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Veneto

Nella terra dei Cimbri

Dolci colline da cavalcare, pascoli e boschi da attraversare per circa 160 chilometri lungo strade tranquille, a due passi dalla città di Verona dove secoli fa si insediò una comunità di coloni bavaresi. Un'escursione alternativa per chi è stanco dei soli

Nella terra dei Cimbri
Scendendo nella Valle di Mezzane
foto di M.Adami e Marco Toninelli
Verona è visitata ogni anno da migliaia di turisti di ogni nazionalità. Tuttavia il territorio collinare e montuoso a nord-est della città è quasi sconosciuto al turismo di massa e risulta pressoché disertato dai motociclisti. E' un vero peccato, o forse una fortuna (dipende dai punti di vista), poiché questa zona offre al viaggiatore curioso piccoli tesori archeologici e geologici di rara bellezza, nonché scorci paesaggistici meravigliosi.

Si tratta di una porzione pedemontana indubbiamente minore, ma è la più autentica e intima che possiate trovare da queste parti. L'itinerario proposto si snoda lungo strade secondarie (spesso molto strette, tortuose e con asfalto non sempre in buone condizioni) che salgono e discendono crinali e valli, guadagnano pianori verdeggianti e seguono i corsi di torrenti sconosciuti: un privilegio per gli autoctoni e un sogno per quei pochi motociclisti a cui piacciono i ritmi lenti.



Il percorso descritto attraversa trasversalmente cinque valli che si aprono parallele a nord-est di Verona: si tratta della Valle di Squaranto, della Valle di Mezzane, della Valle d'Illasi, della Valle d'Alpone e della Valle del Chiampo. Quindi entra nell'estremo lembo orientale della Lessinia per discendere infine a Verona lungo lo stretto solco scavato dal torrente Squaranto. Il paesaggio è mutevole e, in una distanza relativamente breve, consente di arrivare fino al Rifugio Revolto al cospetto delle Piccole Dolomiti.

Sebbene i chilometraggi non siano numerosi, le attrattive collocate lungo il percorso e la sosta per il pranzo in uno dei ristoranti proposti, richiedono una giornata intera. Si tratta, in definitiva, di un itinerario che offre l'opportunità, a chi già si trova in visita a Verona, di conoscerne una porzione di territorio fuori dai circuiti turistici e che, al tempo stesso, permette, a chi lo sceglie come meta principale, di compiere anche una piacevole digressione nella città di Giulietta.
Il nostro itinerario parte da Piazza Brà, nel pieno centro della città al cospetto dell'Arena. Durante l'estate le ciclopiche scenografie delle rappresentazioni liriche giacciono accatastate con cura al di fuori dell'anfiteatro, mentre veronesi e turisti siedono ai tavoli del Liston per un aperitivo. Vorremo unirci a loro e dedicarci, per una volta, all'ozio più assoluto. Mentre ci facciamo tentare, quasi senza accorgercene, infiliamo i guanti e calziamo il casco. Ormai siamo in sella. Partiamo.
Lungo Via degli Alpini lasciamo, sulla sinistra, la piazza e i suoi giardini mentre, sulla destra, superiamo la Gran Guardia. Al primo semaforo proseguiamo diritti per Largo Divisione Pasubio fino a un secondo semaforo dove, sempre diritti, ci immettiamo in Via Pallone, protetti dalle mura magistrali della città. Arriviamo in breve al ponte sull'Adige, che superiamo per imboccare Via Francesco Torbido. Adesso siamo fuori dal centro e il ricordo della siesta tentatrice ci ha ormai abbandonato.


