I viaggi dei lettori
Siamo andati in Sardegna
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L’avventura di Pedro, Chico e Jimenez nell’isola dei nuraghi, passando per la Corsica
Premessa al viaggio
Un paio di giorni prima della partenza ci siamo incontrati per decidere, cartina alla mano, dove avremmo fatto il nostro giro in moto. Tante erano le ipotesi ma in 10 minuti abbiamo deciso per la Sardegna. Ci siamo informati sul traghetto, ma nel mese di aprile ancora non sono tante le aziende che fanno questo servizio (ad esempio quelle da Savona ancora non partono).
Abbiamo quindi individuato una buona partenza con Navarma da Genova ore 19.00 (notte in mare per arrivare la mattina a Porto Torres). Prenotare? Ma quando mai…! Per le moto si trova sempre posto sui traghetti… (queste parole dette dal nostro “sardo” rimarranno uno degli slogan della vacanza).
Succede infatti che …. Mercoledì 24 aprile 2002
L’iscrizione nella lista d’attesa della compagnia di navigazione e il fatto di essere i primi non ci ha permesso comunque di prendere la nave delle 19.30 per Porto Torres dal porto di Genova. Nota importante da segnalare è che non sono riusciti a imbarcare nemmeno quelli che avevano il biglietto, tanto che 2 ore dopo l’ora della partenza la nave era ancora ferma al molo.
A questo punto si studiano le alternative. Qualcuno lancia l’idea: ... ci imbarchiamo per la Spagna?! Prevale il campanilismo e decidiamo a sera inoltrata di affrontare il viaggio per Livorno dove la mattina dopo avremmo potuto prendere la Moby (splendida nave) per Bastia.
Con in faccia qualche goccia di pioggia di un temporale che incombe pesante e un po’ minaccioso, il buio intorno (sono ormai le 21) e vuoti di stomaco, Pedro (chi scrive, alla sua prima esperienza come “zavorra” di un centauro), Jimenez e Chico decidono di costeggiare la Liguria e un pezzo di litorale toscano fino a Livorno per tentare da lì la partenza per la Corsica.
Lungo la strada 89-24-24 mi metto in contatto con Milena, della famosa pensione toscana, che mi dice di fare in fretta perché “lei è anziana e alle 23.00 al massimo chiude”!
Alla fine alloggiamo all’hotel Florida di Tirrenia, Marina di Pisa (dopo che la signora Milena dell’omonima pensione, pur avendoci promesso la stanza, aveva deciso di andare a dormire perché “vecchia e stanca”, facendoci trovare la porta di muro della casa che avrebbe dovuto ospitarci). Posto normale con parcheggio interno per le moto.
Quale prima esperienza di moto con viaggio lungo, ho subito subìto dall’arrivo a Genova i rimproveri sottili del compagno di viaggio: pur non impaurita, non ero stabile e ferma sulla sella; impacciata nella salita e nella discesa, ero disarmonica e poco dinamica sulle curve e poco partecipe dei movimenti e dell’andatura del mezzo. Dommage! Ho allora pensato che sulla moto non ero un semplice bagaglio…
La partenza è stata decisa solo qualche ora prima, nessun itinerario prestabilito condizionerà i nostri spostamenti: decideremo di partire o fermarci in un posto solo in base ai nostri gusti, le nostre preferenze, i nostri capricci del momento. Siamo liberi e quasi sconosciuti l’uno all’altro, nessun pregiudizio condizionerà le nostre scelte, niente previsioni, progetti, programmi. I tre amici sono legati soltanto da una leggera conoscenza… Siamo tre persone diverse, ma il buon senso e la simpatia di ognuno permettono la buona riuscita del tutto.
Giovedì 25 aprile 2002
La partenza da Livorno per Bastia era prevista per le 10. Traversiamo in nave nel sole e nel sonno il mar Tirreno. Dal porto di Bastia Chico, già abituato ai luoghi e alle strade, propone di fare la costa orientale, fino a Porto Vecchio e poi Bonifacio.
