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Buzzoni (Triumph): "La Brexit non ci tocca"
Il nuovo numero uno di Triumph in Italia ci racconta il futuro prossimo della casa di Hinckley
Lo sa qual è la cosa più bella e difficile del nostro lavoro? È provare a concepire le moto del futuro. E la moto è il bene voluttuario per eccellenza, il sogno”. Parola di Andrea Buzzoni, 49 anni, 23 dei quali passati nel mondo delle due ruote a motore. Una lunga carriera iniziata in Benelli e proseguita in Ducati (nella filiale tedesca), BMW Motorrad Italia e di nuovo in Ducati, come vicepresidente sales and marketing. Adesso per Buzzoni è arrivata una nuova sfida, ossia Triumph Italia, per cui ha seguito anche il lancio della nuova Tiger 900.
Buzzoni, che azienda ha trovato?
“In Triumph ho trovato un’azienda che mi è piaciuta tantissimo dal punto di vista umano. Nella sede di Hinckley si respira un grande understatement. C’è passione e voglia di fare, ma senza quella retorica, comune a molte aziende, di sentirsi in missione per conto di Dio. C’è grande competenza senza arroganza. E poi mi piace quella genuinità un po’ british”.
In cosa consiste esattamente?
“Triumph investe moltissimo in cose che il cliente non vede. E non conosce nemmeno. Le faccio un esempio. Se collochiamo le moto lungo un’asse di affidabilità in cui ai due estremi ci sono i produttori occidentali, e in quella della massima qualità ci sono i giapponesi Triumph è molto più vicino a questi ultimi rispetto agli altri. Ma questa cosa la sanno in pochissimi. Io ne ero al corrente quando lavoravo per la concorrenza e analizzavo i parametri che misurano l’affidabilità di una Casa: azioni di richiamo, interventi in garanzia e fermi moto. Ecco, nel suo genuino understatement, Triumph investe moltissimo in questo, ma non viene sbandierato ai quattro venti. La gente non percepisce che, tra i produttori di moto sopra i 500 cc, Triumph è il sesto costruttore al mondo per volumi con le sue 60.500 moto”.
"Il nostro compito è quello di lavorare sulla comunicazione di un prodotto straordinario e di qualità eccelsa, e sulla conoscenza del marchio"
Si investe su ciò che non si vede, insomma.
“Un’altra cosa su cui si investe tantissimo è la cura, tipica dell’artigianalità britannica, del cuore della moto. Se lei vede un motore Triumph, resta colpito dalle superfici realizzate con materiali diversi, ma soprattutto dal fatto che non si vede mai nessun filo o nessuna presa. Una pulizia estetica che è frutto di lavoro ingegneristico. Tutto questo ha dei costi altissimi”.
Non pensa che Triumph soffra di qualche pregiudizio? Per molti è ancora “quella che fa le Bonneville”.
“Il nostro compito è quello di lavorare sulla comunicazione di un prodotto straordinario e di qualità eccelsa, e sulla conoscenza del marchio. Forse per molti Triumph è ancora quella delle Bonneville, ma se si vanno a vedere i dati di vendita, emerge una realtà totalmente diversa. Se prendiamo le 5 best seller della nostra gamma nell’ultimo anno, sul podio troviamo Street Twin, Tiger 800 e Street Triple. Le modern classic sono solo quarte e quinte”.
Il settore delle modern classic è già in declino?
“A livello mondiale, se esaminiamo le big bikes (ossia quelle con cubature superiori ai 500 cc; ndr) i tre segmenti più importanti sono touring (che però è polarizzato da Harley-Davidson), adventure e modern classic. E se analizziamo il lungo periodo, ovvero i tre anni di venduto, i trend sono costanti. Triumph presidia bene i tre segmenti principali e quindi non possiamo certo dirci indietro rispetto alla concorrenza”.
Certo che nell’adventure la vostra Tiger si scontra con mostri sacri del settore.
“Questo è il segmento più competitivo del mercato: tutti i costruttori sono presenti e l’offerta è vastissima. Ma la Tiger ha la sua caratterizzazione, la sua personalità. Non è la copia di nessuna delle concorrenti, a cominciare dal motore a tre cilindri”.
E in Italia, che realtà ha trovato?
“In Italia abbiamo potenziale per fare di più e di meglio. Abbiamo chiuso il nostro anno fiscale (giugno su giugno; ndr) con una quota di mercato del 6%, quando negli altri paesi dell’Unione europea abbiamo quote superiori. Possiamo crescere di 1-2 punti percentuali. Abbiamo il potenziale e le moto per farcela”.
"Assicuro che la Brexit avrà un impatto pari a zero sui clienti"
Guardando più a lungo termine, cosa succederà a Triumph?
“Nei prossimi 5 anni escludo che Triumph entri in nuovi segmenti”.
Nel breve periodo Triumph dovrà fronteggiare la questione Brexit. Cosa succederà quando il Regno Unito uscirà dalla Comunità europea?
“Assicuro che la Brexit avrà un impatto pari a zero sui clienti. Se mai sarà più problematica per le varie filiali Triumph nel mondo, compresa quella italiana, che dovranno rimettere in piedi procedure burocratiche o doganali. Non cambierà nulla a livello di prezzi”.
Qual è la vostra posizione sul fronte dell’elettrico?
“La verità è che oggi il livello di tecnologia dell’elettrico non permette alle due ruote di mettere sul mercato un prodotto sostenibile e commercialmente competitivo. Chi dice il contrario mente sapendo di mentire. I problemi dello spazio dove collocare le batterie e del loro peso sono ancora insormontabili. E almeno per i prossimi 10 anni è difficile che questa cosa cambi”.
(intervista pubblicata sul numero di ottobre 2019 di Dueruote)
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