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Nude 600-750 cc: le sfidanti

di Alfredo Verdicchio il 23/03/2007 in Moto & Scooter

Il 2006 è stato l'anno della Suzuki GSR600, ma gli altri tre colossi giapponesi non sono stati a guardare. Ecco in anteprima un confronto tra le più attese novità del 2007, la Kawasaki Z750, la Honda Hornet 600 e la Yamaha FZ6 S2. Tutte a prezzi vicin

Nude 600-750 cc: le sfidanti
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Con l'arrivo della nuova Kawasaki Z750 le nude più attese del 2007 sono state tutte presentate e come falchi pronti ad afferrare la preda noi ne abbiamo approfittato subito per tirare le somme, mettendo le tre una di fronte all'altra in un confronto "virtuale" – le moto sono state provatea distanza di pochi giorni l'una dall'altra – ma con impressioni molto reali e nient'affatto aleatorie.


La solita comparativa senza né vincitori né vinti? No, questa volta un pari proprio non ci sta, dato che una vincitrice tra le tre novità del 2007, Honda Hornet, Kawasaki Z750 e Yamaha FZ6 S2, ci sentiamo proprio di nominarla: la Honda Hornet.
Risultato scontato? Forse sì, perché come tutti sappiamo quando mamma Honda ci si mette quasi sempre son dolori per tutti e questa nuova Hornet, anche se non priva di difettucci veniali, ha riscosso subito la grande approvazione di tutta la redazione, dallo smanettone doc al più tranquillo amante dello scooter.

Una vittoria "senza ma e senza se", visto che nel complesso la moto di Tokyo risulta quella più facile, immediata, alla portata di tutti, buona per tutti gli usi, compiendo peraltro un salto di qualità enorme rispetto al passato.


Tuttavia va segnalato che la Hornet si è guadagnata la vittoria grazie alle sue doti dinamiche più che alla qualità costruttiva offerta, discreta come da tradizione Honda ma sottotono in confronto alle dirette concorrenti soprattutto per quanto concerne le finiture, come i blocchetti elettrici al manubrio un po' datati, gli specchietti ereditati dalla Deauville poco funzionali, la copertura in plastica della strumentazione, la mancanza del link progressivo per l'ammortizzatore e lo scarico posto sotto il motore che, oltre al terminale, sfoggia un brutto e ingombrante cilindro del catalizzatore che ricorda una bombola del gas. Molto interessanti invece alcune novità, basti pensare al telaio e al forcellone, entrambi nuovi e in allumino di buona fattura e, soprattutto, al compattissimo motore di derivazione CBR600RR.
Tra le tre naked il primato quanto a qualità complessiva spetta alla Kawasaki Z750, seguita a ruota dalla Yamaha FZ6-S2 rimasta pressoché invariata nell'estetica, ma migliorata in alcuni "inestetismi" che prima facevano storcere il naso, come il forcellone - ora in alluminio - e di bella fattura, la strumentazione e il manubrio ereditati dalla FZ1 e la sella meglio comformata.


Da un punto di vista motoristico, invece, la naked di Iwata non ha portato con sé grosse modifiche, riconfermando il carattere spigoloso e poco stradale del suo quattro cilindri anche se leggermente migliorato tra i 4.000-6.000 giri (ma la centralina è stata rimappata e omologato Euro 3, e la sospensione posteriore sempre priva del sistema di leveraggi progressivi (la Z750 è l'unica ad averlo insieme alla Suzuki GSR600).
La Kawasaki Z750, invece, è quella che tra le tre ha fatto il salto di qualità più evidente: con la vecchia versione condivide poco, giusto la cilindrata "oversize" di 748 cc e il forcellone rimasto alla sua forma squadrata, ormai vecchia e brutta da vedere su di una moto di questo genere.



Sulla nuova settemezzo Kawasaki è cambiata totalmente la ciclistica: la forcella ora è a steli rovesciati da 41 mm con la regolazione del precarico molla e dell’idraulica in estensione (nessuna regolazione per le due rivali) così come l’ammortizzatore. Addirittura il telaio è stato profondamente rivisto, sempre doppio trave superiore ma rinforzato dall’aggiunta di due sub-travi in alluminio che hanno comportato anche la modifica della zona del cannotto di sterzo (avanzato di 10 mm e riducendo così il peso sulla ruota anteriore), da dove partono anche i due bracci frontali al motore.
Quest’ultimo, come per la Honda Hornet, è stato rivisto in più componenti alla ricerca dell’omologazione Euro 3 e, soprattutto di una maggiore pienezza ai bassi e medi regimi insieme ad una erogazione ancora più fluida e lineare in modo tale da renderla molto più gestibile anche dai meno esperti.