Tra campi coltivati, montagne in lontananza con la neve sulle cime alla nostra destra, vitigni incolonnati in perfette linee parallele e ondulate sulle chine delle colline, ginestre fiorite, mimose profumate, papaveri rosseggianti, lavanda, fiori viola, querce da sughero spelate nel basso tronco, eucalipti profumati e ondeggianti nell’aria, il mare azzurro e fermo sulla nostra sinistra, facciamo tappa ad Aléria per un panino, sulla strada a metà pomeriggio. Di nuovo riprendiamo avvicinandoci a luoghi più turistici e calette favolose di spiagge deserte e piccoli promontori rocciosi: si sente che il mare cova ancora dentro di sé il freddo dell’inverno con il suo odore blu ciano intenso e deciso. I nostri occhi desiderosi di bagni di salsedine marina ne anticipano guardandolo il caldo dell’estate e sognano già il tuffo nell’acqua gelida.
Arriviamo a Porto Vecchio: Chico vuole tornare alla Canne au sucre, bar di fronte al porticciolo sotto le palme; ripreso il “fiato” la prossima meta è Bonifacio. Il signor Pierre (tel. 0680646312), indicato dall’Hotel des Etrangers al completo (Avenue Sylvere Bohn – 20169 Bonifacio – tel. 0495730109), ci accoglie in una villetta dietro il monte delle Bocche; è tutta per noi: due camere, la sala, il bagno con la cucina; purtroppo la maggior parte delle cose non ci servono, visto che ci fermiamo una sola notte, ma ci gustiamo l’indipendenza della nostra villetta nel verde.
La sera ceniamo sulla passeggiata di Bonifacio a La Rascasse, brasserie du port (tel. 95730126) (è il pesce scorfano, ma noi mangiamo un ottimo faut-filet di bue alla griglia!!!). Saliamo alla cittadella con una rampa vertiginosa di gradini ma che ci restituisce una vista impagabile sul mare nero e una stellata notturna di luna piena. Rientrati dalla cenetta da Bonifacio, la nostra villetta ci aspetta nella pace delle colline interne “corse”, con un cielo stellato da cartolina e l’armonia del canto dei grilli e dei rospetti.
Succede infatti che …. Mercoledì 24 aprile 2002
L’iscrizione nella lista d’attesa della compagnia di navigazione e il fatto di essere i primi non ci ha permesso comunque di prendere la nave delle 19.30 per Porto Torres dal porto di Genova. Nota importante da segnalare è che non sono riusciti a imbarcare nemmeno quelli che avevano il biglietto, tanto che 2 ore dopo l’ora della partenza la nave era ancora ferma al molo.
A questo punto si studiano le alternative. Qualcuno lancia l’idea: ... ci imbarchiamo per la Spagna?! Prevale il campanilismo e decidiamo a sera inoltrata di affrontare il viaggio per Livorno dove la mattina dopo avremmo potuto prendere la Moby (splendida nave) per Bastia.
Con in faccia qualche goccia di pioggia di un temporale che incombe pesante e un po’ minaccioso, il buio intorno (sono ormai le 21) e vuoti di stomaco, Pedro (chi scrive, alla sua prima esperienza come “zavorra” di un centauro), Jimenez e Chico decidono di costeggiare la Liguria e un pezzo di litorale toscano fino a Livorno per tentare da lì la partenza per la Corsica.
Lungo la strada 89-24-24 mi metto in contatto con Milena, della famosa pensione toscana, che mi dice di fare in fretta perché “lei è anziana e alle 23.00 al massimo chiude”!
Alla fine alloggiamo all’hotel Florida di Tirrenia, Marina di Pisa (dopo che la signora Milena dell’omonima pensione, pur avendoci promesso la stanza, aveva deciso di andare a dormire perché “vecchia e stanca”, facendoci trovare la porta di muro della casa che avrebbe dovuto ospitarci). Posto normale con parcheggio interno per le moto.
Quale prima esperienza di moto con viaggio lungo, ho subito subìto dall’arrivo a Genova i rimproveri sottili del compagno di viaggio: pur non impaurita, non ero stabile e ferma sulla sella; impacciata nella salita e nella discesa, ero disarmonica e poco dinamica sulle curve e poco partecipe dei movimenti e dell’andatura del mezzo. Dommage! Ho allora pensato che sulla moto non ero un semplice bagaglio…
La partenza è stata decisa solo qualche ora prima, nessun itinerario prestabilito condizionerà i nostri spostamenti: decideremo di partire o fermarci in un posto solo in base ai nostri gusti, le nostre preferenze, i nostri capricci del momento. Siamo liberi e quasi sconosciuti l’uno all’altro, nessun pregiudizio condizionerà le nostre scelte, niente previsioni, progetti, programmi. I tre amici sono legati soltanto da una leggera conoscenza… Siamo tre persone diverse, ma il buon senso e la simpatia di ognuno permettono la buona riuscita del tutto.
