Moto & Scooter
MV Agusta F4-F4RR
La Casa di Schiranna rinnova la sua maxi sportiva giocando poco sull'estetica e facendo un uso massiccio di elettronica, però, ancora da affinare, soprattutto nel controllo di trazione e nell'inedito cambio servoassistito, per la prima volta su di una moto targata, anche in scalata. Convincenti invece le sospensioni elettroniche Öhlins Nix EC e il motore, una bomba
Eccovi i prezzi: MV Agusta F4 16.990 euro, MV Agusta F4 R 19.290 euro e MV Agusta F4 RR 24.290 euro, tutti franco concessionaria.
Le tre versioni, chiamate rispettivamente F4, F4 R ed F4 RR, differiscono tra loro per dotazione tecnica ed hi-tec. Si può tranquillamente affermare, infatti, che il 2013 sancisce l'ingresso massiccio dell'elettronica nell'orbita F4, sulla quale, una nuova centralina, coadiuvata da piattaforma inerziale e comando del gas ride by wire, mette sul piatto 4 mappature (di cui una personalizzabile dal pilota), il controllo di trazione, l'anti wheeling (antimpennata), il cambio elettronico EAS (Electronic Assisted Shift) e il freno motore, otre a regolare la taratura delle sospensioni sulla più ricca versione RR. Tecnicamente, invece, arrivano alcune novità, soprattutto per la RR, che sprigiona ben 201 CV a 13.600 giri, 6 in più delle altre due versioni, grazie all'adozione di bielle in titanio, all'albero motore forgiato e la distribuzione con singole molle che agiscono sulle valvole (oltre al già conosciuto sistema TSS di variazione della lunghezza dei condotti di aspirazione agli alti regimi). Visti gli accresciuti regimi di rotazione, per garantire maggiore efficienza al motore in MV Agusta hanno anche rivisto il circuito di lubrificazione.
Anche il reparto sospensioni si differenzia a seconda della versione in esame: la F4 standard adotta forcella Marzocchi e monoammortizzatore Sachs (questo sulla R è Öhlins TTX), che diventano Öhlins Nix EC (ossia, a regolazione elettronica dei registri idraulici, manuale per il precarico molla) sulla RR. Il telaio, poi, sulla versione più pregiata è realizzato con saldature a mano TIG ed è modificabile sia all'altezza del cannotto di sterzo (che ha boccole regolabili) sia al pivot del forcellone regolabile in altezza.
In verità, anche se non sembra la "superbike" italiana cambia pure a livello estetico, con l'adozione di due accattivanti "baffi" a led posti sotto la presa d'aria frontale, le quattro canne d'organo sono più corte e compatte, il fanale posteriore è anch'esso a led e infine le ruote: in alluminio fuso e a 10 razze sulla versione base, a tre razze a "Y" in alluminio forgiati e alleggeriti sulle due versioni più spinte.
Il fatto è che su qualsiasi altra moto questi dettagli passerebbero quasi inosservati la dice lunga sul fascino che questa moto ancora oggi esprime: qui ogni linea, ogni vite, anche la più insignificante finitura prende le forme e l'importanza di un'opera d'arte. Per questo non si può fare a meno di citarli tutti.
Comunque, siamo in pista, quindi, balliamo. Apriamo le danze con la F4RR, quella che più, sulla carta, ha da dire di nuovo, sia di ciclistica, sia di elettronica con il cambio servoassistito anche in scalata. In sella, la RR fa capire subito che qui non si scherza: i manubri un po' lontani, chiusi e spioventi costringono il pilota ad assumere una posizione leggermente sdraiata sul serbatoio (elemento distintivo delle MV Agusta), mentre le pedane, regolabili millimetricamente, sono alte e arretrate. Insomma, una posizione racing "d'annata" che verrà amata da tutti i piloti veri e che, una volta ci si abitua, perfetta per sfruttare al meglio l'esuberanza del potentissimo quattro cilindri italiano, ben 201 CV a 13.600 giri: numeri da superbike.