Per il resto, le sovrastrutture sono state tutte ridisegnate mantenendo il family-feeling con la precedente, ma con linee ancora più muscolose (il serbatoio è anche poco più largo e capiente del precedente) e spinte verso l’alto, tanto che il comfort per il passeggero si riconferma elemento optional. La posizione in sella del pilota, invece, ha subito piccole ma sostanziali modifiche: il manubrio è stato avvicinato al pilota così da avere la schiena un po’ più dritta e un maggior controllo del mezzo, mentre la parte alta della congiunzione tra sella e serbatoio è stata ridotta di 4 cm, facilitando l’appoggio dei piedi a terra, ma senza portare – come leggerete più avanti – veri effetti benefici nella guida sportiva.
Le finiture sono di buon livello, dalle vernici, alla strumentazione ereditata dalla Ninja ZX-6R (ma con l’indicatore del carburante al posto dell’indicatore della marcia inserita), agli specchietti belli da vedere ma poco funzionali, ai comandi elettrici al manubrio, ai supporti pedane passeggero. Fanno un po’ storcere il naso le pinze freno anteriori, datate e dall'aspetto povero (la versione ABS che costerà 7.750 euro f.c., dispone in più di tubi in treccia metallica) che fa un po’ a pugni con il tris di freni a margherita degno di una supersportiva.
La nuova Kawasaki Z750 sarà dai concessionari ad aprile al prezzo di 7.250 euro f.c., all’incirca 7.500 euro chiavi in mano.



Come già accennato, nel complesso la Honda Hornet è quella che più delle tre ha convinto: in sella si sta perfettamente inseriti nella moto, senza sntirsi "infossati", alla giusta distanza dal manubrio (che troviamo un po' stretto per la guida nel misto) con la sella e il serbatoio che non intralciano le gambe quando si vuole mettere giù i piedi o stringerle nella guida sportiva. Insomma, la Hornet è la solita Honda sulla quale tutto è dove ci si aspetta.
Non troppo distante il livello di feeling offerto dalla Kawasaki Z750 che con le modifiche apportate offre una seduta ancora più compatta, con il manubrio poco più largo della Hornet che rende facili le manovre nel traffico e offre un utile braccio di leva nel misto. Sulla nuda di Akashi però il serbatoio ha forme più giunoniche sui fianchi e nonostante il lavoro di lima apportato dagli ingegneri, avanzare sulla sella per caricare il peso sull’avantreno o stringere le gambe nelle staccate violente risulta più impegnativo che sulle dirette concorrenti. La sella poi è più alta sia rispetto alla Hornet sia alla Yamaha e chi guida si trova a sovrastare il manubrio – un po’ come accade sulle motard – il ché offre un migliore controllo del mezzo in tutte le situazioni, lasciando però il busto alla mercé dell’aria.

La seduta della FZ6 tra le tre è invece quella che meglio si sposa all'uso quotidiano, chi guida si trova comodamente inserito nella moto e seduto su una sella ben imbottita (Honda e Kawa sono più dure), con le pedane meno arretrate rispetto alle rivali. Peccato per il manubrio un po’ distante che costringe a allungarsi sul serbatoio (anch’esso non proprio un esempio di snellezza ed è difficile far presa con le gambe quando si alza il ritmo).
Delle tre, la FZ6 è quella che diverte meno. Infatti, nonostante le modifiche apportate e il tiro migliorato e reso più regolare ai medi regimi (la vecchia versione aveva un calo tra i 4.000 e i 6.000 giri), il motore mantiene sempre un'erogazione troppo appuntita, tirando fuori badilate di coppia e potenza solo una volta superati gli 8.000 giri, un range di utilizzo difficile da mantenere su strada. A questo, poi, si aggiunge il rendimento della forcella che, se da un lato offre nel complesso un buon comfort di marcia per la sua taratura morbida, dall’altro non risulta proprio in linea con una guida aggressiva, soprattutto quando chiamata a supportare la grande potenza frenante offerta dalla coppia di dischi anteriori. In questi frangenti affonda in modo repentino nel primo tratto di corsa per poi rallentare verso la fine, ma se siete alla ricerca del limite non riesce a trasmettere il giusto feeling. Più secca invece la risposta dell’ammortizzatore che sulle buche fatica a filtrare i colpi e a copiare le asperità. In fatto di guidabilità, però, la FZ6 si conferma una moto dall’avantreno rapido negli inserimenti in curva, maneggevole nelle manovre strette e piuttosto veloce nei cambi di direzione.

