regna sovrano.
Abbiamo trascorso la nottata in uno spiazzo fuori dal mondo con vicino una baracca dove vivono un uomo, suo figlio e un piccolo dromedario che al mattino ci danno il buon giorno. Ripartiamo perché albeggia.
La guida sulla sabbia comincia a piacermi: basta non farsi prendere dalla paura e girare la manetta, la moto prende velocità e galleggia con l’avantreno che va a spasso per i fatti suoi: ancora qualche caduta e un paio di insabbiamenti, fa parte del gioco.
Arriviamo a Deb Deb , facciamo il pieno e poi via, su una strada noiosamente dritta e un orizzonte perfettamente piatto per ore, un plateau di sabbia rossa mista a sassi che non finisce mai.
Dopo ore di monotonia ci si apre davanti uno spettacolo quasi ancestrale, il mondo sembra finito, tutto sprofonda per circa 200 metri in un paesaggio lavico, quasi lunare, anche questa è l’Africa!
Ci fermiamo per la notte in una conca lavica molto sassosa, ottima la cena; sono ancora intontito e mi ronzano le orecchie.
Lascio guidare la mia moto a Seba che è un motociclista provetto (ha già fatto il Marocco in moto), io non sto molto bene, ho mal di testa e sicuramente anche la febbre.
La pista\strada è davvero difficile: lingue di sabbia la attraversano e la ricoprono anche per centinaia di metri, la guida si fa difficile e Seba si deve impegnare e concentrare.
Ci fermiamo a metà pista per il bivacco, mi prendo una tachipirina e parlo un pò con Sebastiano.
I paesaggi qua sono fuori dal comune, siamo nel centro del Grande Erg Orientale, il silenzio regna sovrano.
Abbiamo trascorso la nottata in uno spiazzo fuori dal mondo con vicino una baracca dove vivono un uomo, suo figlio e un piccolo dromedario che al mattino ci danno il buon giorno. Ripartiamo perché albeggia.
La guida sulla sabbia comincia a piacermi: basta non farsi prendere dalla paura e girare la manetta, la moto prende velocità e galleggia con l’avantreno che va a spasso per i fatti suoi: ancora qualche caduta e un paio di insabbiamenti, fa parte del gioco.
Arriviamo a Deb Deb , facciamo il pieno e poi via, su una strada noiosamente dritta e un orizzonte perfettamente piatto per ore, un plateau di sabbia rossa mista a sassi che non finisce mai.
Dopo ore di monotonia ci si apre davanti uno spettacolo quasi ancestrale, il mondo sembra finito, tutto sprofonda per circa 200 metri in un paesaggio lavico, quasi lunare, anche questa è l’Africa!
Ci fermiamo per la notte in una conca lavica molto sassosa, ottima la cena; sono ancora intontito e mi ronzano le orecchie.
Illizi – 4 Camini
I paesaggi cambiano e si passa da dune altissime e rosse a plateau lisci di sabbie arancioni, faccio qualche foto e parlo coi militari dei posti di blocco (ce ne sono ogni 200Km), qui vedono pochi turisti e mi dicono che siamo il quinto gruppo che vedono in un anno… ci controllano i passaporti e ci salutano
Arrivati a Illizi facciamo benzina e ci fermiamo a mangiare pollo e delle patate fantastiche, qui conosco un signore che vuole comprarmi l’Affrica Turringh (per gli amici) Mon Amour (per me) per 250.000 dinari (2600 euro) .
Con fatica imbocchiamo la pista dei 4 camini con il GPS, ci aspettano 450 km di piste, siamo nel Tassili! La pista è veloce, maciniamo circa 70 Km, la concentrazione è al massimo, ci sono quasi 40°C, ma ne vale la pena.
Campo a tarda sera e relax, sono stanco , oggi ho viaggiato senza pettorina per il caldo, ma domani me la metto.
Partenza all’alba e via! Ci sono una vagonata di kilometri da digerire nel minor tempo possibile.