Seguendo le indicazioni per Bosco Chiesanuova (peraltro al di fuori del nostro itinerario) arriviamo nei pressi della Porta del Vescovo, una delle cinque porte della città. Puntiamo verso nord per Via Barana. Ad un semaforo svoltiamo a destra per Montorio, la nostra prima tappa.
In quattro chilometri di strada rettilinea arriviamo velocemente in questa ridente frazione di Verona, non senza notare sulla sinistra, sopra un cocuzzolo, i resti considerevoli di un castello. Una stradetta consente di raggiungerlo tra ciliegi e prati. Il maniero, attualmente in restauro, conserva pressoché intatta la cinta muraria, il mastio e tre delle originarie sette torri. Proprio qui, nel 1405, fu firmato l'atto di dedizione di Verona alla Serenissima.
Poco dopo, ad una grande rotonda, entriamo a Montorio, che ha l'aria di un paesetto tranquillo tranquillo. Cerchiamo la chiesa, che troviamo un po' defilata sulla riva di un suggestivo laghetto, popolato da anatroccoli. L'acqua, in effetti, è la caratteristica di questo borgo collocato in una zona ricca di risorgive e fiumiciattoli, incanalati entro argini ordinati. L’acqua limpidissima dà vita a piccole cascatelle e alcune abitazioni sono accessibili unicamente tramite ponticelli pedonali.
Lungo la strada principale attraversiamo il paese superando un paio di ponti con curve secche sia a destra che a sinistra. Infine guadagniamo un rettilineo verso nord e arriviamo ad un incrocio caratterizzato da un capitello fresco di calce bianca. Proseguiamo diritti seguendo le indicazioni per Moruri. La strada, in questo tratto piuttosto stretta costeggia il lungo muro di cinta di una villa mentre sulla sinistra si estendono le coltivazioni. Siamo già in aperta campagna eppure ci troviamo appena a due passi dalla città.
La strada ora sale più larga con tornanti e semicurve invitanti. La guida è scorrevole e superiamo in breve il moderato dislivello che ci porta sulla collina. La vegetazione muta mano a mano che saliamo. Le vigne lasciano il posto agli olivi, quindi ai boschi misti e ai prati.


La salita termina a Pian di Castagnè, poche case raccolte attorno a una trattoria. Salendo non avremmo mai immaginato che in alto ci fosse un piano così esteso, da cui appunto deriva il nome del paese. La vista spazia sia sulla Valle di Squaranto (che percorreremo al ritorno e di cui abbiamo appena salito il fianco est), che sulla Valle di Mezzane dall’altro versante.
All’incrocio svoltiamo a sinistra e usciamo dal paese. All’incrocio successivo teniamo la destra, sempre in direzione Moruri. La strada ora attraversa in quota verso est seguendo i fianchi delle colline. Non si vede più la città e i vigneti, alternati ai boschi, compongono il paesaggio. Arriviamo rapidamente a Castagnè, collocato proprio sulla cresta del crinale che separa la Val di Squaranto dalla valle di Mezzane. Un grappolo di case strette attorno alla chiesa, una scuola e due bar. C’è il sole e fa caldo, e non c’è nessuno in giro. Poco male: ci godiamo il silenzio come non avremmo mai potuto se fossimo rimasti sul Liston per l’aperitivo.
Usciamo da questo paese deserto prendendo la strada principale che, in discesa, indica sempre Moruri. Trascuriamo poco dopo la deviazione sulla sinistra per questo villaggio e, ora in discesa più marcata, divalliamo nella Valle di Mezzane. Si vede bene sull’altro versante la strada che percorreremo tra un attimo, in salita obliqua sul fianco boscoso del monte. Ci attende nel fondo valle un incrocio caratterizzato da due cipressi con un capitello in mezzo, dove svoltiamo a sinistra in direzione Velo.
Attraversato il fondo piatto della valle, iniziamo la salita avvistata poco fa, che ci conduce in breve a Mezzane di Sopra. Senza entrare in paese proseguiamo lungo la strada principale che raggiunge il crinale tra la Valle di Mezzane e la Valle d’Illasi. Per un attimo non si scorge nulla dall’altra parte: c’è solo il cielo azzurro sopra l’asfalto. Dopo un’ampia curva sulla sinistra, riappaiono le colline e un incrocio con un capitello che ricorda l’opportunità di ottenere l’indulgenza a chi reciterà tre "gloria".


Il capitello, chiuso da un recinto di legno, offre l’ombra preziosa degli alberi da cui è protetto. Ci fermiamo, ma un rombo assordante ci coglie all’improvviso. In lontananza vediamo un ragazzo su una KTM che ci viene incontro senza casco con un impenno lunghissimo. Proviene da una stradetta secondaria tra le vigne che crescono anche qui in collina. Si ferma vicino e, incuriositosi del nostro itinerario, ci chiede se può unirsi a noi. Non sappiamo chi sia e cosa stia facendo, ma soprattutto non comprendiamo perché desideri intraprendere questo viaggio in una zona che, ci pare, conosca come le sue tasche. Naturalmente accettiamo.
Al capitello teniamo la sinistra in direzione Velo: la strada talvolta poco sotto il crinale, talvolta proprio sul suo ampio culmine, corre diritta e ampia in direzione nord. La percorriamo velocemente, trascurando tutte le possibilità di discesa sia sulla destra che sulla sinistra. I prati, circondati da boschi misti, sono la costante del paesaggio fino a Bettola dove ci fermiamo e salutiamo il nostro insolito amico che, in un attimo, scompare per una mulattiera nel bosco.


