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Il paradosso dei concessionari pieni e delle fabbriche vuote

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Il paradosso dei concessionari pieni e delle fabbriche vuote
Il paradosso dei concessionari pieni e delle fabbriche vuote
Il paradosso dei concessionari pieni e delle fabbriche vuote

Il mondo della bici e quello dell'auto elettrica stanno fronteggiando gli effetti della sovrapproduzione. Per capire se potrebbe succedere anche alle moto, bisogna guardare alla Cina

Capita che la vicinanza casuale di persone, azioni o situazioni faccia emergere qualcosa a cui non avevi pensato. Nelle ultime settimane ho sentito Luca Martin, il nuovo amministratore delegato di MV Agusta, dichiarare di voler produrre “una moto in meno della richiesta che avremo”: non è una stranezza, ma un modo di tenere elevato il valore di mercato evitando l’eccesso di offerta, da sempre considerato una sciagura da economisti, esperti di politica industriale e manager in generale. Pensiamo sempre in termini di “valore” di quello che compriamo e il valore lo stimiamo con la lista della spesa: motore così e così, sospensioni così e così, eccetera. In realtà la vera misura del valore è data dalla domanda di prodotto. Una Ferrari 250 GTO “vale” decine di milioni di euro non per la cura con cui è costruita, ma perché ce ne sono poche e c’è chi è disposto a pagare decine di milioni per averne una.

I rischi della sovrapproduzione

All’estremo opposto c’è la sovrapproduzione: per qualche ragione (stime errate, crisi economica, ecc.) c’è troppo prodotto rispetto alla effettiva richiesta. Di conseguenza il prezzo scende, nella speranza di trovare qualche compratore in più. Quanto scende? Dipende da molte cose, ma in linea di principio non c’è limite, come dimostrano le società comprate di tanto in tanto al prezzo simbolico di 1 euro. Quando l’eccesso di prodotto non riguarda un solo modello o un solo marchio, ma un intero settore, la faccenda è seria. Il calo dei prezzi è un vantaggio per chi compra, ma se la cosa va avanti troppo a lungo, tra i produttori si scatena una guerra al ribasso che può portare le aziende al collasso. Qualcosa del genere si sta verificando nel mercato delle biciclette, e ci sono avvisaglie che possa avvenire in quello delle auto elettriche con la guerra tra Tesla, BYD e altri colossi del settore. Biciclette e auto elettriche: la moto se vogliamo sta esattamente in mezzo. Dobbiamo preoccuparci? Dobbiamo senz’altro guardare alla Cina, che ormai condiziona pesantemente anche il nostro settore. In Cina in questi mesi stanno succedendo due cose. La prima è che gli acquisti di auto si stanno spostando verso quelle elettriche, che pesano ormai oltre il 50% nelle grandi città. La seconda è che la crisi del mercato immobiliare ha impoverito molte famiglie del ceto medio. La combinazione tra le due cose ha stroncato la domanda interna di auto; per ora non di moto, che fortunatamente costano molto meno visto che la Cina predilige le cilindrate piccole e medie.

Auto VS Moto

Le fabbriche moderne che producono milioni di pezzi – quelle delle auto, ma in Cina e India anche molte fabbriche di moto – sono a loro volta macchine sofisticate ma estremamente “rigide”: per essere efficienti e remunerative devono funzionare almeno all’80% della loro capacità massima. Ma la forte riduzione della domanda ha portato molti stabilimenti cinesi a lavorare al 75%, 65% o anche 60% della capacità prevista, rendendole antieconomiche. Così molti stabilimenti, con i piazzali stracolmi di auto invendute, stanno iniziando a chiudere. È un problema per noi se un’azienda di auto chiude una fabbrica in Cina? Potrebbe, perché la prima risposta alla sovrapproduzione è di cercare di vendere le proprie merci altrove, sempre a prezzi molto bassi per “sbarazzarsene” il prima possibile. Le auto cinesi con motori termici, non particolarmente appetibili in Europa, verranno probabilmente piazzate altrove, sempre che il gioco valga la candela (dipende dai costi di trasporto, quindi in definitiva da quanto la fabbrica è lontana dalla costa). Se la crisi della Cina dovesse mordere più a lungo e più duramente, potrebbe calare in modo sensibile anche la richiesta di moto. Se si verificasse una sovrapproduzione di moto, più semplici da trasportare e ben accettate sui nostri mercati, tutta l’Europa potrebbe ritrovarsi inondata di modelli cinesi a prezzo di saldo. Non è difficile immaginarsi l’impatto sulle vendite delle Case europee e giapponesi, che viceversa sono sempre state attente a non eccedere nella produzione (con la notevole eccezione della “bolla” degli scooter nei primi Anni 2000).

Non è (tutta) colpa nostra

Questo rischio è figlio della dimensione industriale raggiunta dalla Cina, e dall’Asia in generale: ovviamente se ci fosse un problema di sovrapproduzione in Italia o in Spagna le cose sarebbero meno drammatiche. Senz’altro molte mosse industriali italiane ed europee in generale sono state avventate, e il massiccio spostamento della produzione in Asia ci ha reso più vulnerabili a queste dinamiche. Ma va anche detto che la crescita dell’Asia era un processo inevitabile, che dipende molto poco dalle nostre decisioni. Prima della rivoluzione di Mao, la Cina produceva circa il 25% del PIL mondiale, ed è semplicemente tornata al posto che le compete in un mondo che, per di più, è diventato globale. I raffreddori cinesi hanno conseguenze anche da noi, come abbiamo imparato a nostre spese. 
Il paradosso dei concessionari pieni e delle fabbriche vuote
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