Prima roccia, poi sabbia, poi misto, fa un caldo infernale e non c’è ombra, inizio ad abituarmi alla moto e diventa veramente divertente superare le varie difficoltà: entro in un grosso erg di sabbia sofficissima e inizio ad aumentare la velocità fino all’ultima marcia, sembra di volare, il manubrio non esiste, sbacchetta, il posteriore è stabile finchè non si intersecano altre scie di fuoristrada, è una sensazione fantastica, l’adrenalina è a mille e la concentrazione pure, supero un paio di alte dune, attraverso altri plateau, alcune zone cespugliose e ritorno su una pista pietrosa. Ad un certo punto mi accorgo che la mia ombra tende verso sud. Devo aver sbagliato pista! E ho anche fatto un sacco di strada!! Prendo la radio e sorpresa, batterie scariche! Il GPS! Con le vibrazioni si è staccato il cavo di alimentazione.
Inverto la marcia seguendo le mie tracce ma fuori dai cespugli si perdono, in mezzo a tracce vecchie di fuoristrada che partono per le più disparate direzioni, cerco di tenere la mia ombra a nord e riparto cercando la mia orma. Scruto l’orizzonte.
Dopo qualche minuto su una duna vedo due puntini neri apparire come per incanto, mi dirigo sperando che siano Miky e Seba che mi cercano con il cannocchiale ma quando sono a circa un kilometro vedo che è un cammelliere con il suo dromedario. Sono senza acqua e ho due barrette energetiche, non ho con me né tenda né sacco a pelo. Mi fermo su una alta duna e in lontananza vedo un puntino giallo e polveroso che si avvicina. E’ lui? E’ davvero Micky, o è un’illusione? No, è davvero lui, che sollievo. Da adesso in poi viaggerò sempre tenendo un occhio su di loro.
Continuiamo su un plateau infinito con buche e sabbia molle, ad un tratto l’Africa twin inizia a “tossire”, sembra che giri male il motore, qualche attimo e mi si blocca la ruota posteriore. Siamo a 200km nel niente e si è piantata la moto. Mi fermo, smonto le fiancatine, guardo il filtro ed è intasato di polvere e sabbia. Gli do una scrollata, lo rimonto, e la moto si riaccende. Passata anche questa!
Arriviamo in una grossa conca dove riposa un erg di notevoli dimensioni, dobbiamo attraversarlo ed è quasi sera, il Laverda inizia ad avere qualche problema nel superamento di grandi dune e Miky deve riprovare varie volte. Prendendo la rincorsa per uscire da un catino Miky si intraversa e si infossa su un lato, il mezzo ondeggia e rimane al limite del ribaltamento, corriamo subito a fargli da contrappeso e con la delicatezza di un giocoliere lo riportiamo al sicuro, ci fermiamo e facciamo campo sulle dune.
Cena con pizzoccheri e vino rosso…. Questa è l’Africa! Stellata indimenticabile….Ho sabbia dappertutto.Oggi abbiamo fatto 220 Km di fuoristrada.
Arrivati a Illizi facciamo benzina e ci fermiamo a mangiare pollo e delle patate fantastiche, qui conosco un signore che vuole comprarmi l’Affrica Turringh (per gli amici) Mon Amour (per me) per 250.000 dinari (2600 euro) .
Con fatica imbocchiamo la pista dei 4 camini con il GPS, ci aspettano 450 km di piste, siamo nel Tassili! La pista è veloce, maciniamo circa 70 Km, la concentrazione è al massimo, ci sono quasi 40°C, ma ne vale la pena.
Campo a tarda sera e relax, sono stanco , oggi ho viaggiato senza pettorina per il caldo, ma domani me la metto.
Partenza all’alba e via! Ci sono una vagonata di kilometri da digerire nel minor tempo possibile.
Prima roccia, poi sabbia, poi misto, fa un caldo infernale e non c’è ombra, inizio ad abituarmi alla moto e diventa veramente divertente superare le varie difficoltà: entro in un grosso erg di sabbia sofficissima e inizio ad aumentare la velocità fino all’ultima marcia, sembra di volare, il manubrio non esiste, sbacchetta, il posteriore è stabile finchè non si intersecano altre scie di fuoristrada, è una sensazione fantastica, l’adrenalina è a mille e la concentrazione pure, supero un paio di alte dune, attraverso altri plateau, alcune zone cespugliose e ritorno su una pista pietrosa. Ad un certo punto mi accorgo che la mia ombra tende verso sud. Devo aver sbagliato pista! E ho anche fatto un sacco di strada!! Prendo la radio e sorpresa, batterie scariche! Il GPS! Con le vibrazioni si è staccato il cavo di alimentazione.