A Bettola si stacca sulla destra una stretta strada che porta a Badia Calavena: sarà la nostra via di discesa per la Val d’Illasi. L’asfalto è talvolta sporco, soprattutto nelle contrade che attraversiamo tra i muri stretti delle case. I campi ben tenuti e ordinati contengono la strada, sempre in costante discesa fino ad un ponte sul torrente Illasi, che superiamo immettendoci sulla strada di fondovalle.
Qui c’è uno dei rari distributori di benzina che incontreremo sul nostro itinerario per cui conviene fare il pieno. In direzione nord arriviamo in pochi chilometri a Cà del Diavolo, dove sulla destra sale la strada per Sprea.
I cinque chilometri che ci attendono sono una vera goduria: tornanti serrati e semicurve invitanti all’ombra di un bosco fitto. Vorremmo correre ma la strada, molto stretta, non lo consente. In breve siamo a Sprea a 878 metri di altitudine. Nella piazza deserta della Chiesa, in cui inizia e allo stesso tempo termina il paesino, rimaniamo sorpresi di incontrare nuovamente il ragazzo senza nome di prima. Questa volta non è in moto, ma su un trattore: evidentemente dopo lo svago, è venuto per lui il momento di andare nei campi a lavorare. Beviamo una birra insieme e lui si lascia fotografare vicino alle nostre moto.

da Sprea per l’unica strada possibile. In un attimo arriviamo a un incrocio dove svoltiamo a destra in direzione Bolca. Ad un successivo e vicino incrocio teniamo ancora la destra sempre verso Bolca, dove arriviamo in pochi minuti. Siamo prossimi alla provincia di Vicenza, alla testata della Valle d’Alpone. Tuttavia non siamo giunti fin qui per il panorama, ma per visitare uno dei più straordinari musei che si possano immaginare: quello dei fossili.
Non si tratta di fossili qualsiasi, ma di reperti di pesci e piante acquatiche. Sì perché qui, diversi milioni di anni fa, c’era il mare. La raccolta è davvero unica al mondo nel suo genere, sia per quantità, che per qualità degli esemplari. Se siete giunti fino qui non potete assolutamente perdere questa irripetibile possibilità. Se passate di domenica potete addirittura entrare nella pesciara (il giacimento sotterraneo, fonte continua di approvvigionamento per il museo) ed estrarre voi stessi i fossili dalle pietre.
Lasciamo Bolca e ritorniamo all’ultimo bivio incontrato prima di entrare in paese. Un cartello indica sulla destra la direzione per i Cracchi. Lo seguiamo. La strada molto stretta supera in discesa alcune contrade, oltrepassa il confine con la provincia di Vicenza e scende infine nella Valle del Chiampo a Crespadoro. Si sta raccogliendo il fieno del primo taglio estivo e nei campi ripidi i trattori muovono le balle per trasportarle al sicuro nei fienili. Il profumo del fieno pervade intensamente l’aria.
A Crespadoro teniamo la sinistra per Campodalbero, che non raggiungeremo, poiché ad un secondo e vicino incrocio, teniamo nuovamente la sinistra in direzione Campofontana.
Il nastro d’asfalto segue il solco profondo di una valletta, passa a fianco di un allevamento ittico e quindi inizia a salire con un secco tornante sulla destra. E’ questo il punto dove dobbiamo abbandonare la strada principale per immetterci sulla sinistra in una strada strettissima. Occorre fare attenzione ad alcuni cartelli a fondo bianco che indicano quattro vie. La strada è veramente molto stretta, ci passa appena un’utilitaria; inoltre il fondo è coperto di brecciolino e la visuale è sempre nascosta; per cui occorre procedere con attenzione e a velocità moderata.
Il primo tratto nel bosco di faggi è tagliato nella roccia viva del monte, più in alto invece si aprono prati ripidi. Con cautela giungiamo ad un incrocio con una ampia strada, dove svoltiamo a sinistra in salita per guadagnare il Passo Giòiche, che segna il confine tra le province di Verona e Vicenza.
Il paesaggio cambia improvvisamente: siamo infatti giunti all’estremo lembo orientale dei Monti Lessini, già in parte descritti nell’itinerario di Stefano Bianchi. Se guardiamo in alto notiamo che le montagne sono pressoché ricoperte di pascoli e che le abitazioni hanno le caratteristiche coperture di lastre di pietra. E’ la terra dei cimbri di cui vi diremo tra poco.
Dal passo la strada divalla verso Tebaldi, una borgata con un supermarket fuori dal tempo al primo piano di una casa poco curata. Sarebbe interessante fermarsi a curiosare all’interno, ma purtroppo dobbiamo proseguire. All’incrocio svoltiamo a destra in salita. Percorriamo pochi chilometri e ad un successivo incrocio senza alcuna indicazione (ma è impossibile sbagliare poiché è proprio all’altezza del cartello che indica l’abitato di Campofontana) teniamo la sinistra in discesa. Trascurando tutte le deviazioni per le varie contrade sparse, rimaniamo sulla strada principale che si fa in breve stretta e tortuosa. Entriamo nel bosco per sbucare, dopo alcuni tornanti in discesa, in uno spiazzo.
Una parete di roccia alta una decina di metri e ricoperta d’edera contiene in una nicchia la statuetta della Madonna. Ci sediamo su una panchina color turchese e ci godiamo questo luogo insolito. Più in basso in fondovalle apprendiamo trattarsi della Madonna di Lourders (si scrive proprio così).


