I viaggi dei lettori
Desert Challenge 2001 Chile: la rivoluzione
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Il rally del grande fuoristradista parte nel segno dell'avventura: piove a San Pedro de Acatama, il luogo più arido del mondo. L'ultima volta era accaduto trent'anni fa...
di Piero Batini
Che sarebbe stato il testimone di una rivoluzione metereologica, Edi Orioli non se lo aspettava proprio. Eppure siamo qui, a San Pedro de Atacama, il centro ideologico e culturale del deserto per definizione più arido del mondo, a dividerci l'ultimo pomodoro e, per fortuna, un'ombra di rosso rimasta tra le sacche delle provviste dei pick-up di appoggio.
L'avventura del Desert Challenge 2001 sta diventando veramente tale, ma nel senso diametralmente opposto a quanto accuratamente studiato per mesi, durante l'inverno "europeo".
Piove, piove su tutta la Bolivia e sul Nord del Cile. Ad Est delle Ande è un fenomeno conosciuto come "l'inverno boliviano", che non di rado interessa anche le limitofe regioni cilene, ma nel Deserto di Atacama è il diluvio universale, un inedito sconosciuto a chi abbia, qui, meno di trent'anni. Tanti ne sono passati, infatti, dall'ultima volta che ha piovuto a San Pedro. E quando la pioggia scivola sulle rocce vulcaniche impermeabili e si raccoglie nelle immense, abissali vallate della morfologia andina, si trasforma in una spietata e travolgente energia distruttiva, capace di "cambiare i connotati" anche a questa dura, e bellissima "Pampa" del nord del Cile, tra Pacifico, Perù e Bolivia.
Invece del previsto "arco" ad Est lungo la linea dei Salar Boliviani, il Desert Challenge Atacama Cile 2001 è tornato sui suoi primi passi, dopo un commovente briefing sulle rive del Lago Chungara, rientrando ad Arica, la città dalla quale era partito. Lungo la Panamericana, Edi Orioli ha guadagnato, verso Sud, prima Iquique, ancora sulla costa, per entrare in una delle più singolari zone minerarie del mondo per "ricollegarsi" al programma originale a Chuquicamata, dove la maggior parte del minerale di rame estratto da vita alla omonima, impressionante struttura mineraria.
Piove, piove su tutta la Bolivia e sul Nord del Cile. Ad Est delle Ande è un fenomeno conosciuto come "l'inverno boliviano", che non di rado interessa anche le limitofe regioni cilene, ma nel Deserto di Atacama è il diluvio universale, un inedito sconosciuto a chi abbia, qui, meno di trent'anni. Tanti ne sono passati, infatti, dall'ultima volta che ha piovuto a San Pedro. E quando la pioggia scivola sulle rocce vulcaniche impermeabili e si raccoglie nelle immense, abissali vallate della morfologia andina, si trasforma in una spietata e travolgente energia distruttiva, capace di "cambiare i connotati" anche a questa dura, e bellissima "Pampa" del nord del Cile, tra Pacifico, Perù e Bolivia.
Invece del previsto "arco" ad Est lungo la linea dei Salar Boliviani, il Desert Challenge Atacama Cile 2001 è tornato sui suoi primi passi, dopo un commovente briefing sulle rive del Lago Chungara, rientrando ad Arica, la città dalla quale era partito. Lungo la Panamericana, Edi Orioli ha guadagnato, verso Sud, prima Iquique, ancora sulla costa, per entrare in una delle più singolari zone minerarie del mondo per "ricollegarsi" al programma originale a Chuquicamata, dove la maggior parte del minerale di rame estratto da vita alla omonima, impressionante struttura mineraria.
Arica e Putre
La spedizione è giunta a Santiago del Cile il 24. Il tempo di mettersi in contatto con i "logistici" cileni, capitanati da "Titi" DeGavardo, sorella di Carlo, terzo gradino del podio della recente Parigi-Dakar e dal padre Giorgio, di rilasciare un paio di interviste alla "famelica" stampa cilena, e per Edi Orioli arriva il momento di ficcarsi sotto le coperte e concedersi un po' di riposo.
La Honda Transalp preparata da Roberto Boano è già all'estremo Nord del Paese, ad Arica, città di frontiera da cui parte la sfida del Desert Challenge.
Fa un caldo bestiale, la città non offre un granchè, ma trasuda del suo spirito di città di frontiera e di porto commerciale iperattivo. Alla fonda nella baia una nave sequestrata insieme al suo carico di venti tonnellate di coca.
Della spedizione fa parte anche Carlo Peano, esperto alpinista con una serie impressionante di "settemila" sulle spalle, ma soprattutto medico, che traccia le "guidelines" ai componenti della spedizione, in vista delle alture che la moto ed Edi dovranno raggiungere.
La Transalp viene sballata, rimontata e messa in moto.
Intanto si riorganizza il carico sui tre fuoristrada di appoggio. Si muove ad Est, lungo la linea di confine. La mèta è Putre, 1.200 abitanti a 3.500 mslm, per l'acclimatamento. Il Desert Challenge avrà come principale difficoltà proprio l'altitudine e gli strumenti di Carlo scattano a monitorare l'efficienza fisica di Edi Orioli in relazione all'impegno che lo attende.
Ma la strada si è persa nella piena del Rio Lluta, trascinata verso il mare insieme al suo asfalto ed ai suoi ponti e la pista in costa lungo i versanti del gigantesco canyon è un incubo di camion e pullman che sbucano dalle nuvole di polvere finissima. In troppi hanno già manifestato il loro scetticismo quando Edi ha rivelato di voler raggiungere il Salar dello Uyuni, in Boliva. I più ridacchiano.
