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Energica, non tutto è perduto
Che ne sarà di Energica dopo il fallimento? Non tutto è perduto, come ci spiega Giampiero Testoni, storico responsabile tecnico dell'azienda modenese. Molto dipenderà dall'interesse di altre aziende per la tecnologia sviluppata in questi anni
Il mondo dell'auto, amava ricordare Sergio Marchionne, è il più competitivo di tutti. Quello della moto lo è forse un po' meno, ma se ci spostiamo al segmento delle moto elettriche, allora è perlomeno brutale. Il mercato è piccolo e soggetto ai repentini cambi di umore del mondo politico, che complicano la vita a qualunque azienda, figurarsi a quelle che stanno lottando per affermarsi.
Avevamo finora visto fior di fallimenti negli Stati Uniti (l'ultimo caso, pochi giorni fa, è stata Fuell, l’ultima azienda uscita dall’ingegno di Eric Buell), dove peraltro la filosofia delle start-up è parente del nostro detto "o la va o la spacca" e si sa che il 90% delle volte si finisce per portare i libri in tribunale. Solo che i libri di queste aziende constavano di poche pagine, mentre la storia di Energica è lunga oltre 10 anni e ricca di successi: moto industrializzate, vendute e apprezzate, l’avventura in MotoE, i contratti con le Pubbliche Amministrazioni di mezzo mondo per fornire forze di Polizia, militari e via dicendo.
Cosa succederà adesso? Ne abbiamo parlato con Giampaolo Testoni, responsabile dello sviluppo tecnico fin dall’inizio dell’avventura di Energica e che abbiamo trovato battagliero come sempre.
Giampiero, non è un momento facile. Ci riassumi cosa è successo?
“È successo quel che si è detto: siamo arrivati a un punto in cui non avevamo più i fondi per proseguire. Abbiamo trattato fino a pochi giorni fa con un investitore interessato, che però all’ultimo ha detto di no. A quel punto abbiamo presentato istanza di liquidazione giudiziaria.”
A questo punto cosa succederà?
“Il liquidatore prenderà in mano la situazione con lo scopo di vendere tutto, possibilmente insieme, e fare ripartire l’azienda.”
Cosa c’è dentro Energica oggi?
“Ci sono ancora 50 dipendenti, molti meno dei quasi 150 toccati due anni fa ma comunque un numero consistente. Sono in larga parte gli ‘irriducibili’ che sono con noi dalla prima ora, persone entusiaste e formate in grado di far ripartire subito l’azienda e la sua tecnologia. Questo è il vero valore. Poi certo abbiamo i brevetti, abbiamo al 60% un magazzino in grado di sostenere la produzione per i prossimi due anni, abbiamo un bel portafoglio clienti: solo la Francia ci aveva già ordinato 200 moto per le sue flotte di Stato.”
Con tutti questi ordini non si poteva andare avanti?
“Il 60% non basta per costruire le moto, non basta nemmeno il 99% perché se ti manca una sola delle oltre 1.000 componenti che costituiscono una moto, la moto non la puoi completare e consegnare. Per ripartire bisogna pagare i fornitori che non abbiamo potuto pagare negli ultimi mesi.”
Questo perché il fondo americano Ideanomics ha chiuso i rubinetti, giusto?
“Sì, il fondo ha già le sue difficoltà in casa, sta scontando il momento difficile dell’elettrico e qualche scelta sbagliata. Ci sono mancati i soldi che avevamo concordato nel piano di sviluppo, ma voglio ricordare comunque che Ideanomics fino a quando non ha avuto problemi è stato un partner eccellente: gente competente, che sa cosa significa sviluppare un prodotto hi-tech e che non punta solo a guadagnare nel giro di tre mesi, come tanti investitori di borsa fanno. Per fare il ‘delisting’, riportare Energica da pubblica a privata, ha investito 100 milioni di dollari, e ne ha messi altri per sostenere l’attività durante il Covid, con tutta l’incertezza che c’era.”