Giovedì 25 aprile 2002
La partenza da Livorno per Bastia era prevista per le 10. Traversiamo in nave nel sole e nel sonno il mar Tirreno. Dal porto di Bastia Chico, già abituato ai luoghi e alle strade, propone di fare la costa orientale, fino a Porto Vecchio e poi Bonifacio.
Tra campi coltivati, montagne in lontananza con la neve sulle cime alla nostra destra, vitigni incolonnati in perfette linee parallele e ondulate sulle chine delle colline, ginestre fiorite, mimose profumate, papaveri rosseggianti, lavanda, fiori viola, querce da sughero spelate nel basso tronco, eucalipti profumati e ondeggianti nell’aria, il mare azzurro e fermo sulla nostra sinistra, facciamo tappa ad Aléria per un panino, sulla strada a metà pomeriggio. Di nuovo riprendiamo avvicinandoci a luoghi più turistici e calette favolose di spiagge deserte e piccoli promontori rocciosi: si sente che il mare cova ancora dentro di sé il freddo dell’inverno con il suo odore blu ciano intenso e deciso. I nostri occhi desiderosi di bagni di salsedine marina ne anticipano guardandolo il caldo dell’estate e sognano già il tuffo nell’acqua gelida.
Arriviamo a Porto Vecchio: Chico vuole tornare alla Canne au sucre, bar di fronte al porticciolo sotto le palme; ripreso il “fiato” la prossima meta è Bonifacio. Il signor Pierre (tel. 0680646312), indicato dall’Hotel des Etrangers al completo (Avenue Sylvere Bohn – 20169 Bonifacio – tel. 0495730109), ci accoglie in una villetta dietro il monte delle Bocche; è tutta per noi: due camere, la sala, il bagno con la cucina; purtroppo la maggior parte delle cose non ci servono, visto che ci fermiamo una sola notte, ma ci gustiamo l’indipendenza della nostra villetta nel verde.
La sera ceniamo sulla passeggiata di Bonifacio a La Rascasse, brasserie du port (tel. 95730126) (è il pesce scorfano, ma noi mangiamo un ottimo faut-filet di bue alla griglia!!!). Saliamo alla cittadella con una rampa vertiginosa di gradini ma che ci restituisce una vista impagabile sul mare nero e una stellata notturna di luna piena. Rientrati dalla cenetta da Bonifacio, la nostra villetta ci aspetta nella pace delle colline interne “corse”, con un cielo stellato da cartolina e l’armonia del canto dei grilli e dei rospetti.
L'isola
Venerdì 26 aprile 2002
La stellata e la luna quasi piena ma nitida di stanotte facevano pensare a una mattina tersa: invece il cielo al risveglio era di qualche nuvola e soffiava un vento basso, fresco e leggero.
Facciamo colazione sul lungomare di Bonifacio, alla marina, saliamo alla Cittadella con un affaccio stupendo sul mare. Verso mezzogiorno prendiamo la nave per Santa Teresa di Gallura: qui vicino raggiungiamo Capo Testa, il braccio di terra disteso tra due mari. Le correnti creano inspiegabilmente un gioco di contraddizioni, rivelando la doppia natura del mare: sulla destra hai la tavola piana e serafica di una superficie marina calma e serena, senza onde, che si appoggia dolcemente alla riva; alla sinistra le gallinelle increspano l’acqua, i windsurf gareggiano nel vento e il mare sembra nascondere inquietudini sommerse.
Percorriamo la costa fino a Olbia, arrivando fino a Capo Coda Cavallo, una veduta bellissima sul promontorio con le isole Molara e Tavolara, il mare limpido e nitido, il suo verde smeraldo non ancora bruciato dal sole d’estate, le ginestre in fiore, i papaveri ancora, le rocce e le spiagge.
Da Olbia poi verso Tempio Pausania, percorrendo una strada di grandi soddisfazioni per chi va in moto: curve dolci, strade larghe e inclinate sulle pendici, saliscendi morbidi.