Oltre lo spiazzo la strada, a tratti tagliata nella roccia, scende sempre strettissima e fitta di curve nel bosco. Più avanti si aprono le coltivazioni e riappaiono le prime case sparse. Infine giungiamo al fondovalle. All'incrocio con la strada principale svoltiamo a destra in moderata salita. In pochi chilometri arriviamo a Giazza (Ljetzan in cimbro).
E' questa la culla dei cimbri, coloni bavaresi arrivati qui nel 1287, allorquando furono chiamati dal vescovo di Verona per disboscare le zone montane della Lessinia. Questa popolazione costituì nel tempo comunità più ampie, che diedero poi luogo alla formazione di tredici comuni diversi sparsi nel territorio. Giazza è divenuta custode di questa antica cultura e dell'idioma cimbro, parlato purtroppo ormai solo dai vecchi, ma in tempi anche recenti molto più diffuso.
Il paese si trova incassato nel fondovalle stretto e profondo ai margini della strada, alle sue spalle incombono severe le propaggini meridionali delle Piccole Dolomiti.


Giazza e ci dirigiamo verso nord per l'unica strada asfaltata esistente. La valle, che si fa subito serrata, sale ripida e stretta. La vegetazione cambia e la temperatura si fa decisamente più fresca. Iniziano le foreste di abeti rossi. Il bosco si estende ovunque e nasconde completamente la vista. Questa strada è una meravigliosa sorpresa; all'improvviso ci pare di essere in Alto-Adige eppure siamo così vicini alla pianura padana. Dopo nove chilometri, proprio su un tornante a sinistra, una tabella di legno ci indica il Rifugio Revolto. Dobbiamo parcheggiare le moto sulla strada meglio che possiamo, impresa tutt'altro che facile nella piena stagione estiva per il massiccio afflusso di turisti che accorre fin quassù a 1.336 metri di altitudine.
Oggi però non c'è proprio nessuno e il posto ci sembra ancora più intimo. A piedi percorriamo i pochi metri che ci conducono al rifugio, addossato al fianco boscoso del monte con un grande spiazzo davanti, cinto da una staccionata di legno. All'interno ci attende il caminetto acceso e la tavola apparecchiata.
Torniamo per il medesimo itinerario a Giazza e continuiamo a discendere la Val d'Illasi ancora per un po'. Sulla destra notiamo le indicazioni per Velo Veronese, che seguiamo. La strada, ampia e ben asfaltata, ci regala curve e controcurve piacevoli, tra i boschi alternati ai prati. Non entriamo nemmeno a Velo, ma ci dirigiamo rapidi verso Camposilvano, dove un enorme cartello di legno ci ricorda che siamo ancora nella terra dei cimbri.
Qui ci fermiamo per di visitare il Covolo, la più grande cavità carsica delle prealpi venete, un piccolo museo e la Valle delle Sfingi con i suoi stravaganti monoliti calcarei. Abbiamo anche la possibilità di mangiare bene a prezzi imbattibili nell'agriturismo lì vicino.
All'incrocio principale di Camposilvano, teniamo la sinistra. Dopo un bel rettilineo dobbiamo lasciare la strada principale ed entrare nel paese di San Francesco. Facciamo attenzione poiché il punto di svolta non è ben segnalato. Seguiamo quindi l'unica via principale di questo minuscolo nucleo di case, superiamo la chiesa alla nostra sinistra e, ad una piazzetta con rotonda, discendiamo per l'unica strada possibile.