Ancora più rapida e svelta negli inserimenti in curva è la Kawasaki Z750 che, rispetto anche alla precedente versione già di per sé piuttosto rapida, sembra letteralmente tuffarsi verso il punto di corda: basta spostare gli occhi e “lei” come radicomandata scende in piega e cambia direzione con una rapidità sulle prime disarmante. Tutta questa prontezza infatti richiede un minimo di apprendistato, ma una volta prese le misure la Z750 diventa uno strumento di divertimento puro, almeno fino a quando l’asfalto si presenta in perfette condizioni. Di fronte allo sconnesso, infatti, la nuova Kawasaki mette in luce un reparto sospensioni non proprio accordato, con una forcella simile nel comportamento a quella della Yamaha FZ6, cioè morbida nel primo tratto e sostenuta solo nel tratto finale. Ma fin qui potrebbe andare bene, anche perché la possibilità di regolarne l’idraulica nel ritorno permette con pochi click di adattare la forcella ad ogni situazione, mentre a creare qualche disagio risulta l’ammortizzatore dalla molla fin troppo dura e dal ritorno poco frenato che sullo sconnesso tende a mettere in difficoltà l’avantreno. Insomma, se sulle prime la Kawasaki Z750 risulta una moto maneggevole e sveltissima, perfetta nello stretto e nel traffico, una volta che il ritmo si alza mostra qualche limite, non tanto nella qualità dei componenti che rispondono bene alle modifiche apportate, quanto nel riuscire a trovare il giusto compromesso tra rigidità e capacità di copiare l’andamento dell’asfalto.


Compromesso che, invece, la Honda Hornet offre su di un piatto d’argento senza ricorrere a sospensioni regolabili (che comunque avremmo gradito, visto il prezzo superiore a quello della Z)). Anche se fatica a filtrare i colpi più secchi, il mono copia le sconnessioni e avvallamenti con buona progressione e solo quando il ritmo tra le curve si fa sostenuto si vorrebbe un po’ più di sostegno in compressione per evitare la tendenza ad allargare la traiettoria. Più convincente la forcella che finalmente convince quasi in tutte le situazioni, sia sullo sconnesso con una buona scorrevolezza, sia quando il gioco si fa duro e serve un degno sostegno per supportare l’ottima potenza frenante della coppia di dischi.
Con le modifiche apportate al telaio, la nuda di Tokyo ha perso un pizzico di reattività nell’impostare le curve guadagnando un comportamento più rotondo e rassicurante per i meno esperti senza perdere quella precisione e intuitività dell’avantreno sia in inserimento di curva, sia nei cambi di direzione che ne ha segnato tutti questi anni di successo.
Anche in fatto di motore la Hornet se la gioca a testa alta con la "anabolizzata", Z750 sfoggiando un bel tiro già dai 3.500 giri ed esplodendo in modo morbido oltre i 7.500 giri.



La nuda di Akashi, invece, per il 2007 ha perso quella muscolarità che la contraddistingueva in passato in favore di una erogazione tanto “elettrica” da risultare priva di sensibili cambi di carattere, anche se il quattro cilindri di Akashi spinge fortissimo sin dai 2.500 giri senza nessuna incertezza. Ai 5.000 e ai 7.000 si notano dei picchi, ma l’erogazione tanto piatta li rende quasi impercettibili, così da non mettere in imbarazzo il pilota meno smaliziato. L’erogazione è talmente lineare che la Z750 sembra non “camminare” mai abbastanza eppure le curve arrivano sempre prima. Per sfruttarne tutte le potenzialità risulta ottimo anche il cambio, ben spaziato e dagli innesti sempre precisi, cosa che non si può dire per la Hornet (unico suo vero difetto) che, invece, fatica nelle marce basse quando il motore gira sotto i 4.000 giri, ma che migliora nettamente una volta superati i 5.000 giri con innesti non troppo rapidi, ma molto più precisi.