Inverto la marcia seguendo le mie tracce ma fuori dai cespugli si perdono, in mezzo a tracce vecchie di fuoristrada che partono per le più disparate direzioni, cerco di tenere la mia ombra a nord e riparto cercando la mia orma. Scruto l’orizzonte.
Dopo qualche minuto su una duna vedo due puntini neri apparire come per incanto, mi dirigo sperando che siano Miky e Seba che mi cercano con il cannocchiale ma quando sono a circa un kilometro vedo che è un cammelliere con il suo dromedario. Sono senza acqua e ho due barrette energetiche, non ho con me né tenda né sacco a pelo. Mi fermo su una alta duna e in lontananza vedo un puntino giallo e polveroso che si avvicina. E’ lui? E’ davvero Micky, o è un’illusione? No, è davvero lui, che sollievo. Da adesso in poi viaggerò sempre tenendo un occhio su di loro.
Continuiamo su un plateau infinito con buche e sabbia molle, ad un tratto l’Africa twin inizia a “tossire”, sembra che giri male il motore, qualche attimo e mi si blocca la ruota posteriore. Siamo a 200km nel niente e si è piantata la moto. Mi fermo, smonto le fiancatine, guardo il filtro ed è intasato di polvere e sabbia. Gli do una scrollata, lo rimonto, e la moto si riaccende. Passata anche questa!
Arriviamo in una grossa conca dove riposa un erg di notevoli dimensioni, dobbiamo attraversarlo ed è quasi sera, il Laverda inizia ad avere qualche problema nel superamento di grandi dune e Miky deve riprovare varie volte. Prendendo la rincorsa per uscire da un catino Miky si intraversa e si infossa su un lato, il mezzo ondeggia e rimane al limite del ribaltamento, corriamo subito a fargli da contrappeso e con la delicatezza di un giocoliere lo riportiamo al sicuro, ci fermiamo e facciamo campo sulle dune.
Cena con pizzoccheri e vino rosso…. Questa è l’Africa! Stellata indimenticabile….Ho sabbia dappertutto.Oggi abbiamo fatto 220 Km di fuoristrada.
4 Camini – Hassi Bel Guebbour -Douz
Partiti prestissimo con la sabbia dura ci spariamo le dune ed il mare di sabbia che rimangono tutto d’un fiato, poi pista dura ed un piano infinito di ghiaione,e arriviamo in una zona di formazioni rocciose che ci indicano la fine della pista e l’inizio dell’asfalto. Gli orizzonti si sfumano e le montagne fanno un tutt’uno con le grandi distese pianeggianti traendo in inganno l’occhio stanco di chi guida da tempo.
Ho mal di schiena e 450 Km di buche sulla gobba. Ora si viaggia lisci verso nord e dopo 400 Km di asfalto altro campo. Qui dovrebbe esserci la scorta armata, siamo vicino al confine libico ed è posto di contrabbandieri, un cartello dice che è vietato uscire dall’asfalto, chiediamo ad un militare che ci spiega che due elicotteri da guerra pattugliano il deserto e abbattono tutto ciò che ci passa sopra.
Siamo in anticipo sui tempi, Miky vuole attraversare il Lago salato ed andare a Douz in Tunisia … Io preferirei una doccia e del sano riposo.
Partenza come al solito presto, superiamo El Oued e facciamo dogana per la Tunisia un po più lenta che all’andata, ricambiamo i dinari Algerini in euro e mi accorgo di aver speso una miseria: ho cambiato 150€ e me ne sono ritornati 65, queste le spese per 9 giorni in Algeria e 3000 km in benzina!