Alla nostra vista si aprono, per l'ultima volta, prati verdissimi ben curati e circondati dai boschi. Il nastro d'asfalto, stretto, ci culla dolcemente assecondando le ondulazioni delle colline. Superiamo alcune contrade e giungiamo infine ad un punto dove, sulla destra, si immette una strada secondaria ancor più stretta di quella sin qui percorsa. Il punto è segnalato da sedici cartelli indicanti altrettante contrade. La strada è strettissima e sporca di brecciolino. La seguiamo avendo cura di rimanere sempre sul tracciato principale e scartando tutte le deviazioni che portano alle case più sperdute. Superiamo in ravvicinata sequenza le contrade di Spina, Colombini, Campari, Guaina e Squaranto fino al solco della Valle di Squaranto, che seguiamo sulla sinistra idrografica.


Giunti sulla strada principale che collega Verona a Roveré, svoltiamo a destra, superiamo un ponte e quindi giriamo a sinistra, superando un altro ponte più piccolo del precedente. Un cartello indica Pigozzo. Siamo nuovamente nella stretta e boscosa Valle di Squaranto: c'è appena lo spazio per la strada, per lunghi tratti scavata nella roccia, e per il torrente quasi sempre secco. Scendiamo diritti verso sud incontrando soltanto due case in questo inospitale solco vallivo. Arriviamo a Pigozzo e quindi proseguiamo sempre verso sud per Mizzole dove, fuori dal paese, ci immettiamo verso destra in una strada molto ampia. In un attimo siamo di nuovo alla rotonda di Montorio incontrata all'andata. Non ci resta che tornare in città e precisamente in Piazza Brà da dove siamo partiti. E' ormai sera e adesso abbiamo tutto il tempo per l'aperitivo.
Verona
Città d'arte tra le principali d'Italia, conosciuta e molto frequentata da turisti di ogni nazionalità, offre al visitatore molteplici aspetti, architettonici, culturali e paesaggistici, che ne consigliano una visita prolungata. E' collocata in una posizione ideale tra le anse del fiume Adige che l'attraversa a ridosso delle colline, punteggiate di cipressi e olivi. Poiché non è questa la sede per illustrare tutte le opportunità artistiche della città, che spaziano dall'epoca romana, al medioevo, dal periodo comunale fino alle poderose testimonianze austriache, ci limitiamo a segnalare le emergenze assolutamente imperdibili: l'anfiteatro Arena, sede tra l'altro Festival Lirico dal 1913; la casa di Giulietta, con il celebre balcone; Castelvecchio, dimora degli Scaligeri, con l'omonimo ponte merlato e il suo museo, ricchissimo di opere d'arte; le Arche Scaligere, stravaganti monumenti funerari dei signori di Verona; il Teatro Romano, adagiato sulla collina con la città come palcoscenico; la Torre dei Lamberti, che regala una grandiosa vista aerea sulla città; le basiliche di San Zeno e di San Fermo, la chiesa di S. Maria in Organo, tutta affrescata, che custodisce un prezioso e intatto coro ligneo; Piazza Dante e i suoi meravigliosi palazzi; infine Piazza delle Erbe e Piazza Brà. Per qualsiasi informazione vi rimandiamo al sito del Comune di Verona (www.comune.verona.it) e al Portale Turistico della Provincia di Verona (www.tourism.verona.it).

Montorio
E' una piccola frazione ad est di Verona, toccata dal nostro itinerario sia all'andata che al ritorno. Prima di entrare nell'abitato, su un colle sorge ben visibile il Castello di Montorio (attualmente in corso di restauro). Il maniero fu edificato nel X secolo su probabili resti romani, venne utilizzato e ampliato nel 1300 dagli Scaligeri, passò in mano a varie famiglie nobili nel corso dei secoli successivi, fu poi utilizzato dalla Serenissima e da questa passò infine agli Austriaci nel XIX secolo. Montorio sorge in una zona ricca di risorgive. Per questo motivo la frazione è attraversata fiumi e fiumiciattoli, ben contenuti entro argini in pietra, che danno vita a suggestivi laghetti.