Motore: 4 cilindri, 4 tempi con raffreddamento a liquido, cilindrata 748 cc, alesaggio per corsa 68,4x50,9 mm, rapporto di compressione 11,3:1. Distribuzione DOHC, 16 valvole.
Alimentazione: iniezione elettronica Keihin, quattro corpi farfallati da 32 mm. Capacità serbatoio 18.5 litri. Lubrificazione forzata a carter umido

Trasmissione: frizione multidisco in bagno d'olio, comando meccanico. Cambio a 6 rapporti, trasmissione finale a catena.

Ciclistica: telaio monotrave tubolare (con telaietto reggimotore) in acciaio, angolo di inclinazione del canotto di sterzo/avancorsa 24,5°/103 mm. Sospensione anteriore: forcella a steli rovesciati da 41 mm regolabile nel precarico molla e nel freno idraulico in estensione. Sospensione posteriore Sospensione posteriore Uni-Trak con monoammortizzatore a gas, regolabile nel precarico molla e nel freno idraulico in estensione. Cerchi da 17", pneumatico anteriore 120/70-ZR17, pneumatico posteriore 180/55-ZR17. Freni: anteriore doppio disco flottante da 300 mm a margherita a doppio pistoncino, posteriore disco singolo da 250 mm a margherita a pistoncino singolo.

Dimensioni (in mm) e peso: interasse 1.440, altezza della sella 815, peso a secco 203 kg (207 kg con ABS).

Prestazioni dichiarate: potenza massima 77.7 KW (106 CV) a 10.500 giri, coppia massima 78 Nm (8,0 kgm) a 8.300 giri.

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Motore: 4 cilindri in linea, 4 tempi, 16 valvole, raffreddato a liquido, alesaggio x corsa 67 × 42,5 mm, cilindrata 599 cc, rapporto di compressione 12:1. Alimentazione a iniezione elettronica, corpi farfallati 36 mm. Capacità serbatoio carburante 19 litri (compresi 4 litri di riserva).

Trasmissione: frizione multidisco in bagno d'olio, cambio a sei marce, finale a catena.

Telaio: monotrave in alluminio a sezione rettangolare, inclinazione cannotto di sterzo 25°, avancorsa 99 mm. Sospensioni: anteriore, forcella telescopica rovesciata da 41 mm, escursione 120 mm; posteriore, monoammortizzatore regolabile nel precarico molla (su 7 posizioni), escursione 128 mm. Freni: anteriore due dischi flottanti da 296 mm con pinze a due pistoncini, posteriore disco idraulico da 240 mm con pinza a singolo pistoncino. Ruote a sezione alveolare a 5 razze in alluminio pressofuso; cerchi: anteriore 17" × 3,50", posteriore 17" × 5,50". Pneumatici: anteriore 120/70–ZR17, posteriore 180/55–ZR17.

Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza 2.090, larghezza 740, interasse 1.435, peso a secco 173 kg (177 kg con ABS).

Prestazioni dichiarate: potenza max 102 CV (75 kW) a 12.000 giri, coppia massima 63,5 Nm (6,5 kgm) a 10.500 giri.
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Motore: 4 cilindri in linea trasversali a 4 tempi, raffreddamento a liquido; alesaggio per corsa 65,5x44,5 mm; cilindrata 600 cc; rapporto di compressione 12,2:1. Distribuzione bialbero a camme in testa con comando a catena e 4 valvole per cilindro. Alimentazione ad iniezione elettronica. Capacità serbatoio carburante 19,4 litri (di cui 3,4 di riserva). Lubrificazione a carter umido.

Trasmissione: primaria ad ingranaggi, finale a catena (46/15). Frizione multidisco in bagno d’olio e comando meccanico. Cambio a sei marce.

Ciclistica: telaio a doppio trave diagonale in alluminio; sospensione anteriore, forcella da 43 mm non regolabile, escursione ruota 130 mm; sospensione posteriore, forcellone con monoammortizzatore regolabile nel precarico, escursione ruota 130 mm. Pneumatici: anteriore 120/70-ZR17, posteriore 180/55-ZR17. Freni: anteriore a doppio disco in acciaio da 298 mm e pinze a 4 pistoncini, posteriore a disco singolo in acciaio da 245 mm e pinza a singolo pistoncino.

Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza 2.095, larghezza 755 (750), altezza sella 795, interasse 1.440. Peso a secco 180 kg (186 kg).

Prestazioni dichiarate: potenza 72,0 kW (98 CV) a 12.000 giri, coppia 63,1 Nm (6,44 kgm) a 10.000 giri.

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