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Africa

Dall'Italia al Sud Africa: settima tappa

di Anna & Fabio
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La lunga sosta ad Almaty serve a riposare e a rimettere in sesto la moto. Poi si torna in sella, alla volta di Samarkand

La tomba di Tamerlano
...merenda!
Rieccoci. L'ultima volta ci siamo lasciati con molti problemi in attesa di soluzione: bene, abbiamo scoperto che l'ingresso in Kyrghystan era possibile, ma era vietato l'accesso alla zona di Osh e, anche se alcuni hanno provato a forzare il blocco, noi abbiamo preferito soprassedere. Perciò si è reso necessario un secondo visto Uzbeko, altrimenti una volta passati in Tajikstan non avremmo potuto ritornare indietro; il viceconsole Uzbeko è stato gentile e ce lo ha fatto avere in tre giorni (con tre mezze giornate di coda), non ci ha però permesso di utilizzare per uno degli ingressi il nostro precedente visto. Perciò abbiamo dovuto farne uno "two entry", 120 dollari a testa.
Le gomme sono arrivate e uno degli impiegati della FedEx si è preso a cuore la nostra situazione riuscendo a farci avere il pacco senza costi di dogana. BMW Autobavaria si è occupata della moto: ho richiesto un intervento davvero leggero, solo cambio olio, filtro aria e pastiglie freni. I pezzi di ricambio li avevo tutti io, perciò tempi e costi sono stati limitati.
Se nel conto degli impegni ci metto anche la gita a Shimbulak (piacevole località di montagna giusto alle spalle di Almaty), più che altro a scopo di collaudo, e un controllo personale alla moto (l'occhio del padrone…), i sei giorni di Almaty sono stati molto attivi. In parte l'attività è stata facilitata dal fatto che eravamo già stati qui nel nostro ultimo viaggio e ormai conosciamo la città quel tanto che basta. Risolti i nostri problemi e "rimesso su" qualche chilo, il 18 luglio siamo ripartiti.
Prima tappa Taraz, antica città sulla via della seta, ora triste città di stampo sovietico: l'itinerario è lungo, 550 km, soprattutto se si tiene conto delle condizioni della strada che corre lungo la frontiera Kyrghysa e, a volte, addirittura al di là del reticolato. A Taraz ci sono solo tre alberghi: uno introvabile, uno bello ma troppo caro e uno brutto ma con prezzi commisurati alle sue condizioni. Scegliamo quest'ultimo.
Il giorno dopo tappa di tutto riposo, circa 200 km verso Shimkent, città molto asiatica, divertente e piena di vita: passiamo la giornata in giro per i mercati, anche se non possiamo comperare nessun souvenir. Il 20 è una giornata dura: 500 km, strade secondarie e due dogane.
Facciamo un bel pieno uscendo da Shimkent, in Uzbekistan non si sa mai se la benzina si troverà. Poi ci avviamo verso il valico secondario di Chinaz, circa 70 km a sud di Tashkent. Pochi sanno che ai turisti sono vietati i valichi cittadini: lo hanno scoperto anche due motociclisti finlandesi che sono stati respinti alla frontiera e hanno cercato Chinaz per tutta la notte. Li troviamo ad un distributore e dopo averli accompagnati alla frontiera "facciamo dogana" insieme. Questa volta facilitare le pratiche è un po' meno costoso del solito: 15 dollari a testa, giustificati da scuse varie, fra cui la cronica assenza di moduli da compilare tradotti in inglese. La dogana ci occupa per almeno tre ore e quando usciamo ormai fa un caldo Uzbeko. Salutiamo i due finlandesi che i avviano direttamente verso la frontiera Tajika e ci dirigiamo verso Samarkand.
Ci sono i soliti 40 gradi, cerchiamo di prendere uno scorciatoia che ci farebbe risparmiare una sessantina di km, attraverso la vecchia autostrada che passa per qualche km in territorio kazako. Qualche anno fa siamo riusciti a percorrerla anche senza visto, facendo fare un gito in moto al doganiere kazako. Quest'anno, con il visto, dovrebbe essere molto più facile. E invece non è facile per nulla. Per evitare malintesi hanno deciso di interrarla. Perciò dopo averla percorsa per quasi trenta km, ci tocca tornare indietro. Per fortuna i poliziotti di guardia si offrono di accompagnarci lungo una scorciatoia per raggiungere la strada principale.
Ci fermiamo per pranzo in un bel posto lungo la strada: ottimo cibo e un sacco di gente simpatica. Per riuscire a venir via ci mettiamo una bella mezz'ora. Apriamo tutte le prese d'aria delle tute ma soffriamo molto. Proseguiamo un'altra ora e poi ci fermiamo sotto gli alberi vicino ad una degli onnipresenti mucchi di angurie e meloni, che punteggiano la campagna.
Dai cocomeri spunta un gruppetto di venditori, che si danno da fare per trovarci un melone perfetto (ed enorme) ce lo affettano, ci offrono i loro letti per sedere e non vogliono farsi pagare per nessun motivo. Cerchiamo di sdebitarci facendogli un'infinità di fotografie mentre loro scaricano raffiche di scatti alla moto, dai loro cellulari. Così, rifocillati e un poco rinfrescati, arriviamo a Samarkand verso le 5: in città è abbastanza facile orientarsi, basta tenere d'occhio i monumenti principali che sono visibili anche da lontano. Vediamo prima l'enorme massa del portale di Bibi Hanim Mosque (la moschea di Tamerlano) e poco più a destra il profilo del Registan. Facciamo un lungo giro e arriviamo alla tomba di Tamerlano. Da lì trovare un posto per dormire è uno scherzo. Ci accomodiamo in un'antica casa con uno splendido giardino e ci concediamo una bella cena.
Ci pare di essere tornati a casa.
A prestissimo!
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