Ora puntiamo verso sud su una strada polverosissima, verso il Lago salato e Douz, arriviamo alla cittadina con il buio dopo 650 km di strda, un giro per la città, cena con cotechino, polenta e risotto alla milanese fatto da un tedesco e poi a nanna nel campeggio! Prima doccia dopo 10 giorni! Nel tempo libero riesco anche a fare manutenzione alla moto, pulendo il filtro e oliando la catena.
Durante tutto il viaggio, quando passiamo nei paesini, tantissimi bambini ci vengono incontro, si avvicinano al bordo della strada e ci salutano, altri invece restano più indietro e appena passiamo ci scagliano allegramente sassi grossi come uova, passarci in moto non è sempre molto salutare…
Notte perfetta, ho dormito benissimo, e oggi giornata libera, niente moto, niente freddo, niente buche, 0 i km fatti!
Sveglia a piacimento giretto per Douz dove conosciamo dei mercanti con cui dialoghiamo tutta la mattina e beviamo il mitico the alla menta, ritorno al campeggio per pranzo e giretto randagio per i sobborghi e le baracche della città, poi a sera cena fuori con cous cous (2.8 dinari). Compro una croce del sud in argento (simbolo berbero dei tuareg) a 13 dinari e pago il campeggio per 2 giorni 16 dinari.
Ho mal di schiena e 450 Km di buche sulla gobba. Ora si viaggia lisci verso nord e dopo 400 Km di asfalto altro campo. Qui dovrebbe esserci la scorta armata, siamo vicino al confine libico ed è posto di contrabbandieri, un cartello dice che è vietato uscire dall’asfalto, chiediamo ad un militare che ci spiega che due elicotteri da guerra pattugliano il deserto e abbattono tutto ciò che ci passa sopra.
Siamo in anticipo sui tempi, Miky vuole attraversare il Lago salato ed andare a Douz in Tunisia … Io preferirei una doccia e del sano riposo.
Partenza come al solito presto, superiamo El Oued e facciamo dogana per la Tunisia un po più lenta che all’andata, ricambiamo i dinari Algerini in euro e mi accorgo di aver speso una miseria: ho cambiato 150€ e me ne sono ritornati 65, queste le spese per 9 giorni in Algeria e 3000 km in benzina!
Ora puntiamo verso sud su una strada polverosissima, verso il Lago salato e Douz, arriviamo alla cittadina con il buio dopo 650 km di strda, un giro per la città, cena con cotechino, polenta e risotto alla milanese fatto da un tedesco e poi a nanna nel campeggio! Prima doccia dopo 10 giorni! Nel tempo libero riesco anche a fare manutenzione alla moto, pulendo il filtro e oliando la catena.
Durante tutto il viaggio, quando passiamo nei paesini, tantissimi bambini ci vengono incontro, si avvicinano al bordo della strada e ci salutano, altri invece restano più indietro e appena passiamo ci scagliano allegramente sassi grossi come uova, passarci in moto non è sempre molto salutare…
Notte perfetta, ho dormito benissimo, e oggi giornata libera, niente moto, niente freddo, niente buche, 0 i km fatti!
Sveglia a piacimento giretto per Douz dove conosciamo dei mercanti con cui dialoghiamo tutta la mattina e beviamo il mitico the alla menta, ritorno al campeggio per pranzo e giretto randagio per i sobborghi e le baracche della città, poi a sera cena fuori con cous cous (2.8 dinari). Compro una croce del sud in argento (simbolo berbero dei tuareg) a 13 dinari e pago il campeggio per 2 giorni 16 dinari.
Douz – Tamerza - Tunisi
Salutiamo Douz e partiamo per Tamerza, ci fermiamo a fare foto su uno scheletro di autobus nel lago salato verso nord, vediamo un’oasi di montagna vicino a Tamerza e poi ci dirigiamo a Mides, un’oasi splendida con un canyon da favola che divide la Tunisia dall’Algeria, ritorno a Tamerza dove ci aspetta Ahid per la festa berbera.
Al mattino colazione con la solita piadina piccante e il the, compro 3 kg di datteri, mi faccio una passeggiata sulle bellissime montagne che circondano queste oasi e poi partiamo in direzione nord verso Dougga.