Qui, su queste strade, anche solo come zavorra, ho cominciato a intuire il rapporto tra la moto e la strada. Invece di stare rigida, seguivo il motore, l’impercettibile movimento ondulatorio che segue ogni istante il rapporto tra la moto e la strada, tra le ruote e l’asfalto. Tu così domini molto, ma sei anche dominato. Gli scooter, per esempio, anche grossi, ti fanno restare impassibile, indifferente, perché sei troppo seduto, troppo comodo, quasi annoiato, noncurante della strada che passa e va. Mentre la moto la devi sentire, dominare, sempre, devi controllarla e in questo controllo devi continuamente stabilire un rapporto, un dialogo con lei. E quando viaggi è così: ci sei tu, la moto, la strada e la velocità, quattro elementi che ogni volta si devono riassestare, riequilibrare, rimettersi in dialogo. Io che sto dietro non posso restare indifferente a questo dialogo, devo collaborare perché tutto vada per il meglio, per non rovinare l’equilibrio che chi guida crea. Questi è prudente, ma non monotono, si gode la moto e la velocità, ma è stabile, sicuro, tranquillo: è facile inserirsi nel dialogo, stargli dietro, cercare di adeguarsi. La strada è sempre diversa e ogni volta anche tu come zavorra riassetti i movimenti e l’andamento.
Alla sera all’agriturismo d’élite di Fabrizio De André, L’Agnata (in sardo significa l’angolo nascosto, ed è davvero così, bisogna cercare molto, verso la zona industriale, ma la soddisfazione e l’incanto del posto sono notevoli). Qui mangio un porcetto sardo di cui ricordo ancora la morbidezza e il profumo. Dormiamo a Tempio Pausania, un po’ fuori città. Sabato 27 aprile 2002
Alla mattina facciamo il giro della città di Tempio, il centro storico è molto caratteristico con le tre chiese antiche concentrate nella stessa piazza, andiamo a bere l’acqua delle fonti di Rinaggju e visitiamo il Nuraghe Majori fuori dalla città vicino all’albergo dove abbiamo pernottato.
Riprende il viaggio e andiamo verso la costa, alla spiaggia di Capo Testa e della Marmorata, prima di imbarcarci per La Maddalena e raggiungere dei cari amici di Chico che dopo una ”vasca” nel centro del paese della Maddalena ci offrono un riso con la zuppa di pesce che mi ricordo ancora adesso.
Qui alla Maddalena è sepolto Gian Maria Volonté, sulla sua tomba c’è una frase in francese: “quand le vent s’eleve il faut tenter de vivre…”.
Oggi come spesso accade da queste parti (tenetene conto mi raccomando!) tira un vento bestiale che rende la guida in moto particolarmente impegnativa, ma anche la camminata a piedi non particolarmente piacevole. Spero che non sia sempre così! Domenica 28 aprile 2002
Dopo la notte passata all’hotel Nido d’aquila (tel. 0789-722130 nidodaquila@tiscali.it), facciamo il giro dell’isola, vediamo in lontananza dalle cime dei promontori le belle spiagge e le isole di fronte: Isola di Spargi, Budelli, Santa Maria e Razzoli; adagiato sulle pendici dolci che portano al mare scorgiamo il villaggio americano e ci portiamo verso il ponte che collega La Maddalena con Caprera. Caprera ha una sola strada asfaltata. Il resto è tutto ghiaietto su cui in moto si va abbastanza bene. Alcuni punti ovviamente per le moto da strada, magari cariche di bagagli, non sono proprio il massimo…
Ancora il mare, mille profumi, i colori sgargianti della fioritura primaverile, un silenzio d’incanto. Scopriamo un nuovo fiore di un fucsia intenso e dai petali carnosi: il fiore di Garibaldi o fiore degli ottentotti, in mezzo ad altri colori: giallo, giallino, azzurro, rosa dei ciclamini selvatici sul ciglio delle strade, il rosso dei papaveri, il verde intenso dei prati dove pascolano le mucche (perché mi accorgo che il prato cambia colore dell’erba a seconda del mammifero che deve nutrire: più verde per i ruminanti, più chiaro per i greggi di pecore e un verde tenue, che sfuma nel colore della roccia e dei sassi per le capre).
A metà pomeriggio ripartiamo, torniamo sul continente sardo e da Santa Teresa ci inoltriamo per la strada interna. E’ una delle strade più belle che abbiamo fatto: silenzio, panorama e profumi ci accolgono come sempre in questo viaggio e, se uniti al gusto di viaggiare in relax in moto, fanno di questi momenti istanti veramente indimenticabili. Anche l’arrivo nel paese di Castelsardo è particolare.