Bolca
Questo minuscolo grappolo di case conserva un museo unico al mondo: il Museo dei Fossili. Esso contiene una sorprendente raccolta di pesci fossili di straordinaria importanza rinvenuti soprattutto nella vicina Pesciara, il più importante giacimento fossilifero finora conosciuto. Nell'era terziaria, infatti, qui c'era un ambiente marino di tipo costiero popolato da pesci preistorici anche di dimensioni notevoli. Il più bello e famoso è l'Eoplatax papilio detto anche Pesce Angelo per le sue pinne simili ad ali, vissuto qui circa 50 milioni di anni fa. La Pesciara è una cava, o meglio una serie di gallerie, recentemente attrezzate per accogliere il pubblico, che consente di osservare "in diretta" come avviene l'estrazione dei fossili. Il museo è visitabile tutti i giorni, escluso il lunedì, da Novembre a Febbraio, dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 14:00 alle 17:00; da Marzo ad Ottobre, dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 18.30. La Pesciara è visitabile solo la domenica alle 14.00.


La terra dei cimbri ha qui il suo museo etnografico che, attraverso un percorso strutturato in varie sezioni, aiuta a comprendere la storia, la vita, la cultura, le tradizioni e la lingua cimbra. Il museo è aperto: da settembre a giugno, il mercoledì, il sabato e la domenica dalle 14:30 alle 18:30; in luglio e agosto, il mercoledì e il venerdì dalle 14:30 alle 18:30, il sabato e la domenica dalle 09:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 18:30.

Camposilvano
La località merita una sosta non solo per la cucina (si veda il capitolo relativo), ma anche e soprattutto per il Covolo di Camposilvano, la più grande cavità carsica delle prealpi venete, in cui si possono distinguere il pozzo di crollo, profondo ben 83 metri, e la caverna residuale. Il Covolo è visitabile senza guida, scendendo una scalinata nel bosco. Consigliabile una torcia elettrica.
Adiacente al Covolo vi è il piccolo Museo Geopaleontologico, che espone fossili della regione e, in particolare, importanti esemplari provenienti dalla vicina cavità. Di eccezionale importanza sono le numerose ammoniti e un cranio di Orso speleo. Il Museo è visitabile: dal 15 maggio al 15 settembre, tutti i giorni dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 18:30; dal 16 settembre al 14 maggio, solo il sabato e la domenica, dalle 10:30 alle 12:00 e dalle 14:00 alle 16:00. Negli altri giorni su prenotazione (045-6516005).
Sempre a Camposilvano si può visitare anche la Valle delle Sfingi, lunga circa 800 metri e caratterizzata da una serie di grossi monoliti in calcare variamente modellati dalla disgregazione e dall'erosione, ben allineati e distanziati sui pascoli.

Roveré Veronese
Merita una visita la Grotta di Roverè 1000, ricca di numerose concrezioni, stalattiti e stalagmiti di natura carsica. La grotta è illuminata ed è visitabile con guida lungo un percorso artificiale attrezzato. La si raggiunge dalla strada che collega Roverè Veronese a Velo (tabella indicativa). La visita è possibile, anche per i singoli, da metà giugno a metà settembre, il sabato dalle 15:00 alle 19:00 e la domenica dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 19:00. Negli altri periodi solo su prenotazione e per gruppi.
 
La ricettività è piuttosto scarsa lungo i paesini incontrati dall'itinerario, nei quali talvolta vi sono locande di basso livello. E' consigliabile quindi dormire nella città di Verona. Per informazioni rivolgersi all'Ufficio Turistico oppure consultare il sito www.tourism.verona.it.

Verona
Trattandosi di una città turistica, c'è davvero l'imbarazzo della scelta: ci sono ristoranti di altissimo livello in cui viene proposta, a prezzi evidentemente proporzionati, cucina memorabile, ma ci sono anche osterie e trattorie tipiche in cui si può mangiare a prezzi onesti. Ci limitiamo a consigliare la Trattoria alla Colonna (Largo Pescheria Vecchia, 4 - tel. 045-596718) per buonissime cotolette giganti; Le Colombare (Via Castel S. Felice - tel. 045-914121) per ottima carne argentina alla brace; Trattoria Al Calmiere (Piazza S. Zeno, 10 - tel. 045-8030765) e Trattoria Al Boscarel (Vicolo cieco Boscarello, 5 - tel. 045-8004574) per la classica cucina veronese.

