L'ultima delle innovazioni che vi raccontiamo è la meno visibile, ma forse la più importante: la comprensione profonda di come una moto si comporta alla guida, che ha cambiato per sempre il modo di pensare - e di guidare - una moto
Quando correvano le 500 2T, con gomme di fornitori diversi, era normale di parlare di piste favorevoli a questa Casa o quell’altra, a questa gomma o quell’altra. Allo stesso tempo erano proverbiali i problemi dinamici di molti modelli di serie: telai troppo flessibili che non assicuravano stabilità in velocità, oscillazioni di sterzo che oggi causerebbero infarti e denunce, comportamento vago degli avantreni. Certo, c’entravano le sospensioni, le gomme e i freni; ma in buona parte, tutti questi limiti dipendevano da una conoscenza molto approssimativa della dinamica del veicolo, ovvero delle leggi che descrivono e regolano il comportamento della moto su strada.
Quando progettava una moto, ogni Casa aveva la sua “ricetta”, si affidava ai suoi collaudatori che si teneva stretti e cercava di allontanarsi il meno possibile dai territori esplorati; quando lo faceva, le sorprese erano dietro l’angolo: di solito non erano piacevoli, e spesso ad accorgersene e farne le spese erano i clienti. Dalle “bare volanti”, le potentissime jap a 2 e 4 tempi dei primi Anni 70 a qualche Buell un po’ improvvisata, l’elenco delle ciambelle senza il buco (magari bellissime per qualche aspetto, ma non completamente amalgamate) è purtroppo lungo e ognuno ha i suoi esempi in mente.
Dalle conoscenze "magiche" al sapere diffuso
Verso la fine del secolo scorso, però, hanno iniziato ad arrivare non solo gli strumenti di calcolo elettronico, ma anche gli strumenti concettuali per capire come le quote geometriche, le rigidezze del telaio e la distribuzione dei pesi si traducono in concreto nel comportamento dinamico.
Delle riservatissime ricerche giapponesi, se ci sono state, si sa poco; per quando riguarda le aziende europee i primi, pionieristici, modelli matematici sono stati realizzati tra l’Inghilterra (gruppo del professor Sharp a Londra) e l’Italia (gruppo del professor Cossalter a Padova), per poi diffondersi rapidamente grazie al giro delle conferenze e agli studenti che hanno portato in giro le conoscenze. Non è un caso se Aprilia è stata la prima a mettere a punto un suo know-how strutturato e non ha mai sbagliato una ciclistica negli ultimi 40 anni, mentre altri ci sono arrivati un po’ dopo. Soprattutto le piccole aziende.
Il problema delle gomme
Non parliamo dei modelli aerodinamici o dei modelli a elementi finiti che hanno permesso di conoscere in dettaglio le sollecitazioni, gli sforzi e le deformazioni: quelli sono una storia diversa, che ha avuto ricadute altrettanto importanti nella progettazione ma che riguardano più la possibilità di ridurre gli spessori, cambiare i materiali, ridurre il peso e aumentare l'affidabilità.
I modelli di cui parliamo mettono in relazione le forze a cui la moto è soggetta e la sua risposta dinamica, ovvero il comportamento alla guida. Per molti anni sono stati frenati dalla scarsa conoscenza del pneumatico, difficilissimo da caratterizzare ma da cui dipendono le forze che la moto scambia col terreno. Dopo aver sostanzialmente risolto il problema, oggi questi strumenti sono alla portata di tutti, grazie anche ai molti studi di ingegneria e consulenti che danno una mano alle aziende anche piccole. Càpita ancora che qualche piccolo veicolo elettrico azzardi quote “avventurose”, ma le prestazioni limitate generalmente impediscono di fare grossi danni. Nel complesso, comunque, le ultime moto clamorosamente “sbagliate” si sono estinte una ventina di anni fa, e la moto moderna da guidare va più o meno bene… ma comunque bene.
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