Il paese appare come un caleidoscopio di colori con le facciate delle case tutte variopinte, è uno spettacolo perché si adagia su un roccione mentre sulla distanza incombono minacciose le nuvole in un cielo scuro con il rosso del sole che scompare nella sera di un temporale in lontananza. In piazza, il nostro “uomo delle relazioni pubbliche sarde” si fa consigliare un buon posto per dormire: alloggiamo all’albergo e ristorante Da Fofò (lungomare Anglona 1 – tel. 079-470143), ottimo servizio, cena di pesce. Lunedì 29 aprile 2002
In mattinata diamo un’occhiata al paese, poi riprendiamo il viaggio sempre tenendoci all’interno della costa, andando verso Sassari e poi Alghero.
Sulla moto devi imparare a dominare l’aria forte, almeno a gestirla e a renderla vantaggiosa per te: la corsa, la salita, la discesa, le curve. L’unico pensiero che devi portarti addosso è essere in sella, sbirciare a destra e a sinistra, seguendo bene l’andatura del compagno, quasi anticipandola, e intanto gustare tutto ciò che scorre accanto: la natura, i cartelli stradali, insegne, persone, oggetti, case, fiori, fili della luce, creste delle montagne, profili dei prati cangianti nei colori per il vento, alberi, siepi, cieli di nuvole o linee di orizzonti di mare azzurro su un cielo terso di blu che pare in tensione.
Ad Alghero cerchiamo un albergo e poi una trattoria: troviamo l’hotel La Margherita e la memorabile trattoria Maristella (via Kennedy 9 – Alghero, tel. 079-978172), dietro il lungomare Dante e la Torre dello Sperone: pesce, pane carasau con olio d’oliva, che si scioglie in bocca, ottimo rapporto qualità prezzo.
Alghero è una gran bella cittadina, ricca di storia e di cultura. Merita sicuramente una visita approfondita come non bisogna trascurare le zone intorno alla città. A nord infatti c’è la zona di Stintino le cui spiagge recentemente sono state danneggiate dalle mareggiate ma che rimane sempre uno dei posti più belli di tutta la Sardegna. Martedì 30 aprile 2002 La giornata è splendida. La mattina Pedro e Jimenez decidono di provare la visita alle Grotte di Nettuno, fuori Alghero, con una strada statale che costeggia la costa di un mare invitante (ma peccato che sia ancora freddino per farsi il bagno).
Le grotte sono raggiungibili attraverso una scalinata di 654 gradini a strapiombo sul mare. Ma la prova non ha lasciato grandi soddisfazioni ai due gitanti. Ripartiamo in direzione di Santa Teresa. Percorrendo ancora la strada interna ci fermiamo a visitare la Santissima Trinità della Saccargia, chiesa romanico–pisana del XII secolo, che faceva parte di un complesso monastico di cui sono visibili i resti sul lato destro della basilica. Merita una visita perché ben conservata e originale.
Passando ancora una volta da Tempio Pausania, prendiamo la nave nel pomeriggio e dopo un’ora siamo a Bonifacio.
La sera ormai incombe: e per la prima volta dall’inizio del viaggio dei nuvoloni neri minacciano il nostro cammino. Percorriamo la strada che da Bonifacio porta verso nord e decidiamo di fermarci più o meno a metà strada rispetto a Bastia: ci fermiamo a Solenzara sulla costa e alloggiamo al Tourisme, hotel restaurant (glace maison, tel. 0495574020). La gioia del gruppo e l’apprezzamento della stanza sono al massimo quando concordiamo che con 100 euro totali ci fanno mangiare, dormire e fare colazione!!
C’è anche il posto per parcheggiare le moto al sicuro. Non male per un turismo itinerante!
La stellata e la luna quasi piena ma nitida di stanotte facevano pensare a una mattina tersa: invece il cielo al risveglio era di qualche nuvola e soffiava un vento basso, fresco e leggero.
Facciamo colazione sul lungomare di Bonifacio, alla marina, saliamo alla Cittadella con un affaccio stupendo sul mare. Verso mezzogiorno prendiamo la nave per Santa Teresa di Gallura: qui vicino raggiungiamo Capo Testa, il braccio di terra disteso tra due mari. Le correnti creano inspiegabilmente un gioco di contraddizioni, rivelando la doppia natura del mare: sulla destra hai la tavola piana e serafica di una superficie marina calma e serena, senza onde, che si appoggia dolcemente alla riva; alla sinistra le gallinelle increspano l’acqua, i windsurf gareggiano nel vento e il mare sembra nascondere inquietudini sommerse.
