Moto & Scooter
Vent'anni di SBK al Motodays
Sul palco della fiera di roma, Palo Flammini, patron della SBK, ha parlato della storia e dei contenuti del mondiale delle derivate di serie, coinvolgendo la stampa e il pubblico
"La chiave di volta per la definitiva affermazione del Campionato Mondiale Superbike è stata la crisi degli anni 2002-2003". È questo uno dei passaggi più importanti della tavola rotonda che Paolo Flammini ha tenuto sul palco posto in uno dei padiglioni di Motodays. "Perché è stato in quel momento che, di fronte alle Case che stavano abbandonando, ci siamo resi conto che dovevamo cercare una formula migliore.
Più economica, ma anche che garantisse maggiore equilibrio in campo e quindi più spettacolo. Sono arrivate così le modifiche regolamentari che hanno gradualmente portato alla formula attuale. Compresa il monogomma, che ha debuttato nel 2004".
"Oggi abbiamo un campionato equilibrato – ha proseguito Flammini - con un regolamento che prevede la possibilità di aggiustamenti qualora dovesse emergere una superiorità tecnica eccessiva per una specifica tipologia di motore. E ora abbiamo la griglia piena, perché siamo riusciti a far sì che anche i team privati potessero essere competitivi con costi relativamente ridotti. L'esempio sono le Ducati del Team Sterilgarda: credo costino intorno ai 150.000 euro, e sono nelle primissime posizioni".
Sul palco, oltre al sottoscritto in qualità di moderatore, c'era anche l'Ing. Silvio Manicardi, fino a pochi anni fa dirigente di Honda Europa, che ha confermato come proprio dall'Europa, dopo il ritiro del 2003, sia venuta la scelta di seguire Vermeulen, abbandonando la VTR-SP2 e sviluppando la CBR1000RR, che aveva anche dei costi inferiori. Probabilmente il rientro della Honda diede una grossa mano alla Superbike, perché spinse anche gli altri costruttori a tornare sulla griglia.
"Il nostro Campionato però –continua Flammini- ha sempre avuto dei elementi caratteristici che l'hanno reso unico, oltre al fatto di mettere in pista delle moto derivate dalla serie. Tanto per cominciare il paddock aperto. Perché non c'è cosa più folle per chi organizza un campionato che chiudere lo spettacolo del paddock agli appassionati. E poi il rapporto del pubblico con i piloti, sempre disponibili. Tutto questo ha in un certo senso anche selezionato chi ci segue. Tanto che non riscontriamo episodi di tifo invadente o, peggio, violento. Addirittura, lo scorso anno è venuto Schumacher, ed ha potuto andare in giro per il paddock senza particolari precauzioni di sicurezza".
Dal pubblico alzano la mano e chiedono perché Vallelunga non c'è più.
Flammini non si nasconde. "Perché abbiamo avuto qualche problema, per esempio con la viabilità e i parcheggi. E ci aspettavamo un maggiore supporto dalle amministrazioni. Noi però speriamo di tornare presto, perché Vallelunga è un autodromo particolarmente importante per noi".
La chiacchierata prosegue, con molte domande che arrivano dalla platea. Finché sul palco sale Troy Bayliss. Il tre volte campione del mondo ormai è un ex, e questa è l'occasione per un saluto con Flammini. Strette di mano, abbracci, foto di rito. Un po' di commozione da parte dell'australiano, probabilmente un po' di rimpianto da parte dell'organizzatore. Per oggi abbiamo parlato a sufficienza. I fotografi riempiono la stanza di flash. Il pubblico stringe d'assedio Bayliss per avere un autografo. Ci vediamo l'anno prossimo.
"Oggi abbiamo un campionato equilibrato – ha proseguito Flammini - con un regolamento che prevede la possibilità di aggiustamenti qualora dovesse emergere una superiorità tecnica eccessiva per una specifica tipologia di motore. E ora abbiamo la griglia piena, perché siamo riusciti a far sì che anche i team privati potessero essere competitivi con costi relativamente ridotti. L'esempio sono le Ducati del Team Sterilgarda: credo costino intorno ai 150.000 euro, e sono nelle primissime posizioni".
Sul palco, oltre al sottoscritto in qualità di moderatore, c'era anche l'Ing. Silvio Manicardi, fino a pochi anni fa dirigente di Honda Europa, che ha confermato come proprio dall'Europa, dopo il ritiro del 2003, sia venuta la scelta di seguire Vermeulen, abbandonando la VTR-SP2 e sviluppando la CBR1000RR, che aveva anche dei costi inferiori. Probabilmente il rientro della Honda diede una grossa mano alla Superbike, perché spinse anche gli altri costruttori a tornare sulla griglia.
"Il nostro Campionato però –continua Flammini- ha sempre avuto dei elementi caratteristici che l'hanno reso unico, oltre al fatto di mettere in pista delle moto derivate dalla serie. Tanto per cominciare il paddock aperto. Perché non c'è cosa più folle per chi organizza un campionato che chiudere lo spettacolo del paddock agli appassionati. E poi il rapporto del pubblico con i piloti, sempre disponibili. Tutto questo ha in un certo senso anche selezionato chi ci segue. Tanto che non riscontriamo episodi di tifo invadente o, peggio, violento. Addirittura, lo scorso anno è venuto Schumacher, ed ha potuto andare in giro per il paddock senza particolari precauzioni di sicurezza".
Dal pubblico alzano la mano e chiedono perché Vallelunga non c'è più.
Flammini non si nasconde. "Perché abbiamo avuto qualche problema, per esempio con la viabilità e i parcheggi. E ci aspettavamo un maggiore supporto dalle amministrazioni. Noi però speriamo di tornare presto, perché Vallelunga è un autodromo particolarmente importante per noi".
La chiacchierata prosegue, con molte domande che arrivano dalla platea. Finché sul palco sale Troy Bayliss. Il tre volte campione del mondo ormai è un ex, e questa è l'occasione per un saluto con Flammini. Strette di mano, abbracci, foto di rito. Un po' di commozione da parte dell'australiano, probabilmente un po' di rimpianto da parte dell'organizzatore. Per oggi abbiamo parlato a sufficienza. I fotografi riempiono la stanza di flash. Il pubblico stringe d'assedio Bayliss per avere un autografo. Ci vediamo l'anno prossimo.