A Putre troviamo nebbia e pioggia, il freddo ce lo aspettavamo. Andiamo a dormire frustrando l'eccitazione del viaggio: per domani mattina è previsto solo di raggiungere il Lago Chungara e di decidere là per il giorno seguente.
L'incantesimo del Lago Chungara
Ci svegliamo di buon'ora, come se niente fosse, ma non è cambiato nulla rispetto alla sera precedente. Pioggia e nebbia. Lasciamo comunque Putre in direzione Est arrampicandoci sui ripidi tornanti, verso le alture del Parco di Lauca che confinano con la Bolivia. Edi aveva voglia di partire da solo nella sua sfida, ma lo abbiamo convinto che il suo viaggio non era ancora cominciato, e che molto probabilmente la decisione sul suo sviluppo doveva essere presa di lì a non molto. Così, insieme ad un pilota sempre più nervoso, abbiamo "raggiunto il sole".
Ad un tiro di schioppo da Tambo Quemado, l'avamposto boliviano della spedizione, le nuvole spariscono, come in un copione, mostrando ai nostri occhi stupefatti un paesaggio splendido. Il Lago Chungara, dominato dalla vetta innevata dei suo vulcano, perfetto nelle linee "teoriche" cui ci ha abituati la geografia delle prime classi scolastiche. Il lago, a 4.500 metri di altezza, si perde a vista d'occhio, le sue acque gelide sono mosse dai fenicotteri rosa, e sulla riva pascolano tranquille le Vicune, i più piccoli e agili dei camelidi che abitano la regione andina.
Ad oriente il nero, denso maltempo, dà ad Orioli il responso inapellabile: in Bolivia non si va. I doganieri informano che nella valle dei Salar Boliviani piove da settimane, lo Uyuni ha sommerso lo spettacolo dei suoi cristalli abbacinanti di sale sotto un metro di acqua piovana.
Torniamo sui nostri passi, salutiamo di nuovo Putre ed Arica e lungo la Panamericana scendiamo verso sud fino ad accamparci nella parte Nord del Parco del Tamarugal (l'unico, protettissimo albero che cresce nella regione), per il primo bivacco del Desert Challenge.
La rotta archeologica e delle salnitriere
Ci rimettiamo in marcia all'alba con lo spirito migliore. Il Desert Challenge inizierà da Chuquicamata, pertanto siamo turisti. All'altezza di Huara lasciamo la Panamericana e ci addentriamo 14 km verso l'interno per andare a vedere il Gigante di Atacama, il più grande geroglifico antropomorfico, una singolare figura di uomo alta 80 metri, disegnata sul versante di una collina emergente sulla distesa desertica in un qualche lustro del periodo detto dello Sviluppo, anteriore alla civiltà Inca. Non ha, altrettanto inequivocabilmente, nessun significato religioso, come altri geroglifici che troviamo più a sud, a Pintados, in uno dei siti archeologici più vasti ed interessanti della cultura preincaica.
Le città fantasma delle salnitriere sopravvivono per lo più nelle indicazioni dei vecchi pannelli stradali arrugginiti lungo la Panamericana, dove un tempo si raccoglievano i "pampini", gli abitanti del deserto più arido del mondo. I loro nomi volevano essere di buon auspicio: Aguasanta, Valparaiso, Victoria, Belavista, Buenaventura, Prosperidad, Esperanza. Ma delle vecchie mura e degli "scafi" delle salnitriere rimangono solo cumuli di macerie ed i poveri cimiteri colorati della speranza incrollabile dei loro minatori.
Chuquicamata
All'altezza dell'incrocio per Tocopilla prendiamo verso Est, in direzione Chuquicamata e Calama. Chuquicamata è una piccola città mineraria di trentamila abitanti, ottomila dei quali lavorano nella omonima, più grande miniera di rame a cielo aperto del mondo.
Edi Orioli è molto atteso, e per lui Teresa DeGavardo ha organizzato una visita speciale, attesa dalla città sonnacchiosa solitamente ritmata dai tre turni di lavoro dei minatori.
Edi entra trionfalmente nella miniera, che rischia la paralisi impossibile. Un "buco" largo oltre quattro chilometri e profondo 820 metri, terrazzato all'interno di questo "imbuto" per l'estrazione del minerale di rame, che viene lavorato in loco: vi si estraggono 600.000 tonnellate di materiale ogni anno. Incredibile impressione fanno i grossi camion che la percorrono incessantemente per muovere il materiale dai luoghi dell'estrazione a quelli della lavorazione: i Komtatzu. Il 930 E pesa 280 tonnellate e ne trasporta 330, ed è mosso da un motore di 57.000cc che sviluppa 3.800 cavalli, con un consumo di due litri di gasolio al minuto. Le sue gigantesche ruote hanno un diametro di quattro metri, costano 28.000 dollari (circa 60 milioni di lire) e hanno una durata media di otto mesi.
Orioli è trattenuto dai minatori che non vogliono lasciarlo partire, ma la strada di San Pedro lo attende. Fa caldo, solo un forte vento, niente pile sotto alla tuta. Cinquanta dei cento km che dividono Calama da San Pedro di Atacama sono perfetti, poi comincia a piovere. Non succedeva da trent'anni, e la Rosa di Atacama, un piccolo fiore rosso la cui fioritura dura un giorno dopo la pioggia, è diventato una leggenda in questo lungo arco di tempo. Domani forse vedremo i contorni della strana sfida del Desert Challenge, che non vuole saperne, a quanto pare, di seguire il suo programma.
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