Vento freddisssimo e molto forte, sono intirizzito da non sentire più le dita delle mani, tremo come una foglia, Il paesaggio varia continuamente ed il deserto si tramuta a poco a poco in colline sempre più verdi che ricordano i paesaggi primaverili della toscana; colori assurdi, irreali di una lucentezza mai vista. Delle nuvole nere sembrano aspettarmi per il colpo di grazia, sono talmente dense che sembrano cadermi in testa, sembrano pesanti e crudeli ma mi risparmiano un lavaggio inutile dopo un giorno di freddo e di stenti.
Dormiamo a Dougga con un vento fortissimo che fischia in mezzo a delle rovine romane.
Il vento si è calmato a metà nottata e sono così riuscito a dormire un po’.
Mi sveglio presto e preparo per l’ultima volta tutti i bagagli, chiudo meglio la tenda, ripiego con cura il materassino e preparo la moto per gli ultimi 100 km. Non possiamo gustarci le rovine romane perchè siamo in ritardo, l’imbarco è alle 11, ultimo pieno di benzina e un pò di traffico per arrivare al porto, imbarco ultrarapido, sta finendo un sogno.
L’aria è freddina, ormai sono sul ponte della Cartage, vedo Tunisi accrocchiata davanti a me, due tedeschi scattano delle foto, tra un pò si parte…
Al mattino colazione con la solita piadina piccante e il the, compro 3 kg di datteri, mi faccio una passeggiata sulle bellissime montagne che circondano queste oasi e poi partiamo in direzione nord verso Dougga.
Vento freddisssimo e molto forte, sono intirizzito da non sentire più le dita delle mani, tremo come una foglia, Il paesaggio varia continuamente ed il deserto si tramuta a poco a poco in colline sempre più verdi che ricordano i paesaggi primaverili della toscana; colori assurdi, irreali di una lucentezza mai vista. Delle nuvole nere sembrano aspettarmi per il colpo di grazia, sono talmente dense che sembrano cadermi in testa, sembrano pesanti e crudeli ma mi risparmiano un lavaggio inutile dopo un giorno di freddo e di stenti.
Dormiamo a Dougga con un vento fortissimo che fischia in mezzo a delle rovine romane.
Il vento si è calmato a metà nottata e sono così riuscito a dormire un po’.
Mi sveglio presto e preparo per l’ultima volta tutti i bagagli, chiudo meglio la tenda, ripiego con cura il materassino e preparo la moto per gli ultimi 100 km. Non possiamo gustarci le rovine romane perchè siamo in ritardo, l’imbarco è alle 11, ultimo pieno di benzina e un pò di traffico per arrivare al porto, imbarco ultrarapido, sta finendo un sogno.
L’aria è freddina, ormai sono sul ponte della Cartage, vedo Tunisi accrocchiata davanti a me, due tedeschi scattano delle foto, tra un pò si parte…
Tunisi-Genova
Sono sdraiato in cabina con Miky e Seba. Seba dorme, Miky lavora con il suo palmare, ho appena finito di farmi la doccia e un sacco di immagini intasano la mia testa: la cascata di Tamerza, Ahid con il suo sorriso, le dune, la strada che muore nell’orizzonte, il freddo di certe notti….
Nella cabina si diffonde musica da camera molto rilassante e ripenso alla mia tenda, al materassino gonfiato e rigonfiato tutte le sante notti, la ricerca della posizione e del nostro giaciglio a riparo dal vento e lontano dai cespugli, rivedo il volto sorridente dei poliziotti e dei militari algerini, quando uno di loro ha dato in mano il kalashnikov a Miky, la pista dei 4 camini con i suoi tratti veloci e divertenti, con quei paesaggi che si modificavano continuamente, il cammelliere in quel mare infinito di sabbia e quel puntino giallo là in fondo che era la mia sicurezza, le notti stellate e le cene al caldo del Laverda, le risate in compagnia di Seba e Miky. E ancora, la buca con dentro l’anfora e i colori surreali del nord della Tunisia, le rovine romane di Dougga illuminate al tramonto, gli uomini nei campi, gli occhi delle donne nascoste dai veli, i colori dei loro vestiti, gli asini con i loro carretti, l’odore di legna bruciata e di carne grigliata, il suono del vento che lambe il mio casco o che sferza la tenda.La solitudine. Le rincorse del Laverda per superare le dune, le cadute di mon amour e gli sforzi per rialzarla, le cinghie della tanica che si rompevano ogni giorno, il mio peluche portafortuna sempre addosso. Ora invece penso a casa, alla mia famiglia, a chi mi vuole bene, agli amici. Sto arrivando.