Con questo popò di potenza l'erogazione del motore si rivela pronta e dolce e priva di esitazioni sin dai bassi regimi, ben supportata anche da un comando del gas ride by wire molto reattivo a tutti i comandi, con un on-off poco accentuato. Questo permette di pelare il gas a centro curva senza che la moto abbia un comportamento a scatti, situazione decisamente fastidiosa, ancor di più quando tra le gambe hai da gestire una mandria impazzita che non aspetta altro di liberarsi al primo cenno di distrazione. Infatti, se tutto è ben gestibile fino agli ottomila, un migliaio di giri più in là la RR apre le gabbie dando sfogo a tutto quello che ha dentro: rabbia allo stato puro. "Spaventosa", e allo stesso tempo gasante, nel ruggito che emette dai suoi terminali sottosella (ma anche di aspirazione). Sempre, ovviamente, che si sia capaci di gestirla, sennò meglio lasciar perdere e stare comodamente al di sotto della soglia di pazzia e sfruttarne solo il 50%. Per tranquillizzare gli animi più pavidi, come su tutte le sportive odierne non manca una montagna di elettronica a frenare nelle situazioni critiche i bollenti spiriti della F4, dall'antimpennamento, che molto dolcemente non le permette di staccare troppo il muso dall'asfalto, al controllo di trazione, che lavora sulla base di una piattaforma inerziale che calcola gli angoli di piega e dosa i corpi farfallati, e quindi la potenza in gioco.
Quest'ultimo elemento tra le curve non ci ha convinto appieno, da una parte perché impostandolo sul livello 6 (la più invasiva è la 8) tende a tagliare troppo la potenza tanto da mortificare la moto, dall'altra una volta rimessa dritta la moto e spalancato il gas, il sistema ridà piena potenza in modo troppo brusco, privo di qualsiasi progressione. La situazione migliora abbassando sempre più il livello di intrusione del sistema (durante il test abbiamo provato la 2): a parità di inclinazione e apertura di gas, il pilota viene "investito" in modo meno brutale dal ritorno a potenza piena (probabilmente perché la differenza tra i due valori è meno marcata), anche se la sensazione del "calcio nel sedere" resta comunque. E non è piacevole.
A conti fatti, per un perfetto uso in pista così da godere di reazioni meno nervose forse sarebbe da escludere completamente il traction control, lasciando nelle mani del pilota il controllo della moto, magari utilizzando la mappatura custom, con la risposta del gas, dell'erogazione e della coppia motore impostati sui parametri scelti da chi sta ai comandi.
Da affinare, secondo noi, anche il sistema di cambio assistito elettronicamente che, per la prima volta su di una moto targata, permette non solo di inserire marce, ma anche di scalare senza l'uso della frizione. Come funziona? Il "cervellone" in fase di scalata aumenta momentaneamente il numero di giri (effettua una sorta di "doppietta") così da facilitare l'innesto del rapporto inferiore. Uno solo alla volta però: come su ogni cambio meccanico il sistema non è un fulmine, quindi, nelle staccate all'ultimo se si vogliono togliere due-tre marce di seguito la frizione è d'obbligo. A parte la questo dettaglio, rispetto al cambio tradizionale provato sulla F4 standard, gli innesti sono leggermente meno duri, però lo stesso non risultano del tutto fluidi nei passaggi. Per sicurezza, in scalata consigliamo comunque di tenere sempre due dita sulla frizione, per essere pronti ad azionarla nel caso ci si trovi a dover gestire una perdita di aderenza del posteriore.
Elettronica è anche la ciclistica. Sulla F4 RR la differenza la fanno non solo i nuovi cerchi forgiati, che riducono le masse non sospese e aumentano la leggerezza nei cambi di direzione e in inserimento di curva, ma soprattutto le sospensioni, le Öhlins TTX elettroniche, sulle quali si può agire sui precarichi manualmente e tramite il computer di bordo i registri idraulici. Durante il test abbiamo utilizzato l'impostazione preparataci dai tecnici di MV Agusta, praticamente perfetta, con una scorrevolezza e una comunicativa di cui solo le TTX sono capaci, anche sull'asfalto freddo del circuito di Valencia. Qualità che abbiamo apprezzato molto in fase di frenata, dove abbiamo potuto sfruttare appieno l'impianto della RR con pinze monoblocco Brembo GP, potentissimo e allo stesso tempo dotato di una modulabilità esagerata.
Valori che si apprezzano di più una volta abbandonata al box la RR e saliti sulla F4 base.
La standard non è solo più lenta nei cambi di direzione, ma anche meno cattiva di motore. Non che 195 CV dichiarati siano bruscolini, solo che le piccole modifiche interne fanno sì che il quattro cilindri di Schiranna sia meno nervoso nei cambi di carattere. Un vantaggio per chi non è un pilota provetto, perché in soldoni tutto questo si traduce in un comportamento leggermente più dolce e prevedibile, che sorprende meno quando esplode in tutta la sua cattiveria. In linea con tutto quello che abbiamo appena detto anche l'impianto frenante, sempre con pinze monoblocco Brembo, meno pregiate ma ugualmente efficaci, con tanta potenza e solo un minore feeling con il comando al manubrio griffato Nissin.
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