Percorriamo la costa fino a Olbia, arrivando fino a Capo Coda Cavallo, una veduta bellissima sul promontorio con le isole Molara e Tavolara, il mare limpido e nitido, il suo verde smeraldo non ancora bruciato dal sole d’estate, le ginestre in fiore, i papaveri ancora, le rocce e le spiagge.
Da Olbia poi verso Tempio Pausania, percorrendo una strada di grandi soddisfazioni per chi va in moto: curve dolci, strade larghe e inclinate sulle pendici, saliscendi morbidi.
Qui, su queste strade, anche solo come zavorra, ho cominciato a intuire il rapporto tra la moto e la strada. Invece di stare rigida, seguivo il motore, l’impercettibile movimento ondulatorio che segue ogni istante il rapporto tra la moto e la strada, tra le ruote e l’asfalto. Tu così domini molto, ma sei anche dominato. Gli scooter, per esempio, anche grossi, ti fanno restare impassibile, indifferente, perché sei troppo seduto, troppo comodo, quasi annoiato, noncurante della strada che passa e va. Mentre la moto la devi sentire, dominare, sempre, devi controllarla e in questo controllo devi continuamente stabilire un rapporto, un dialogo con lei. E quando viaggi è così: ci sei tu, la moto, la strada e la velocità, quattro elementi che ogni volta si devono riassestare, riequilibrare, rimettersi in dialogo. Io che sto dietro non posso restare indifferente a questo dialogo, devo collaborare perché tutto vada per il meglio, per non rovinare l’equilibrio che chi guida crea. Questi è prudente, ma non monotono, si gode la moto e la velocità, ma è stabile, sicuro, tranquillo: è facile inserirsi nel dialogo, stargli dietro, cercare di adeguarsi. La strada è sempre diversa e ogni volta anche tu come zavorra riassetti i movimenti e l’andamento.
Alla sera all’agriturismo d’élite di Fabrizio De André, L’Agnata (in sardo significa l’angolo nascosto, ed è davvero così, bisogna cercare molto, verso la zona industriale, ma la soddisfazione e l’incanto del posto sono notevoli). Qui mangio un porcetto sardo di cui ricordo ancora la morbidezza e il profumo. Dormiamo a Tempio Pausania, un po’ fuori città. Sabato 27 aprile 2002
Alla mattina facciamo il giro della città di Tempio, il centro storico è molto caratteristico con le tre chiese antiche concentrate nella stessa piazza, andiamo a bere l’acqua delle fonti di Rinaggju e visitiamo il Nuraghe Majori fuori dalla città vicino all’albergo dove abbiamo pernottato.
Riprende il viaggio e andiamo verso la costa, alla spiaggia di Capo Testa e della Marmorata, prima di imbarcarci per La Maddalena e raggiungere dei cari amici di Chico che dopo una ”vasca” nel centro del paese della Maddalena ci offrono un riso con la zuppa di pesce che mi ricordo ancora adesso.
Qui alla Maddalena è sepolto Gian Maria Volonté, sulla sua tomba c’è una frase in francese: “quand le vent s’eleve il faut tenter de vivre…”.
Oggi come spesso accade da queste parti (tenetene conto mi raccomando!) tira un vento bestiale che rende la guida in moto particolarmente impegnativa, ma anche la camminata a piedi non particolarmente piacevole. Spero che non sia sempre così! Domenica 28 aprile 2002
Dopo la notte passata all’hotel Nido d’aquila (tel. 0789-722130 nidodaquila@tiscali.it), facciamo il giro dell’isola, vediamo in lontananza dalle cime dei promontori le belle spiagge e le isole di fronte: Isola di Spargi, Budelli, Santa Maria e Razzoli; adagiato sulle pendici dolci che portano al mare scorgiamo il villaggio americano e ci portiamo verso il ponte che collega La Maddalena con Caprera. Caprera ha una sola strada asfaltata. Il resto è tutto ghiaietto su cui in moto si va abbastanza bene. Alcuni punti ovviamente per le moto da strada, magari cariche di bagagli, non sono proprio il massimo…
Ancora il mare, mille profumi, i colori sgargianti della fioritura primaverile, un silenzio d’incanto. Scopriamo un nuovo fiore di un fucsia intenso e dai petali carnosi: il fiore di Garibaldi o fiore degli ottentotti, in mezzo ad altri colori: giallo, giallino, azzurro, rosa dei ciclamini selvatici sul ciglio delle strade, il rosso dei papaveri, il verde intenso dei prati dove pascolano le mucche (perché mi accorgo che il prato cambia colore dell’erba a seconda del mammifero che deve nutrire: più verde per i ruminanti, più chiaro per i greggi di pecore e un verde tenue, che sfuma nel colore della roccia e dei sassi per le capre).