Ho imparato a riconoscere le tracce del fenec, le tane degli scorpioni, ad orientarmi con il sole, e …in sh allah (se dio vuole) ritornerò in questi posti fantastici, dove si provano sensazioni vere e forti emozioni.
Nella cabina si diffonde musica da camera molto rilassante e ripenso alla mia tenda, al materassino gonfiato e rigonfiato tutte le sante notti, la ricerca della posizione e del nostro giaciglio a riparo dal vento e lontano dai cespugli, rivedo il volto sorridente dei poliziotti e dei militari algerini, quando uno di loro ha dato in mano il kalashnikov a Miky, la pista dei 4 camini con i suoi tratti veloci e divertenti, con quei paesaggi che si modificavano continuamente, il cammelliere in quel mare infinito di sabbia e quel puntino giallo là in fondo che era la mia sicurezza, le notti stellate e le cene al caldo del Laverda, le risate in compagnia di Seba e Miky. E ancora, la buca con dentro l’anfora e i colori surreali del nord della Tunisia, le rovine romane di Dougga illuminate al tramonto, gli uomini nei campi, gli occhi delle donne nascoste dai veli, i colori dei loro vestiti, gli asini con i loro carretti, l’odore di legna bruciata e di carne grigliata, il suono del vento che lambe il mio casco o che sferza la tenda.La solitudine. Le rincorse del Laverda per superare le dune, le cadute di mon amour e gli sforzi per rialzarla, le cinghie della tanica che si rompevano ogni giorno, il mio peluche portafortuna sempre addosso. Ora invece penso a casa, alla mia famiglia, a chi mi vuole bene, agli amici. Sto arrivando.
Ho imparato a riconoscere le tracce del fenec, le tane degli scorpioni, ad orientarmi con il sole, e …in sh allah (se dio vuole) ritornerò in questi posti fantastici, dove si provano sensazioni vere e forti emozioni.
La preparazione della moto
Ho utilizzato un’Africa Twin 750 del 1991, a detta di molti troppo pesante per andare su sabbia, l’ho scelta per la sua presunta affidabilità meccanica, la robustezza e la ottima coppia ai bassi regimi che sviluppa. E’ il modello vecchio, più corto, più alto e più specifico per il fuoristrada, l’unico difetto riscontrato è la posizione della cassa filtro, sotto la sella, che si ciuccia un sacco di polvere e di sabbia. Ho provato a limitarne l’entrata con una calza da donna fascettata all’ingresso ma soffocava troppo il motore e consumava un sacco.
E’ indistruttibile e veramente affidabile, si sente il peso gravoso solo nello stretto ma quando riesci a mantenere in tiro il motore diventa facile e molto intuitiva, con un po di mano diventa anche divertente!
L’ho alleggerita il più possibile togliendo tutto il superfluo, dalle plastiche degli steli forcella, tutto il cupolino, la strumentazione, frecce e specchietti, clacson, carene laterali, pedanine posteriori copricatena, piastra portabauletto. Ho sostituito la marmitta (pesantissima) con un finale arrow in acciaio e montato un cupolino da cross con faroquadrato, fissato alle forcelle con delle staffe. Della strumentazione ho lasciato la temperatura del raffreddamento e la spia dell’olio, tutto il cablaggio è stato inguainato ed ho tirato fuori due prese a 12V, una dalle luci di posizione (per il GPS) e una dal bloccheto di accensione (per un faro alogeno aggiuntivo o per qualsiasi emergenza).
Michelin desert davanti con camera d’aria rinforzata e desert dietro con mousse antiforatura (da 17 pollici non si trova, io ho messo quella da 18 ed è andata benissimo…) e bloccacopertone. I raggi dei cerchi li ho fascettati con fascette di plastica robuste, resistono meglio agli urti.