Sembrava l’inizio di una trasformazione di Energica da start-up ad azienda vera.
“Senz’altro. Eravamo partiti in 3, arrivati ad essere in 30 ci sentivamo già tanti, ma con loro siamo saliti a 150 dipendenti. Abbiamo potuto industrializzare l’Experia, basata sulla nostra piattaforma di seconda generazione. Abbiamo fatto il progetto ‘Energica Inside’ per portare la nostra tecnologia in altri ambiti. Abbiamo avviato l’Electric Motor Valley, anche Reinova è venuta a stabilirsi qui di fianco a noi.”
Non sareste cresciuti altrettanto con la Borsa?
“No, come dicevo la Borsa è fatta da investitori che oggi scelgono te, domani magari la logistica o l’industria alimentare. La Borsa è volatile, magari raccogli anche mezzo milione o un milione di euro alla volta, ma con mezzo milione di euro ci fai gli stampi per una carena… Con quel tipo di risorse cresci un passettino alla volta, come avevamo sempre fatto. I capitali per una nuova tecnologia servono tutti in una volta, è Ideanomics che ci ha fatto fare il salto.”
Purtroppo adesso che lo avete fatto è anche più costoso salvare l’azienda.
“Certo, bisogna crederci. Ma non servono poi tanti soldi: come ho detto Energica non è una scatola vuota: tra tecnologia, commesse, valore delle persone che abbiamo formato in questi 10 anni, l’azienda è pronta per ripartire e i soldi che ci vorrebbero li vale di sicuro.”
Chi potrebbe comprare oggi un’azienda come Energica?
“Tutto è possibile, io credo poco agli investitori finanziari. Credo a un investitore industriale, uno che capisce il valore di questa azienda e di quello che ha fatto. Qualcuno che possibilmente la fa ripartire senza portarla all’estero, visto che tanti dall’estero sono spaventati dalla nostra burocrazia, dai nostri sindacati, dalle nostre regole e regolette… fare impresa in Italia è difficile, ma d’altronde per quello che abbiamo fatto qui all’estero, magari negli Stati Uniti, ci sarebbero serviti il triplo delle persone e delle risorse.”
Qualche gigante della moto ancora indietro sull’elettrico?
“Sì, idealmente. Con qualcuno abbiamo già parlato, ma per una ragione o per l’altra il matrimonio non si è fatto. Vuoi per i timori verso l’Italia, vuoi per il nostro posizionamento premium che a qualche Casa dei Paesi in via di sviluppo magari interessa meno… mi aspetto qualcuno dall’estero, in Italia c’è la mentalità di farsi le cose in casa. È se vogliamo strano che in questi 10 anni nessuno si sia fatto avanti per acquisirci, anche solo per la tecnologia che puoi mettere dove vuoi, dalle gru elettriche ai pulisci-strada. Certo la cosa migliore sarebbe una azienda moto, perché prima o poi è chiaro che bisognerà andare sull’elettrico. Basta vedere le dichiarazioni delle Case giapponesi.”
L’Italia rischia di restare indietro?
“Non lo so. Sappiamo tutti che Ducati sta lavorando sulla moto elettrica, gli altri non è chiaro. Posso dire che non c’è dubbio che abbiamo fatto tanto per sdoganare la moto elettrica ad alte prestazioni. Per anni tanti hanno fatto dichiarazioni mirabolanti e non hanno mai concretizzato, e invece noi siamo stati gli unici credibili: i primi a fare le vere alte prestazioni, i primi nella MotoE, i primi con il Fast Charge, con l’interoperabilità con tutti gli impianti del mondo compresi quelli di Tesla… cose che neanche Harley quando ci si è messa è riuscita a fare.”
Potrebbe arrivare una Casa cinese? Sull’auto elettrica sono molto avanti, ma la moto è completamente diversa.
“Potrebbe. E non so se sarebbe una vittoria o una sconfitta.”