A metà pomeriggio ripartiamo, torniamo sul continente sardo e da Santa Teresa ci inoltriamo per la strada interna. E’ una delle strade più belle che abbiamo fatto: silenzio, panorama e profumi ci accolgono come sempre in questo viaggio e, se uniti al gusto di viaggiare in relax in moto, fanno di questi momenti istanti veramente indimenticabili. Anche l’arrivo nel paese di Castelsardo è particolare.
Il paese appare come un caleidoscopio di colori con le facciate delle case tutte variopinte, è uno spettacolo perché si adagia su un roccione mentre sulla distanza incombono minacciose le nuvole in un cielo scuro con il rosso del sole che scompare nella sera di un temporale in lontananza. In piazza, il nostro “uomo delle relazioni pubbliche sarde” si fa consigliare un buon posto per dormire: alloggiamo all’albergo e ristorante Da Fofò (lungomare Anglona 1 – tel. 079-470143), ottimo servizio, cena di pesce. Lunedì 29 aprile 2002
In mattinata diamo un’occhiata al paese, poi riprendiamo il viaggio sempre tenendoci all’interno della costa, andando verso Sassari e poi Alghero.
Sulla moto devi imparare a dominare l’aria forte, almeno a gestirla e a renderla vantaggiosa per te: la corsa, la salita, la discesa, le curve. L’unico pensiero che devi portarti addosso è essere in sella, sbirciare a destra e a sinistra, seguendo bene l’andatura del compagno, quasi anticipandola, e intanto gustare tutto ciò che scorre accanto: la natura, i cartelli stradali, insegne, persone, oggetti, case, fiori, fili della luce, creste delle montagne, profili dei prati cangianti nei colori per il vento, alberi, siepi, cieli di nuvole o linee di orizzonti di mare azzurro su un cielo terso di blu che pare in tensione.
Ad Alghero cerchiamo un albergo e poi una trattoria: troviamo l’hotel La Margherita e la memorabile trattoria Maristella (via Kennedy 9 – Alghero, tel. 079-978172), dietro il lungomare Dante e la Torre dello Sperone: pesce, pane carasau con olio d’oliva, che si scioglie in bocca, ottimo rapporto qualità prezzo.
Alghero è una gran bella cittadina, ricca di storia e di cultura. Merita sicuramente una visita approfondita come non bisogna trascurare le zone intorno alla città. A nord infatti c’è la zona di Stintino le cui spiagge recentemente sono state danneggiate dalle mareggiate ma che rimane sempre uno dei posti più belli di tutta la Sardegna. Martedì 30 aprile 2002 La giornata è splendida. La mattina Pedro e Jimenez decidono di provare la visita alle Grotte di Nettuno, fuori Alghero, con una strada statale che costeggia la costa di un mare invitante (ma peccato che sia ancora freddino per farsi il bagno).
Le grotte sono raggiungibili attraverso una scalinata di 654 gradini a strapiombo sul mare. Ma la prova non ha lasciato grandi soddisfazioni ai due gitanti. Ripartiamo in direzione di Santa Teresa. Percorrendo ancora la strada interna ci fermiamo a visitare la Santissima Trinità della Saccargia, chiesa romanico–pisana del XII secolo, che faceva parte di un complesso monastico di cui sono visibili i resti sul lato destro della basilica. Merita una visita perché ben conservata e originale.
Passando ancora una volta da Tempio Pausania, prendiamo la nave nel pomeriggio e dopo un’ora siamo a Bonifacio.
La sera ormai incombe: e per la prima volta dall’inizio del viaggio dei nuvoloni neri minacciano il nostro cammino. Percorriamo la strada che da Bonifacio porta verso nord e decidiamo di fermarci più o meno a metà strada rispetto a Bastia: ci fermiamo a Solenzara sulla costa e alloggiamo al Tourisme, hotel restaurant (glace maison, tel. 0495574020). La gioia del gruppo e l’apprezzamento della stanza sono al massimo quando concordiamo che con 100 euro totali ci fanno mangiare, dormire e fare colazione!!
C’è anche il posto per parcheggiare le moto al sicuro. Non male per un turismo itinerante!