Le forcelle, un po’ troppo morbide per il fuoristrada, le ho irrigidite sostituendo la molla piccola con un distanziale e precaricando la molla grande. Ho messo manopole in spugna per togliere un po’ di fibrazioni al manubrio e su di esso ho fissato l’attacco per il GPS con dei gommini.
Insieme al paramotore\paraserbatoio ho fissato con le fascette una rete metallica per riparare un po’ meglio le tubazioni e i radiatori; il tappo dell’olio è stato forato mettendo un fil di ferro in modo che non si potesse perdere nel caso si fosse svitato. Tutti i bulloni serrati e segnati con il pennarello per controllare se si smollavano, un foglio adesivo abbastanza spesso sul serbatoio dove appogerebbe in caso di caduta.
Ho portato con me un po’ di ricambi (che però non sono serviti) cuscinetti ruota anteriore e posteriore, catena corona pignone, filtro aria, leva freno e frizione, filtro olio , 2 kg di olio motore, chiave di scorta fascettata al telaio, liquido freni e dell’acqua distillata, una camera d’aria anteriore di scorta, pastiglie freni, filo frizione, lampadina faro e false maglie per la catena. Inoltre: tutte le chiavi per la bulloneria, un sacco di fascette, nastro adesivo, pasta rossa e il kit foratura con le leve in acciaio, qualche fusibile. Ho recuperato un faro alogeno da 12v e una ventolina di raffreddamento del radiatore di emergenza.
E’ indistruttibile e veramente affidabile, si sente il peso gravoso solo nello stretto ma quando riesci a mantenere in tiro il motore diventa facile e molto intuitiva, con un po di mano diventa anche divertente!
L’ho alleggerita il più possibile togliendo tutto il superfluo, dalle plastiche degli steli forcella, tutto il cupolino, la strumentazione, frecce e specchietti, clacson, carene laterali, pedanine posteriori copricatena, piastra portabauletto. Ho sostituito la marmitta (pesantissima) con un finale arrow in acciaio e montato un cupolino da cross con faroquadrato, fissato alle forcelle con delle staffe. Della strumentazione ho lasciato la temperatura del raffreddamento e la spia dell’olio, tutto il cablaggio è stato inguainato ed ho tirato fuori due prese a 12V, una dalle luci di posizione (per il GPS) e una dal bloccheto di accensione (per un faro alogeno aggiuntivo o per qualsiasi emergenza).
Michelin desert davanti con camera d’aria rinforzata e desert dietro con mousse antiforatura (da 17 pollici non si trova, io ho messo quella da 18 ed è andata benissimo…) e bloccacopertone. I raggi dei cerchi li ho fascettati con fascette di plastica robuste, resistono meglio agli urti.
Le forcelle, un po’ troppo morbide per il fuoristrada, le ho irrigidite sostituendo la molla piccola con un distanziale e precaricando la molla grande. Ho messo manopole in spugna per togliere un po’ di fibrazioni al manubrio e su di esso ho fissato l’attacco per il GPS con dei gommini.
Insieme al paramotore\paraserbatoio ho fissato con le fascette una rete metallica per riparare un po’ meglio le tubazioni e i radiatori; il tappo dell’olio è stato forato mettendo un fil di ferro in modo che non si potesse perdere nel caso si fosse svitato. Tutti i bulloni serrati e segnati con il pennarello per controllare se si smollavano, un foglio adesivo abbastanza spesso sul serbatoio dove appogerebbe in caso di caduta.
Ho portato con me un po’ di ricambi (che però non sono serviti) cuscinetti ruota anteriore e posteriore, catena corona pignone, filtro aria, leva freno e frizione, filtro olio , 2 kg di olio motore, chiave di scorta fascettata al telaio, liquido freni e dell’acqua distillata, una camera d’aria anteriore di scorta, pastiglie freni, filo frizione, lampadina faro e false maglie per la catena. Inoltre: tutte le chiavi per la bulloneria, un sacco di fascette, nastro adesivo, pasta rossa e il kit foratura con le leve in acciaio, qualche fusibile. Ho recuperato un faro alogeno da 12v e una ventolina di raffreddamento del radiatore di emergenza.
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