Burocrazia
Rumore delle moto: cosa succederà con l'Euro5
L'inchiesta di Dueruote: a pochi mesi dall’introduzione dell’Euro5 non sono stati decisi i limiti per le emissioni sonore dei motoveicoli. La UE tentenna e i produttori puntano a uno slittamento
Edward Lorenz era un meteorologo del Massachussets institute of technology che formulò la famosa teoria del caos: può un battito d’ali scatenare un uragano a migliaia di chilometri di distanza? Nel caso dell’Euro5 per le moto, la risposta è sì. Il nuovo standard di omologazione voluto dall’Unione europea sarà l’ennesima rivoluzione scatenata da un battito d’ali dovuto a una burocrazia miope e poco attenta ai bisogni dell’industria delle due ruote. I motocicli Euro5 in vendita dal 1 gennaio 2020 (per i ciclomotori il nuovo standard entra in vigore nel 2021; ndr) saranno meno inquinanti, con più componenti diagnostiche di bordo e, in teoria, più silenziosi. Con buona pace del partito del “Loud pipes save lives”, ovvero “gli scarichi rumorosi salvano vite”. Già, perché la questione rumore è la più sensibile e, guarda caso, l’unica ancora aperta.
Se già le Case motociclistiche spenderanno fior di quattrini per adeguare i propri mezzi al nuovo standard di emissioni inquinanti (una stima di ANCMA relativa all’industria italiana parla di diversi miliardi di euro), va rimarcato come la questione rumore inciderà sensibilmente sui costi industriali. Con il passaggio da Euro3 a Euro4 le emissioni sonore si erano abbassate di 3 decibel, da 80 a 77 (anche se per alcuni modelli con un rapporto peso-potenza inferiore a 50 secondo l’indice PMR, tale limite è di 74). E il nuovo Euro5 almeno sulla carta sarà ancora più severo.