Il ritorno
Mercoledì 1° maggio 2002
La mattina dell’ultimo giorno mi sveglio prestissimo e vado al porto, deserto, e fa ancora freddo.
Partiamo in direzione di Bastia passando da Corte, al centro dell’isola, la città che è stata la capitale della libera repubblica corsa per merito di Pasquale Paoli a metà del XVIII secolo. Qui nacque il fratello di Napoleone Bonaparte, Giuseppe.
La città e i dintorni meriterebbero molto più del tempo che noi abbiamo a disposizione. Peccato.
Ormai è il ritorno: da Corte a Bastia ci gustiamo gli ultimi scampoli di “curve” e di verdi paesaggi dai dolci profumi. E’ come se cercassimo di immagazzinarne una quantità sufficiente anche per i giorni che ci vedranno lontani da qui. Alcune soste sul percorso vogliono allontanare il momento della partenza ma oramai la Moby per Livorno è li, in attesa. Il caos della partenza è sostituito da un tranquillo e rilassato ritorno; la nave questa volta è praticamente vuota, ampi spazi per le moto e troviamo una tranquilla posizione per prendere l’ultimo sole del viaggio. In tre ore arriviamo a Livorno e in una volata a tutta manetta attraversiamo la Cisa per arrivare a Milano, SODDISFATTI. Ecco i partecipanti
Prima moto: Yamaha Fazer grigia, 600 cc Modello 2001 Passeggeri a bordo: 2, Max e Nicoletta Bagagli: 3 bauletti Nonfango
Seconda … ehm “moto”: Suzuki Burgman nera, 400 cc Unico passeggero a bordo: il “sardo”, Carlo Bagagli:1 bauletto centrale Dati del viaggio
Partenza il 24 aprile da Milano
Ritorno il 1° maggio da Livorno/Cisa/Milano
Pernottamento: pensioni, hotel, case private
Tempo: sempre bello, cielo blu e tanto sole
Pioggia: qualche goccia a Tempio Pausania (credo che sia l’unica nuvola della Sardegna) Chilometri percorsi: 2500 prevalentemente su strade interne (splendide!)
Particolarità:
- ma quanto olio si mangia il Suzuki Burgman ?!
- la gomma dietro del Fazer si è “spiattellata”
La mattina dell’ultimo giorno mi sveglio prestissimo e vado al porto, deserto, e fa ancora freddo.
Partiamo in direzione di Bastia passando da Corte, al centro dell’isola, la città che è stata la capitale della libera repubblica corsa per merito di Pasquale Paoli a metà del XVIII secolo. Qui nacque il fratello di Napoleone Bonaparte, Giuseppe.
La città e i dintorni meriterebbero molto più del tempo che noi abbiamo a disposizione. Peccato.
Ormai è il ritorno: da Corte a Bastia ci gustiamo gli ultimi scampoli di “curve” e di verdi paesaggi dai dolci profumi. E’ come se cercassimo di immagazzinarne una quantità sufficiente anche per i giorni che ci vedranno lontani da qui. Alcune soste sul percorso vogliono allontanare il momento della partenza ma oramai la Moby per Livorno è li, in attesa. Il caos della partenza è sostituito da un tranquillo e rilassato ritorno; la nave questa volta è praticamente vuota, ampi spazi per le moto e troviamo una tranquilla posizione per prendere l’ultimo sole del viaggio. In tre ore arriviamo a Livorno e in una volata a tutta manetta attraversiamo la Cisa per arrivare a Milano, SODDISFATTI. Ecco i partecipanti
Prima moto: Yamaha Fazer grigia, 600 cc Modello 2001 Passeggeri a bordo: 2, Max e Nicoletta Bagagli: 3 bauletti Nonfango
Seconda … ehm “moto”: Suzuki Burgman nera, 400 cc Unico passeggero a bordo: il “sardo”, Carlo Bagagli:1 bauletto centrale Dati del viaggio
Partenza il 24 aprile da Milano
Ritorno il 1° maggio da Livorno/Cisa/Milano
Pernottamento: pensioni, hotel, case private
Tempo: sempre bello, cielo blu e tanto sole
Pioggia: qualche goccia a Tempio Pausania (credo che sia l’unica nuvola della Sardegna) Chilometri percorsi: 2500 prevalentemente su strade interne (splendide!)
Particolarità:
- ma quanto olio si mangia il Suzuki Burgman ?!
- la gomma dietro del Fazer si è “spiattellata”
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