Foresta di Giazza
A nord di Giazza si apre l'omonima foresta che si può percorrere, per un buon tratto lungo un'ardita strada asfaltata aperta, neve permettendo, in ogni stagione. Due strutture ricettive offrono un accogliente ristoro. La prima è il Rifugio Boschetto (045-7847005) con ampio parcheggio. La seconda è il Rifugio Alpino Revolto (045-7847039) che sorge a 1336 metri di altitudine, completamente circondato da un bosco rigoglioso. Punto di partenza per numerose escursioni nel Gruppo delle Piccole Dolomiti, offre camere e buona cucina. Con la bella stagione si può pranzare all'esterno e godersi il sole.

Camposilvano
Agriturismo Camposilvano
(045-7835717) offre a prezzi super onesti una rinomata cucina familiare con piatti tipici. Ambiente confortevole. Vivamente consigliato.

Conca dei Parpari
Parparo Vecchio
(045-7835476 - 045-7835819) si trova a tre chilometri lungo la strada che da Camposilvano porta a San Giorgio. Locale tipico, ospitato in una vecchia malga ristrutturata, con bellissimo camino monumentale in pietra. Accogliente e confortevole.
Aprilia
Aprilia Center Verona Srl - Via Roveggia, 5 - Verona - tel. 045-8230726

BMW
Motoves - Corso Venezia, 23 - Verona - tel. 045-522266

Honda Motoves - Corso Venezia, 23 - Verona - tel. 045-522266

Kawasaki
Motofelix Srl - Via XX Settembre, 99 - San Martino Buon Albergo (VR) - tel. 045-994200

Suzuki
Motoyama Srl - Via Fincato, 31/c - Verona - tel. 045-534764

Triumph
Numero Tre Verona - Via Tombetta, 39/B - Verona - tel. 045-8201607

Yamaha
Motoyama Srl - Via Fincato, 31/c - Verona - tel. 045-534764

I paesi toccati dall’itinerario non dispongono di officine generiche degne di nota per il motociclista, per cui occorre far riferimento alle reti di assistenza ufficiali sopra descritte, quasi tutte ubicate nella città di Verona, peraltro abbastanza comoda da raggiungere da ogni punto del percorso.
Il Castello di Montorio
Appena fuori Montorio la strada costeggia il muro di cinta di una villa
Vigneti nella bassa Val Squaranto
Verso Pian di Castagna
Verso Pian di Castagna
La strada verso Castagnà attraversa in quota le colline
Curva secca verso la Valle di Mezzane
Il ragazzo senza nome e la sua KTM
Vigneti nella Valle di Mezzane
Lungo il crinale tra la Val Squaranto e la Valle di Mezzane
Nei pressi di Mezzane di sopra
Divagazioni sterrate sul crestone tra la Val Squaranto e la Valle di Mezzane
Nei prati sopra Mezzane di Sopra
Balle di fieno e mukka gialla poco sotto Bettola
Scendendo nella valle di Mezzane
Tra Ca del Diavolo e Sprea: iniziano le prime curve
Tornante lungo la fantastica strada che porta a Sprea
Impennata all'uscita di un tornante
Strada per Sprea o Daytona?
Esse come Sprea
Trattore tra le mukke in piazza a Sprea
Serpentone d'asfalto poco prima di Sprea
Un esemplare fossile nel museo di Bolca
Tornante sulla strada tra Bolca e Crespadoro
Tra Crespadoro e il Passo Giàiche la strada è a tratti intagliata nella roccia
Pascoli della Lessinia orientale nei presso del Passo Gi?iche
Il Passo Gi?iche segna il confine tra le province di Verona e Vicenza
Contrada isolata tra Campofontana e la Madonna di Lourdes
Prati nei pressi di Campofontana
Tipica chiesetta della Lessinia con il caratteristico tetto a lastre di pietra
La Madonna di Lourders
Ultime curve prima di scendere in Val d'Illasi
Il Rifugio Revolto offre buona cucina
Tavola imbandita al Rifugio Revolto
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