Nell’eterna lotta tra mezzi di trasporto e autovelox, oggi la giurisprudenza si arricchisce di una nuova sentenza depositata in Cassazione. La questione è relativa a un ricorso presentato da un Comune (nella fattispecie, quello di Macchia di Isernia) in opposizione a una sentenza del Tribunale che aveva dato ragione a un utente della strada. Questi si era opposto alla multa comminata da un autovelox basando le sue ragioni sul presupposto che il Comune abbia posizionato i cartelli di segnalazione degli autovelox a distanze inferiori rispetto a quelle minime regolamentari.

Non c’è la distanza minima

La giurisprudenza vigente però dice che non esiste una distanza minima per la collocazione dei segnali stradali o dei dispositivi di segnalazione luminosi, ma solo l'obbligo della loro installazione con “adeguato anticipo” rispetto al luogo del rilevamento della velocità, in modo da garantirne il tempestivo avvistamento. “Ne consegue – si legge nella sentenza - che la distanza tra segnali stradali o dispositivi luminosi e la postazione di rilevamento deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi, senza che assuma alcun rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto”.

Non contano i metri

Cancellando la sentenza del Tribunale e dando ragione al Comune molisano, la Cassazione sottolinea però un altro fatto. Ossia che nel caso in esame era necessario verificare se i mezzi tecnici o i dispositivi di segnalazione della presenza di strumenti di rilevazione della velocità luminosi fossero stati installati con "adeguato anticipo" rispetto al luogo di rilevamento della velocità, che non sembra sia stato effettuato dal Giudice del merito il quale si è limitato ad accertare, invece, e senza alcuna valutazione, correlata anche alla situazione dei luoghi, quale distanza intercorresse tra i dispositivi di segnalazione e gli strumenti di rilevamento.